L’addio di un grande, l’addio di Charlie. Perché tutto il mondo della pallacanestro l’ha sempre chiamato così. Se si pensa a Carlo Recalcati, la memoria va subito all’argento ai Giochi Olimpici di Atene 2004. Lui, però, non è stato soltanto l’allenatore di quei dodici uomini in azzurro: da Pozzecco a Basile, da Chiacig a Marconato, da Galanda a Soragna e Bulleri. E’ stato molto di più. E per questo fa effetto sentirgli dire, dalle pagine del quotidiano di Varese La Prealpina, che in panchina per allenare non ci andrà più.
«Se arrivasse una chiamata di un club? Avverto sin d’ora che possono fare a meno se si tratta di un’offerta per allenare. Ho preso questa decisione prima che iniziasse l’estate; non ho fatto comunicati né proclami, ma ritengo che bisogna essere sempre nella condizione di dare il 100 per cento, e penso che quello che posso dare oggi non sia più sufficiente. Pertanto ho l’onestà intellettuale di rendermi conto che è giunto il momento di guardare la partite; ne vedrò molte a Varese, Venezia e Brescia oltre a seguire le partite dei miei ex assistenti oggi capo allenatore». Queste le parole che, di fatto, chiudono un ciclo che pareva infinito. E, forse, porte aperte a un’eventuale ruolo dirigenziale, magari all’interno della stessa Federazione Pallacanestro.
Nato l’11 Settembre di 73 anni fa a Milano, prima di diventare allenatore, Carlo Recalcati è stato una delle colonne portanti della Pallacanestro Cantù degli Anni ’60 e ’70, assommando più di 6000 punti in 434 presenze. Il suo palmares da giocatore narra di due campionati italiani, tre coppe Korac, una coppa Intercontinentale e tre Coppe delle Coppe.
La sua carriera dall’altra parte del campo, però, parla in modo ancora più chiaro. Dopo aver iniziato a Bergamo ed essersi ripreso la sua Cantù dalla panchina, ha contribuito in modo importante allo sviluppo della pallacanestro a Reggio Calabria, con la Viola che è arrivata a sfiorare le semifinali scudetto. Nel 1997, al termine di un paio di esperienze tra Arese e nuovamente Bergamo, ha preso in mano Varese e l’ha portata al decimo scudetto della sua storia. Nel 1999 è arrivato alla guida della Fortitudo Bologna: il tricolore se l’è preso subito, nel 2000. Dal 2001 è diventato l’allenatore della Nazionale italiana, con cui ha vinto un bronzo agli Europei 2003 e soprattutto l’argento olimpico di Atene 2004, con l’Italia che si è arresa soltanto in finale al cospetto della Generacion Dorada dell’Argentina. In azzurro è rimasto fino al 2009, quando la mancata qualificazione agli Europei è stata fatale per il suo destino. Nel frattempo, ha allenato per tre anni Siena, portandola al suo primo tricolore nella stagione 2003-04.
Dopo la Nazionale, torna ad allenare a Varese (2010-12), poi Sutor Montegranaro (2012-2014), Venezia (2014-2016) e di nuovo Cantù (per un breve periodo nel 2017). L’ultima panchina è quella di Torino nell’ultima stagione dopo le dimissioni di Luca Banchi: lascerà dopo appena tre partite con altrettante sconfitte. Chiude la carriera da coach con 429 vittorie in serie A-1 (record) su 743 partite e 66 nei playoff su 119 (più 5 su 10 nei playout, che porta il totale a 500 tonde).