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Cinciarini, il “provinciale” diventato milanese: “Voglio stare bene fisicamente”

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Da un paese di provincia come Pesaro, alla grandi città della Madonnina; da una stagione da play e basta, a una che si sta avviando da capitano; da un anno con un po’ troppi acciacchi al desiderio di stare finalmente bene fisicamente. Naturalmente passando per la maglia azzurra, la “bestia nera” che capita sempre nelle chiacchierate di chi, quel colore lo ha indossato. Andrea Cinciarini si è raccontato a TuttoSport.

Dubbio: la gestione di tante risorse e di eventuali “mal di pancia”, una novità per l’Italia…

«Ma ognuno di noi deve essere entusiasta, l’Eurolega adesso è riservata a sole 16 squadre e Milano è l’unica italiana al top. E’ una motivazione in più. Salvo le prime che puntano al titolo, tutte vorranno agganciare i playoff. Tutte hanno un organico con 15 giocatori. Dobbiamo fare in modo che questo diventi un plus. E per riuscirci chi resta fuori deve tenersi pronto. E deve migliorare il dialogo interno. Mi spiego, se uno ha un acciacco è meglio lo faccia presente, magari un turno di riposo aiuta Nel gioco previsto da Repesa, di pressione, transizione, ritmo, tenere 30′ in ogni partita è impossibile. Abbiamograndi ambizioni e soltanto grazie al gruppo possiamo realizzarle: scudetto, Coppa Italia, playoff di Eurolega»

Siete considerati imbattibili in Italia. Come si mantiene la concentrazione?

«Intanto ognuno dei 15 avrà opportunità. E’ un modo per tenere alta l’attenzione e la tensione. Eppoi Milano è favorita in ogni stagione. Per ciascuna squadra di Serie A batterci sarà l’obiettivo primario. Poi dovremo abituarci a passare dai 20.000 di Atene ai 4.000 ma ugualmente caldi di Capo d’Orlando. Infine anche l’anno scorso eravamo favoriti. Abbiamo vinto, è vero, ma eravamo sotto 2-1 e fuori casa in gara contro Venezia Eravamo pari con Reggio Emilia. Nel basket il desiderio conta più di ogni altro fattore».

Un obiettivo personale invece, dopo una stagione difficile?

«Stare bene fisicamente, appunto. L’anno scorso ho cominciato male, causa la stanchezza post Europei e l’ambientamento a una nuova realtà, alle esigenze dell’allenatore. Nel periodo della Coppa Italia ho raggiunto l’apice poi mi sono infortunato. E’ stato un anno di rincorsa. Questa estate ho seguito un programma atletico con il nostro preparatore Giustino Danesi, per recuperare e pure curare certe qualità. E sono partito con gran voglia, intensità. Per rendere e per il gioco voluto da Repesa (che piace a me), devo stare bene. Poi so che siamo 3 playmaker Semplicemente bisogna sfruttare le opportunità e dare il massimo per la squadra nei minuti disponibili».

Milano ha indebolito le avversarie pescando anche italiani emergenti che ora avranno meno spazio…

«Sarà una bella sfida per loro. Intanto meritano un applauso per la scelta di mettersi in gioco. Passare da un ruolo da protagonista a pochi muniti è dura. Se resisteranno in questa stagione, lavorando per crescere, poi sarà più facile».

Olimpiadi…

«Sono stati giorni difficili, ci sono rimasto male. Ma sarebbe stata una vera mazzata, se fossi stato a posto fisicamente. Invece non lo ero. Poi il et avrà avuto le sue motivazioni. E ci sono rimasto male due volte perché i compagni di un percorso lungo 5-6 anni non ce l’hanno fatta Ma bisogna ripartire. Vedremo chi sarà l’allenatore e quali giocatori ci saranno. Ma dovremo essere protagonisti all’Euro 17. Il mio obiettivo, se starò bene, è sicuramente esserci. Siamo competitivi, però ci manca un piccolo passo. E non ha senso ipotizzare scelte determinate dalla convivenza o meno tra i talenti. In Nazionale non ha senso, dobbiamo riuscire ad esprimerci tutti nel contesto di squadra».

Completamente ambientato a Milano?

«Innanzitutto sono felice della scelta compiuta per quello step in più, in una squadra di Eurolega e con l’obiettivo di vincere. Milano non mi ha cambiato, anche se venendo da Pesaro sembra davvero grandissima. A me piace stare in famiglia, qui abbiamo trovato un nostro ristorantino, i negozianti di fiducia. In più viviamo la città e le possibilità offerte a 360°».

Quasi metà Armani è composta da fratelli d’arte. Essere il minore dà qualcosa in più, alla fine?

«Allena la competitività, da bambino. Perché giochi e vuoi vincere, ma non ci riesci. E nel frattempo impari. Diciamo che dà motivazione supplementare, sai che devi fare qualcosa in più».