Il prossimo turno di campionato regalerà una sfida testa-coda tra Pesaro e Sassari, un match atteso in particolare dal coach dei marchigiani Zare Markovski che tra le sue prime esperienze in Italia annovera proprio tre stagioni (tra il ’91 e il ’94) alla guida del Banco di Sardegna. Il macedone si racconta ai taccuini de “Il Resto del Carlino” in una interessante intervista. Ecco quanto raccolto dalla redazione di BasketItaly.it.
“Sarà una bella partita – esordisce il tecnico – perché Sassari è una squadra che gioca e lascia giocare. Non torno a Sassari da vent’anni, da quando trentenne la famiglia Milia mi diede fiducia pur non avendo io il tesserino, anche se in Jugoslavia avevo vinto già un campionato di A2. Sono stati per me tre anni bellissimi”.
La sua attuale squadra, la Scavolini Banca Marche Pesaro, sta attraversando un discreto momento di forma avendo battuto la scorsa domenica i campioni d’Italia della Montepaschi. Markovski fa un primo bilancio di questa sua nuova esperienza: “Quando ho iniziato mi ero promesso di non innamorarmi delle città o delle squadre che alleno ma qui a Pesaro mi sta succedendo. La squadra sta maturando, lo vedo dai dettagli. Abbiamo lasciato Siena a 41 punti segnati in 30’, poi nell’ultimo quarto abbiamo rischiato un po’ ma ho ricevuto conferme importanti”.
Sassari domenica non potrà contare su Bootsy Thornton, uno dei trascinatori, insieme ai cugini Diener ,dei sardi: “Per loro non avere Thornton cambia molto ma di certo non giocheranno in quattro. Hanno Devecchi che ha dimostrato di saper far bene. L’intera squadra poi è capace di leggere le giocate di Travis e Drake Diener”.
Anche la Scavolini è per certi versi squadra da temere anche in virtù di un mercato che ha rivoluzionato il roster: “Spero che l’intero gruppo sia in grado di metterli in difficoltà . E’ evidente però che lo spirito che ci mette Stipcevic, la sua concentrazione, le letture e i punti che può segnare rappresentano un pericolo per gli avversari. Rok insieme a Kinsey ci ha permesso di elevare il tasso tecnico della squadra. Ad esempio Barbour, che è un ragazzo intelligente, ha smesso di forzare quando ha capito che la squadra è completa e non è più poggiata tutta sulle sue spalle”.
Infine a chi gli chiede il segreto del cambio di marcia di Pesaro, Markovski risponde: “Non ho fatto nulla di speciale, ho solo apportato il mio lavoro quotidiano. Parlo di cose tecniche, di pallacanestro, di quello che bisogna fare in campo. Se i ragazzi vedono che chi detta le regole poi è garante di quello che propone, la loro testa è più sgombra”.