foto da Fip.it
Intervistato da La Provincia di Como, Fabrizio Della Fiori, indimenticato doppio ex di Pallacanestro Cantù (1967-1979) e Reyer Venezia (1979-1981), analizza la sfida di domenica 23 Dicembre (PalaBancoDesio, ore 20:45, diretta TV su RaiSport e su Eurosport Player) ricordando il suo passato in maglia Reyer.
L’arrivo a Venezia.
Noi, e per noi intendo Cantù, arrivavamo da una clamorosa eliminazione al primo turno playoff e io mi lasciai andare contestando alcune scelte della società. A quel punto il divorzio fu inevitabile. Avevo mercato e arrivavo da un campionato strepitoso. Le strade erano due: Varese e Venezia. Siccome a Varese non mi avrebbero mai venduto, eccomi in Laguna in serie A2. La Reyer era l’unica società in grado di poter investire su un Nazionale come me. Il presidente Roberto Carrain aveva grandi ambizioni. E così fu.
Il ricordo della squadra.
Vi dico giusto chi eravamo: quintetto con me, Spencer Haywood, Dalipagic, Carraro e Gracis. Grattoni cambio dei piccoli, Serafini dei lunghi e poi Gorghetto e Silvestrin… Haywood era uno che non moriva dalla voglia di fare allenamento, quando c’era da vincere era fisso in prima fila. Da far impazzire le squadre di Al? Era così, anche perchè i playoff allora erano comuni. E se con Varese perdemmo 2-0 fu vendendo carissima la pelle e giocandocela fino in fondo. E poi resta il grande rammarico della finale di Coppa Korac, a quel tempo era a iscrizioni, persa di uno dopo due supplementari a Barcellona contro il Badalona. Pensate che a 1 minuto e 36 dalla fine eravamo sopra di nove.
Altri rimpianti.
Non siamo rimasti. Quante volte ce solo siamo detti io e mia moglie Elena. Forse non si doveva venire via, si stava benissimo. In una città bellissima. In Laguna si viveva alla grande. Il primo anno stavamo al Lido e, in pratica, si faceva i turisti. Molto bello. Un po’ più problematico il secondo, quando c’era di mezzo la Coppa. Io ero via di più ed Elena stava sola con Isabella e Daniele. All’Arsenale, dove giocavamo, non c’era mai un buco. Sempre tutto pieno. Giocavamo sotto lo slogan “La Nazionale all’Arsenale”. Io il mio argento olimpico l’ho vinto quando ero a Venezia.
La Reyer di adesso.
Stesso calore di allora, anche se non so quanto il passaggio a Mestre abbia influito sui veneziani doc, quelli che non si perdevano mai una partita al palazzo. Il problema, adesso, è proprio questo: il palazzetto. La capienza del PalaTaliercio non basta a soddisfare la voglia di basket della piazza.
Come finirà domenica.
Se guardiamo la classifica, non c’è storia. Non c’è partita. Ma io ho imparato che, specie nel basket, non bisogna dare nulla per scontato. Specie alla vigilia. Se Cantù può giocarsela? Perchè no. Acqua San Bernardo ha buoni giocatori. Mitchell è super, Jefferson è bravo, Gaines pure. Dipenderà tutto dalla voglia, dagli stimoli e dalla condizione soprattutto mentale, visto che Cantù ha innegabili problemi e sarà necessario riuscire presto a compattare il gruppo. Dunque non è detto. Chiaro, la San Bernardo è molto più corta e può pescare meno dalla panchina. Pensate alla Reyer che può fare partire dietro gente come Tonut e De Nicolao… Ecco, per Cantù, questo sì è un limite. Ma può farcela.