#oneteamonedream: Brindisi si stringe attorno alla propria squadra, in vista dei primi storici Playoffs scudetto
Il bello dello sport è questo, a maggior ragione se parliamo dello sport più bello al mondo, ovvero la pallacanestro. Tutti i pronostici, indicazioni, supposizioni e disquisizioni, nel giro di poche lancette possono saltare in aria, al suono idilliaco della palla a spicchi che “schiaffeggia” la retina, risultando così vane ed effimere. La regular season è andata in soffitta, con le 30 giornate di campionato disputate, per lasciare spazio allo spettacolo più emozionante che si possa assistere: i Playoffs scudetto!
L’Enel Brindisi è stata una delle migliori rivelazioni di questa stagione, se non “LA” migliore, frutto del titolo seppur astratto ma ugualmente prestigioso di “Campioni d’Inverno”, della partecipazione alle “Final Eight di Coppa Italia” superando il primo turno e fermandosi in semifinale, dei 36 punti inanellati che hanno valso il quinto posto in classifica e di conseguenza la partecipazione ai Playoffs, traguardo mai raggiunto nella storia del basket brindisino.
Tutto rose e fiori verrebbe da pensare, clima idilliaco nell’ambiente, ed invece no. C’è più di qualcuno che mormora per il finale di stagione, in virtù delle 8 sconfitte nelle ultime 10 partite, e dei 3 K.O. consecutivi con cui si è conclusa la regular season, vedendosi soffiare al fotofinish la quarta piazza da Sassari ed il conseguente vantaggio del fattore campo. Le cause possono essere molteplici e degne di nota, così come non sarebbe sano e correto giungere a giustificazioni di facciata. Una stagione completa non è possibile giudicarla solo nella prima parte, nè tantomento per la seconda, bensì appunto nel suo complesso, e come si suol dire, mai come in questa occasione “carta canta”. Pur costruendo un team con un budget moderato, e certamente molto inferiore rispetto a squadre che sono rimaste fuori dal tabellone della post-season, Brindisi ha saputo creare gruppo, essere una Squadra con la S maiuscola. Aggressività, intensità, voglia di lottare su ogni pallone le doti principali di un roster composto da giocatori “normali” senza grandi stelle o nomi da far saltare in aria gli spettatori. Chi proveniente dalla LegaDue (James con Ferentino e Campbell due anni fa a Sant’Antimo) chi da campionati minori (Todic due anni fa disputò anch’egli la LegaDue con Forlì per poi giocare in Ucraina) , chi alla prima esperienza in Europa (Snaer), con il solo eterno Massimo Bulleri, fondamentale per garantire in dose massiccia un alto tasso d’esperienza ad un gruppo decisamente “alle prime armi”.
Tutto questo “mix” è stato assemblato, amalgamato e guidato da coach Piero Bucchi, un passo alla volta, a partire dal ritiro estivo, passando per le prime amichevoli, per raccogliere i frutti alle gare ufficiali. I problemi non sono mancati nell’arco della stagione, con gli infortuni che hanno minato alcune certezze, tra cui quello pesantissimo di capitan Bulleri. Il mercato di riparazione, non ha regalato sorrisi, con gli arrivi di Chiotti, Jackson prima ed Umeh successivamente, che non hanno prodotto per come era forse lecito ed auspicabile attendersi. L’energia e l’intensità sprigionata nella prima parte di stagione è venuta fisiologicamente meno, mostrando quelle evidenti lacune strutturali (mancanza di un intimidatore d’area e di un tiratore puro dalla distanza) che tutto lo staff e gli stessi giocatori erano stati abilissimi a nascondere e ad ovviare nel girone d’andata. Qualcuno indica nella preparazione atletica, il fattore scatenante del calo accusato, paragonando il finale di stagione attuale con quello dell’anno passato. Qualcun’altro delega responsabilità ai vertici del club, in primis il direttore generale per alcune scelte “forzate” di mercato- Sarà così? A fine stagione coach Bucchi e tutto il suo staff, hanno fatto intendere a chiare lettere che si siederanno attorno ad un tavolo per imbastire una riflessione a lungo raggio, visionando ed analizzando le tappe ed i momenti salienti dell’annata.
Ecco quindi emergere le parole chiave: fine stagione. Qual’è l’utilità di puntare il dito e indicare il colpevole del cammino zoppicante del girone di ritorno, sorvolando tra l’altro nel menzionare un girone d’andata ai limiti della perfezione? Perchè non vivere i primi Playoff della storia del Brindisi Basket, come una festa ed un motivo d’orgoglio? Gli “scienziati della palla a spicchi” risiedono in ogni dove, ed ormai non è più una novità, ma mai come in questo momento è fondamentale stringersi attorno ad una squadra che ha gettato il cuore oltre l’ostacolo, esprimendo un carattere encomiabile, superando probabilmente i propri limiti e calando vistosamente ma forse inevitabilmente nel finale. I Playoffs rappresentano un mondo a sè stante, lontano da ogni parvenza di rigor di logica. Gli equilibri generalmente si assottigliano, le energie più impensabili possono uscir fuori all’improvviso, le motivazioni creano il proscenio per lo spettacolo più emozionante e palpitante.
Ora c’è una serie con Sassari da disputare al meglio delle 5 gare, squadra costruita con ben altri mezzi e obiettivi, ormai esperta in turni di post-season. Dalle cocenti delusioni si costruiscono le più grandi vittorie, crescendo e migliorando. L’imperativo per l’Enel Brindisi e tutto il suo ambiente è non avere timore e paura, consci che comunque vada a finire, l’importante è aver dato il 100% sul parquet di gioco. I disfattisti si placheranno, i dubbiosi cederanno, i tifosi applaudiranno. Questo è lo sport, questo è lo spirito della pallacanestro.
#oneteamonedream l’hastagh e lo slogan lanciato dalla società biancoazzurra, per riunire la passione e il calore che da sempre contraddistinguono una delle piazze più calienti dell’Italia cestistica.