Sulle colonne de Il Corriere dello Sport-Stadio, ha parlato il coach del Banco di Sardegna Dinamo Sassari Gianmarco Pozzecco.
“Io ho tanti difetti, però riconosco i miei errori. Non era concepibile continuare ad assumere certi atteggiamenti: o meglio, se lo era da giocatore, non può esserlo da tecnico. Io vivo ancora determinate caratteristiche del giocatore, che secondo me sono anche compatibili con l’allenare. Anzi, per il mio modo di lavorare sono indispensabili. Ma altri aspetti che avevo da atleta li ho dovuti eliminare: ho capito che durante le gare dovevo essere meno condizionante, e accettare le cose negative che accadono due, tre volte in una sola azione. Questo mi ha tranquillizzato, e ha chiuso un cerchio.
Lo dico per la prima volta: io prima allenavo dicendo ai giocatori “Siamo sulla stessa pagina”, poi però la domenica impazzivo. E di conseguenza i miei ragazzi si chiedevano: “Con chi abbiamo a che fare? Lui dice di essere quasi un nostro compagno di squadra, ma i suoi atteggiamenti in partita sono quelli di un coach canonico”. Insomma, erano frastornati. Oggi, eliminando quegli eccessi derivanti dal fatto che volevo sostanzialmente condizionare l’incontro, loro non hanno più dei dubbi: sono consapevoli del fatto di avere a che fare con una persona vera, molto più di quanto lo fossi prima. Prima lo ero comunque, ma il mio condizionamento durante il match mi rendeva un uomo con una doppia personalità. Le critiche mi hanno aiutato.
Nella prima telefonata che mi ha fatto, Sardara mi ha detto: “Pretendo da te solo una cosa: non devi impazzire”. Gli ho risposto che era il mio primo obiettivo. Chi è stato più incosciente tra noi due, io o Stefano che mi ha fatto da lavorare? Credo lui…”