Count Down: la concretezza di Sandri, la freddezza di Jones e Stipcevic. Così Roma espugna ancora il Pianella
Finisce con la terza vittoria consecutiva di Roma al Pianella, dopo le due negli scorsi playoff, la sfida tra la Virtus e l’Acqua VitaSnella, che brucia così anche il regalo “postumo” di Varese, corsara ad Avellino nel posticipo serale, che avrebbe dato ai brianzoli l’acceso in extremis alle Final Eight di Desio. Partita strana, che Roma domina a livello tattico con la zona match-up ordinata da Dalmonte dopo il break iniziale dei padroni di casa (20-12 dopo 7′) e che Cantù perde nonostante il minimo stagionale alla voce palle perse (solo 9 con 12 assist, ma Roma fa meglio, rispettivamente con 7 e 14).
Fatali le percentuali dal campo e la distribuzione dei tiri, come giustamente sottolineato da Dalmonte in sala stampa, con la difesa romana che costringe i biancoblu all’abuso al tiro perimetrale (7/26 contro l’11/28 dei capitolini), a scapito dell’equilibrio dell’attacco. La Virtus si fa preferire per attitudine mentale, imponendo un ritmo basso e togliendo del tutto il contropiede a Cantù, e per la lucidità del quarto di coda, quando reagisce alla rimonta e capitalizza la supremazia sotto i tabelloni (13-7 pro Virtus nei 10′ finali, dopo aver sofferto all’inizio) per costruire la sequenza di triple che abbatte la resistenza degli avversari. Nel classico stile in count down, analizziamo i numeri chiave del match:
10 come i rimbalzi offensivi della Virtus, di cui la metà nel quarto e decisivo periodo. Dopo aver pagato dazio all’inizio (12-6 per Cantù il conto sotto le plance nel primo quarto, con ben 6 rimbalzi offensivi), Roma si riprende il controllo del pitturato nel prosieguo del match, dove la coppia Morgan-DeZeeuw alza una cortina contro gli attacchi di una Cantù dal canto suo troppo timida nel cercare i propri lunghi.
9 come le palle perse di Acqua VitaSnella, della quale, avesse vinto l’incontro, saremmo qui a tessere le lodi per l’ottima gestione del pallone. Dati alla mano si tratta del minimo stagionale, ma alla riduzione degli errori, non corrisponde l’accuratezza delle scelte, non tanto forzate, quanto a volte affrettate. Contro la zona di Dalmonte, Cantù si accontenta troppo del tiro perimetrale – spesso dopo un solo passaggio – e con la fiducia in calo dopo svariati errori piedi per terra, l’attacco brianzolo si blocca inesorabilmente.
8 su 19 dal campo per Kyle Gibson (19 e 2 assist), che pur forzando qualcosa (5/11 da due, 3/8 da tre) tiene in piedi l’attacco Acea per buona parte del match. L’ex-Pistoia è fondamentale nel primo quarto, quando mette i punti che impediscono la fuga di Cantù, in generale punisce sempre piedi per terra, sugli scarichi che l’ottima circolazione di palla dei giallorossi gli fa arrivare con continuità.
7 palle perse per una Virtus anch’essa al minimo stagionale nel dettaglio statistico. Il ritmo basso imposto alla gara non poteva avere successo senza una gestione attenta dei possessi. Assieme ai 14 assist è questo il dato più significativo della vittoria capitolina in Brianza.
6 punti e 6 rimbalzi nella partita di Daniele Sandri, MVP occulto (ma neanche troppo) del match. Il prodotto del vivaio di Treviso gioca un match di grande intensità e dedizione, vincendo la sfida tutta fisica con le ali canturine. La tripla con cui stoppa il sorpasso VitaSnella per il 54 pari a metà quarto periodo è la ciliegina sulla torta, nella sera in cui il +21 di plus/minus parla per lui.
5 come le triple a bersaglio dei capitolini (su 9) nel quarto periodo. All’interno dell’11/28 complessivo dai 6.75, la Virtus riserva le frecce più acuminate per il finale, dopo il 2/13 dei due quarti centrali. La sequenza – aperta da Sandri e chiusa dalle “doppiette” di Stipcevic (11, 3/7 da tre e 4 assist) prima e Bobby Jones (14, 2/3 da tre, 4 reb) nell’ultimo minuto – fa la differenza in una gara dove Cantù chiude 7/26, con l’1/6 degli ultimi 10′ che soffoca sul nascere il tentativo di allungo degli uomini di Sacripanti.
4 come le sconfitte casalinghe dell’Acqua VitaSnella nel girone di andata. Quello che fino alla scorsa stagione era un fortino inviolabile, quest’anno si è trasformato in terra di conquista per gli avversari. Il 50% (4v-4p) tra le mura amiche è la vera anomalia, pur tenendo conto di un roster cambiato per 8/11, che condanna Cantù a guardare le Final Eight in televisione.
3 come le triple che Stefano Gentile (17, 3/6 da tre, 2 assist) inchioda nel terzo quarto, dove mette 15 dei suoi 17 punti. Il play casertano prova a prendere in mano le redini della squadra, i suoi due falli precoci, che lo tolgono sostanzialmente dal match nel primo tempo sono una condanna per Cantù, considerato che Feldeine (3, 1/10 al tiro), partito dalla panchina, è lontano parente del giocatore ammirato fin qui.
2 su 17 dal campo per Cantù nel disastroso secondo quarto da soli 6 punti segnati, che spiana la strada all’Acea e costringe i biancoblu ad un match a inseguimento. Il copione purtroppo si ripete nel quarto finale, col 3/13 complessivo al tiro, troppo poco per replicare a una Virtus chirurgica dopo il sorpasso dei padroni di casa.
1 come il solo canestro dal campo di un Eric Williams (3 punti e 4 rimbalzi) che fa segnare un passo indietro dopo gli innegabili progressi delle ultime uscite. Il centro da Wake Forest, per la verità troppo ignorato dai compagni, non riesce a farsi valere dal punto di vista fisico, Sacripanti vi rinuncia nei 10′ conclusivi, per uno Shermadini (8 più 6 reb) efficace solo nel primo quarto, prima di finire anche lui “fagocitato” dalla zona di Dalmonte.
0 come i punti di Damian Hollis (0/2 da tre), inconsistente come nelle sue peggiori uscite, dopo la buona prova col Khimki che faceva presagire un cambio di marcia nel suo rendimento. Quando Cantù ha problemi nel “4” (nonostante un discreto Buva, ieri partito in quintetto) le probabilità di sconfitta salgono notevolmente, come rilevato anche da Sacripanti in più di una circostanza, la partita di ieri ne è l’ennesima dimostrazione.
Stefano Mocerino
© BasketItaly.it – Riproduzione riservata