Amedeo Della Valle commenta a La Repubblica il caso della stagione, il no all’EuroCup da parte della Fip alle squadre italiane, ma non solo. Ecco l’intervista completa.
E poi arriva quel giorno della settimana, quello in cui gli altri giocano e tu resti a guardare. “E un po’ ci stai male, anzi ti rode proprio perché era qualcosa che ci spettava di diritto” racconta Amedeo Della Valle, a 23 anni una delle stelle della serie A, punta di Reggio Emilia, uno dei tanti “feriti” lasciati sul campo dalla lite tra Eurolega e Fiba che in estate ha spaccato il basket. E costretto i vicecampioni d’Italia (e Trento) a una stagione senza coppe. “I piani alti hanno deciso così, ne prendiamo atto. Possiamo farci poco o nulla. Ne fa le spese l’intero movimento e quei giocatori che lavorano per migliorarsi. Resta una brutta pagina per il nostro sport”.
Club sacrificati sull’altare di una candidatura olimpica poi naufragata?
“Forse adesso che di mezzo non c’è più Roma 2024 la situazione si risolverà. Lo spero”.
Resta il fatto che la squadra vicecampione d’Italia guarda le coppe in tv.
“Non ha senso. Come il silenzio che ha accompagnato la vicenda. Davvero molto triste”.
In un anno senza impegni europei su cosa lavora?
“Ne approfitto per crescere fisicamente, un aspetto che negli ultimi due anni non ho potuto curare benissimo”.
Terza stagione a Reggio dopo l’esperienza al college di Ohio State. Bilancio?
“Il college è stata un’esperienza seconda a poche. Sono stato uno dei primi e in un certo senso sono felice di aver aperto la strada. Serve determinazione e coraggio. Al ritorno in Italia però mi sentivo pronto. A Reggio ho trovato un club che ha deciso di puntare su di me non a parole ma nei fatti”.
Reggio, la squadra degli italiani.
“Non so se quello del club è coraggio, sono contento però che abbiano fatto questa scelta e che nessuno mi abbia regalato nulla. È vero, siamo tanti italiani, ma giochi perché lo meriti e non per passaporto. Quando sono arrivato non andavo neanche in panchina, ci ho messo tre anni per guadagnarmi un posto in quintetto”.
La serie A è invece il campionato degli stranieri.
“Tanti durano lo spazio di poche partite, alla fine i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Le regole sono queste e le società sono libere di fare quello che vogliono”.
Regole migliorabili?
“Quelle attuali non sono le migliori. Un club non può avere solo stranieri e al tempo stesso un italiano non può pretendere il posto solo perché italiano. Un minimo di protezionismo serve, altrimenti neppure uno come Datome avrebbe trovato spazio”.
Rimedi? “Ripartire dai settori giovanili, io ho iniziato dal minibasket nella squadretta seguita da mio papà (Carlo, giocatore di Torino e Roma negli anni ’80, ndr)”.
Uno sguardo al campionato: come la mettiamo con Milano?
“È dura. Vogliamo restare in alto, essere competitivi. È chiaro che vorremmo vincere lo scudetto, o provarci. Ci siamo andati vicinissimi, ma Milano al momento sembra davvero fuori portata”.
La Nazionale resta un capitolo aperto anche dopo l’esclusione dal gruppo che ha affrontato il preolimpico?
“Altroché, Messina poi è una garanzia. Chiaro che non basta l’allenatore, tocca a noi giocatori fare qualcosa in più”.
Dopo il college vuol tornare in Usa dalla porta principale?
“Con Reggio ho altri due anni di contratto. La Nba è il sogno di chiunque, ma il mio desiderio è l’Eurolega. Non ci sono scadenze, il club e io siamo ambiziosi. Ne parleremo più avanti “.