Gli ultimi 20 anni della storia dell’Olimpia sono scritti anche nell’album di una famiglia. E viceversa. Nando Gentile, talentuoso guerriero della reggenza Stefanel e protagonista
dello scudetto del 1996. Alessandro Gentile, icona dell’era Armani, capitano del tricolore 2014. Questa l’intervista riportata direttamente dalla Gazzetta dello Sport.
Che cosa vuol dire Olimpia per voi?
Nando: «Significa aver fatto la storia della pallacanestro nel club che ha dominato l’Europa e in cui tutti avrebbero voluto lavorare.Giocare con questa maglia è stato qualcosa di particolare: ero considerato uno dei grandi nemici e mai avrei pensato di arrivare ad indossarla».
Alessandro: «La prima parola che mi viene in mente è orgoglio. Difendo i colori di un club considerato un’icona in Italia e non solo. Lo considero uno dei più grandi privilegi sportivi che mi potessero capitare e vincere lo scudetto da capitano un onore immenso».
Aver fatto la storia del club che sensazione vi dà?
N.: «Una grande soddisfazione perché il ricordo non sbiadisce mai. Il primo anno non fu per nulla semplice: la proprietà e metà squadra arrivava da Trieste, se ne erano andate figure importanti e quindi fummo accolti con freddezza. L’aspetto che più mi rende fiero è aver lasciato il segno dopo essere stato considerato per anni il nemico numero uno».
A.: «La sensazione è molto particolare perché riguarda la mia famiglia. Sono riuscito, insieme ai miei compagni, a riportare a Milano quello scudetto che mio padre aveva vinto 20 anni prima. Sono eventi che vanno anche al di là dell’aspetto sportivo, qualcosa di molto profondo che mi porterò dietro per sempre. Spero che tutti i tifosi un giorno ci possano ricordare come la famiglia che ha dato tutto per questa società».
Quale è stato il momento in cui vi siete sentiti uomini Olimpia?
N„: «La scintilla che ci ha portato allo scudetto è scoccata quando abbiamo smesso di sentirci due società in uno: Trieste e Milano si sono amalgamate creando un corpo unico e da quel momento è rinato lo spirito del passato che ha fatto grande la società. Avevamo tutti lo stesso attaccamento alla maglia. La tifoseria lo percepì e furono mesi spettacolari».
A.: «Gara-7 al Forum è nel ricordo di tutti, ma io penso a gara-6 di quella serie finale, vinta a Siena all’ultimo tiro, in un ambiente caldissimo. In quell’impresa si è forse rivisto quello che chiamano lo spirito Olimpia, il che vuol poi dire non mollare mai».
Chi è per voi il personaggio simbolo dell’Olimpia?
N.: «Dan Peterson l’uomo che più di tutti, e ancora oggi, rappresenta l’essenza di questo club. Peterson ha portato un nuovo modo di concepire la pallacanestro, molto più globale, non solo a Milano ma in tutto il basket italiano».
A.: «Concordo. L’impatto di Dan Peterson sull’Olimpia è stato qualcosa di unico e forse irripetibile».
Qual è il vostro quintetto Olimpia, considerando come playmaker Nando Gentile e ala piccola Alessandro Gentile?
N„: «Allora direi Gentile, Bodiroga, Gentile, McAdoo e Meneghin. Allenatore Boscia Tanjevic».
A.: «Gentile, Bodiroga, Gentile, Danilo Gallinari, Meneghin. Quintetto praticamente italiano, visto che Dejan è quasi uno di noi»