Count Down – Leunen costruisce, Ragland finalizza: gli ex incoronano Sacripanti contro la “sua” Cantù
Non dice tutta la verità l’81-77 finale che regala la vittoria consecutiva n° 9 alla Sidigas di Pino Sacripanti, frutto di un match controllato a larghi tratti, a spese di un’Acqua VitaSnella che si aggrappa alla prova monumentale di JaJuan Johnson per rimanere in partita. Troppo corale il basket espresso dai Lupi irpini, a fronte di un’avversaria che fa della somma, non certo sempre armonica, dei talenti individuali la cifra con cui inseguire il sogno playoff, invero ormai sbiadito stante la classifica. Non basta la superiorità a rimbalzo (40-36), abituale tallone d’Achille stagionale, ai lombardi, che concedono comunque 16 secondi possessi sotto forma di rimbalzi offensivi ai padroni di casa. Più lucide le scelte di Avellino nei momenti cruciali, guidata dai numerosi ex, con Sacripanti che vince il duello delle panchine disegnando una strategia che toglie ossigeno sul perimetro, Heslip in primis, a Cantù, limitandone pesantemente l’efficienza offensiva. Ecco il count down dei fattori chiave del successo Sidigas, per acclamazione la squadra più in forma, con Milano, dell’intero campionato:
10 su 17 da due più una tripla per 29 punti conditi da 12 rimbalzi per un 35 di valutazione. La prova di JaJuan Johnson è di quelle dominanti, un rebus per la difesa di Sacripanti, che fatica a contenerlo sia sui pick and roll che in 1 contro 1. Il lungo da Purdue è l’architrave dell’attacco canturino, invero ieri troppo monocorde, in una giornata da Mvp, se non venisse a mancare proprio la vittoria di squadra.
9 a zero: il parziale che cambia l’inerzia della partita a fine terzo quarto, quando Cantù è appena tornata a –4 rientrando da uno svantaggio in doppia cifra. Ragland lo apre con una tripla, imitato da Buva (12 e 6 reb) da sotto e Leunen dalla media, e lo chiude col lay up che porge il +13 interno a fine terzo quarto, una sentenza sulle sorti del match. E 9 naturalmente è anche la quota raggiunta dal tassametro delle vittorie consecutive irpine, striscia che lancia definitivamente il team di Sacripanti tra le prime quattro forze del campionato.
8 su 15 dal campo con 3/5 da tre e 5 assist. Joe Ragland (19 punti, 19 di valutazione, 11 di plus/minus, il più alto del match) non fa sconti alla sua ex squadra, anzi sciorina il suo mix da point guard in grado sia di segnare tanti punti come di mettere in ritmo i compagni. E’ lui la punta di diamante di un attacco in grado di distribuire tiri e responsabilità, il segreto di Pulcinella dell’alchimia del team di Sacripanti.
7 come le economiche palle perse in tutta la partita di una Sidigas che tratta molto bene il pallone, limitando al minimo gli errori che possono dare ritmo e transizione all’attacco ospite. A fronte dei 16 assist, testimoniano dell’efficienza complessivamente superiore dell’attacco irpino.
6 le palle perse, viceversa, ma nel solo terzo quarto, di una Cantù che ancora una volta dissipa le proprie chance di vittoria al ritorno dagli spogliatoi, pagando a caro prezzo gli errori non forzati dalla difesa. Solo 12 punti nella frazione, sette dei quali firmati Johnson, con 5/14 al tiro e appena tre assist, la metà di quelli di una Avellino che al secondo tentativo trova la fuga buona per involarsi verso il successo.
5 rimbalzi, 3 assist e percorso netto al tiro (2/2 sia da due, da tre e dalla lunetta) per il solito Maarty Leunen (12 punti con 19 di valutazione), impeccabile nelle letture e vero playmaker dei Lupi, la garanzia che permette le scorribande dei Ragland e dei Nunnally. La tripla con cui apre l’ultimo quarto è il biglietto da visita che sconsiglia la rimonta alla sua ex squadra, aumentando una volta di più i rimpianti dei tanti estimatori che ha lasciato in Brianza.
4 falli subiti e 4 su 16 dal campo, frutto soprattutto della serata no dal perimetro (1/8), ma James Nunnally (15, 4 reb e 3 assist), in barba alle percentuali di tiro, è uno dei fattori del successo irpino. Presenza costante a livello fisico, porta tante piccole cose alla causa e quando servono punti il prodotto di UC Santa Barbara c’è. Come sempre.
3 su 18 dall’arco, la statistica che descrive meglio la zavorra che appesantisce l’attacco canturino, tenuto a terra dalla mancanza di pericolosità perimetrale. Una circolazione di palla che funziona solo a tratti (14 assist a fronte di 13 perse totali) toglie ritmo ai tiratori di Bazarevich, che finiscono per bruciare anche le occasioni aperte lasciate dalla difesa, ma è la selezione di tiro a lasciare ancora una volta dubbi sulla coerenza dell’insieme in mano al coach russo.
2 su 4 dal campo, il magro fatturato di un Fesenko (8 più 12 reb) troppo poco cercato dai compagni. Il centro ucraino (4 falli subiti, ma anche 4 perse) potrebbe essere un fattore nella partita, ma la coabitazione nei quintetti con Johnson continua ad essere poco complementare, con i due che spesso si trovano a pascolare nello stesso territorio tattico, dove l’erba non è necessariamente sufficiente per entrambi. E 2 soli assist, dopo gli 11 della vittoria contro Pistoia, per un Hodge poco lucido (9, 4/10 al tiro 4 perse), che riapre i dubbi sulla coabitazione col rientrante Ukic (6 più 6 assist).
1 su 1 dal campo in soli 7′ per Jakub Wojciechovski, all’ennesima bocciatura non proprio comprensibile da parte di Bazarevich. In contumacia Ignerski, già fermo ai box per un risentimento, il polacco poteva essere una pedina utile nelle rotazioni del pacchetto lunghi, i pochi minuti che gli concede il coach russo priva Cantù, stanti i 40 minuti di panca per Tessitori, di una vera alternativa alla coppia titolare Fesenko-Johnson (69 minuti in due)
0 punti e 0/4 da tre per un Brady Heslip (–3 di valutazione in 17′) che inevitabilmente diviene l’emblema della giornata da incubo sul perimetro per Cantù. La difesa di Sacripanti lo bracca, a prezzo di concedere qualcosa nel pitturato, per impedirgli di entrare in striscia, strategia intelligente che toglie il canadese dalla partita e il potenziale boost delle sue triple dall’attacco di Bazarevich.
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