Su Sportweek, inserto settimanale de La Gazzetta dello Sport, Luis Scola si racconta.
El General, la leggenda argentina attualmente in forza all’Openjobmetis Pallacanestro Varese, ha parlato della sua carriera, delle sue esperienze ma soprattutto delle ragioni per la sua possibile longevità a 40 anni.
Un estratto delle dichiarazioni del capocannoniere del campionato italiano LBA (23.9 punti di media).
La sua longevità
“Non c’è segreto. Vale per me e per tutti coloro che fanno sport ad alto livello. Sappiamo cosa bisogna fare per avere una carriera lunga, sentendosi a posto fisicamente e mentalmente. Il problema è che sono cose difficili da mettere in pratica, perché non hanno nulla di divertente. Allenarsi bene, scaldandosi accuratamente prima e facendosi massaggiare dopo, e più invecchi, più devi lavorare per tenerti in forma. Mangiare bene. Dormire bene e svegliarsi presto, a orari fissi e senza sgarrare. Per fare tutte queste cose ci vuole tanta forza di volontà. Alcuni ci riescono e altri no. Devi rubare tanto tempo al resto, se vuoi avere cura di te stesso, e molti, semplicemente, preferiscono impiegare il tempo in modi più piacevoli.”
Dopo 24 anni di carriera, cosa in più.
“In più ho la conoscenza, e la consapevolezza di cosa ho intorno. Quando ho debuttato nel FerroCarril era il ’96, avevo 16 anni e a quell’età non sai quasi niente, pensi che quello che stai facendo e ciò che ti circonda – i compagni più grandi, i tifosi, le pressioni sia normale. A 40 anni sei cosciente che invece vivi in una dimensione speciale e ti comporti di conseguenza, stando più attento a tutto. L’esperienza mi dice poi che sono vicino alla fine di questa avventura, e perciò è ancora più importante che sia felice, che mi diverta a giocare.”
Dopo 24 anni di carriera, cosa in meno.
“L’energia. Claro, non è più quella di un tempo. Ci sono giorni che me ne accorgo appena sveglio. Sento di non avere le forze per allenarmi o giocare come vorrei. E so che quello per me non sarà un giorno felice. È una sensazione brutta perché non c’è rimedio. Combatto contro la stanchezza, ma è una battaglia persa. Ma la voglia no, quella non passa. Io tutti i giorni voglio giocare bene, aiutare il coach e i compagni. Ma non tutti i giorni ho l’energia per riuscirci.”
Il fatto di giocare in EuroLeague l’anno scorso
“Quello che non piaceva, ai miei figli e a mia moglie, era che fossi tanto fuori casa, al ritmo di tre trasferte a settimana. Era una situazione che non andava più bene, a me e alla mia famiglia. Abbiamo detto basta insieme. Questa è stata una delle ragioni che mi ha portato a Varese. Qui gioco una volta a settimana, e i viaggi sono solo in Italia. Io non ho più il bisogno di giocare: gioco se in famiglia siamo tutti felici. E sotto una certa soglia non intendo andare”
Rapporto con l’Italia.
“Sto da due anni, qui ho le mie radici perché il mio bisnonno paterno è del Sud. E qui rimarremo, non so ancora per quanto”
Quando finirà?
“Tra un anno, dopo l’Olimpiade di Tokyo. Poi deciderò cosa fare. Potrei restare nel basket, ma non mi vedo in panchina, se non per allenare i ragazzini. Mi stanno già arrivando proposte, ma nessuna mi emoziona quando l’idea di giocare”