Finito il girone di andata del campionato al sesto posto, in casa Banco di Sardegna Dinamo Sassari è tempo di bilanci a metà stagione. Il presidente Stefano Sardara in un’intervista a La Nuova Sardegna analizza l’annata della Dinamo tra campionato e Champions League alla vigilia del match contro i tedeschi del MHP Riesen Ludwigsburg che può valere il pass per la qualificazione al prossimo turno della competizione europea.
Presidente Stefano Sardara, qual è il suo bilancio a metà stagione?
«E’ un bilancio molto positivo, assolutamente, considerando gli obiettivi che avevamo fissato e considerando quello che stiamo costruendo. Ma la Dinamo va considerata come una nave dislocante, di quelle che affondano molto sottacqua: ne vedi galleggiare solo una piccola parte. E’ il simbolo del nostro nuovo ciclo: sotto stiamo gettando delle fondamenta ampie, solide, che non sempre emergono nei risultati».
Va cambiata la domanda, però. Il bilancio è di metà campionato e non di metà stagione, perché voi vorrete allungarla con i playoff.
«Ovvio, vogliamo esserci, come volevamo essere nelle Final Eight di Coppa Italia, primo obiettivo stagionale centrato. I risultati li leggi in tante maniere, se guardo i numeri dico che la nostra stagione finora è stata positiva, il bicchiere è mezzo pieno anche se potevamo fare di più. Poi, se entro nei dettagli e penso a quelle cinque-sei partite perse per un punto sento l’amaro in bocca e scorgo un bicchiere mezzo vuoto. Però non ha senso guardare indietro, guardiamo sempre avanti e consideriamo quelle sconfitte di un punto per i problemi di autostima che hanno comportato, ma anche come le partite che ci hanno fatto capire che la strada che stavamo seguendo era quella giusta».
Un problema, quello delle sconfitte per un punto, che rischia di compromettere il vostro cammino in Europa.
«Anche lì abbiamo perso tre partite di un punto, altrimenti saremmo già ampiamente qualificati per la seconda fase. Va così: in casa abbiamo perso con Cremona e Avellino due partite che rischiavano di compromettere la Final Eight e il tema è uguale, non saremmo arrivati all’ultimo a giocarci un posto in Coppa. E daremo tutto per passare il turno in Champions. Quindi, riassumendo: a vederlo così, il percorso fatto finora, ti porti a casa un 6.5 tranquillo, altrimenti pensi di aver raccolto molto meno di quanto seminato».
La Dinamo sembra soffrire il doppio impegno campionato-Europa. Adesso la rosa è di 14 giocatori, ma il surplus rischia di diventare un problema invece che una risorsa, come sostiene coach Pasquini.
«Ma io sono d’accordo con Federico. Quattordici giocatori sono una ricchezza, con un campionato molto lungo e un’ altra competizione da onorare al meglio».
Però ogni tanto arrivano voci di giocatori in partenza.
«Non abbiamo intenzione di privarci di nessuno. Abbiamo un gruppo di giocatori intelligenti, sanno che devono sempre dare il massimo in allenamento, che devono mettersi in evidenza. Se Carter dimostra di poter dare più di un altro giocherà. Se pensassimo che non fossero utili li avremmo ceduti».
Non è invece che non hanno mercato?
«Anzi. Abbiamo avuto richieste per entrambi».
Sta togliendo Johnson-Odom dal mucchio?
«Ma no, il nostro è un mucchio unico, un gruppo unito. D’Ercole ha fatto un’infinità di partite enne-e, poi il posto se l’è conquistato sul campo. Se Federico dovesse mettere Carter fra i 12 in Germania e Carter giocasse bene potrebbe togliere il posto a Lacey o a un altro. Non è un problema di Johnson-Odom o di un altro, il fatto è che l’equilibrio che abbiamo trovato oggi ha un valore, e questo senza togliere una sola chance a uno solo dei giocatori».
Rifarebbe la scelta di partire per la Turchia solo il giorno prima del match, vista la stanchezza e la batosta?
«Non è un problema di scelta, è che non avevano alternativa: il giorno prima l’Ataturk di Istanbul era chiuso, c’erano 500 italiani che aspettavano di rientrare. Così, come sarebbe andata a finire lo sapevamo già prima della partita. Primo quarto ok, ma eravamo ben consapevoli della condizione della squadra, i giocatori facevamo finta di nulla ma le gambe non c’erano, eravamo stanchi noi dirigenti figuriamoci loro».
Passo indietro: l’arrivo di Bell e Lawal ha cambiato volto alla squadra.
«Assolutamente. Sono stati due innesti positivi e il gruppo ha confermato tutta la sua bontà, accogliendoli senza problemi. È questa unità a consentirci di tenere 14 giocatori, con un altro gruppo non sarebbe stato possibile».
C’è un certo Marco Spissu che sta facendo… benino, alla Virtus Bologna in Legadue.
«Vero. In Marco ci crediamo sicuramente, non a caso gli abbiamo rinnovato il contratto per quattro anni. Penso che sia ora che torni a casa».
Secondo turno di Champions da conquistare, poi in campo per la Final Eight. Con quali prospettive?
«Con lo spirito combattivo che ci ha sempre distinti, con la testa libera, per divertire e divertirci come sempre, al di là dei risultati. Poi, sappiamo di essere competitivi, ma sappiamo anche di dover lavorare ancora molto».
Come ogni anno tante squadre hanno cambiato volto. Che girone di ritorno sarà?
«E’ sempre stato così, uno o due giocatori spesso fanno la differenza. Come del resto in tante occasioni abbiamo fatto anche noi. Le squadre nascono con una certa idea, poi bisogna ragionarci. Nessuno ha la sfera magica».
Oltre il basket giocato, come procede la Dinamo? Fondazione, Store…
«Grazie a Dio va tutto molto bene, la Fondazione con il nuovo presidente ha trovato nuova linfa e sta lavorando bene con l’Unicef, nell’unico accordo fatto con una squadra della serie A di basket. I nostri progetti avranno un impatto superiore. Per il resto, dal punto vista aziendale il Progetto Dinamo prosegue con fondamenta chiare e consolidate. Il modello funziona, spetta noi migliorarlo».
Nessuna notizia dal giudice sportivo europeo per l’episodio dei due tifosi nel match con l’Aek Atene?
«Noi abbiamo spiegato un po’ tutto e penso che l’episodio sia rientrato nel giusto alveo. La partita era proseguita in maniera perfetta e non si può non ricordare che Sassari storicamente non ha mai conosciuto simili fenomeni».
In Germania per…
«Per vincere, confortati dalla bella prova dell’andata quando siamo stati beffati sulla sirena solo da una tripla da fantascienza. Mentre quella del Besiktas era stato un nostro errore difensivo, quella del Ludwigsburg no, fa ancora male. E c’erano anche un bel po’ di passi… Andiamo per giocarcela, vincere tutte e due le partite ci darebbe la certezza matematica del passaggio del turno, con una vittoria saremmo cinquanta e cinquanta».
Pensa anche lei che in un altro girone…
«In un qualsiasi altro girone le prime cinque del nostro gruppo sarebbero in testa. E’ pazzesco, siamo in un gruppo di ferro. Alla faccia di chi diceva che era una coppetta. E’ un girone complicato, ma tutto serve per crescere».
Dopo tanti anni di Dinamo e di basket ad alto livello i telecronisti hanno smesso di chiamarla Sardàra, con l’accento sbagliato.
«Dopo tanti anni sarebbe difficile il contrario. Ormai ho preso atto che fuori dalla Sardegna da Roma in su sono Sardàra, ma almeno nel basket lo hanno imparato».