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Cantù, presentato Mancinelli: «Contentissimo di tornare in una città che vive di basket»

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Si è chiusa oggi una delle settimane più intense nella storia della Pallacanestro Cantù, certamente la più dura dell’era Cremascoli, con la presentazione di Stefano Mancinelli, punto di ripartenza per squadra e società dopo il doloroso addio di Manu Markoishvili. Proprio la numero uno di Via Volta introduce la conferenza stampa di presentazione del capitano della Nazionale: «Naturalmente Stefano è un giocatore che non ha bisogno di presentazione. A settembre presentando Aradori e Cusin ho parlato di immenso orgoglio italiano e questo orgoglio diventa ancora più grande avendo tra noi il capitano della Nazionale. Avevamo bisogno di un segnale forte, da dare soprattutto all’interno della squadra , che facesse capire a tutti che ciò che è successo non era assolutamente un alzare bandiera bianca, ma qualcosa che non avevamo potuto rifiutare. Il segnale che volevamo dare è che noi ci credevamo ancora e il nostro segnale è qua presente oggi».

 E’ poi la volta di coach Trinchieri introdurre alcune considerazioni tecniche: «Comincia oggi un nuovo capitolo tecnico e speriamo di risultati. Sicuramente sarà una cosa diversa perché Sterno e cosa diversa da Markoishvili. Manu rappresenta il passato, ma in questo momento parlare di lui non ha più senso. Voi mi direte, cosa c’azzecca Mancinelli con Markoishvili… una sola cosa: è un giocatore forte. Questo era andare a cercare coi tmpi che avevamo un giocatore che calpestasse le stesse piastrelle del suo predecessore era difficile, complicatissimo e non dava neanche nell’immaginario delle garanzie di riuscite. Ciò ci ha portato a valutare un giocatore di personalità, come Manu e Stefano è un giocatore di personalità tecnica e con due caratteristiche molto intriganti: uno, capisce la pallacanestro, passa la palla in modo fantastico e sapete quanto tenga a questo fondamentale come idea di sviluppo in un sistema e ci dà una pericolosità in una zona del campo che non avevamo esplorato tanto finora, ovvero un giocatore 1vs1 spalle a canestro. Naturalmente c’è anche il rovescio della medaglia: i tempi di gestazione, ma tanto è inutile parlarne perché semplicemente non ce li abbiamo… sarà nostro compito, allenatori, giocatori e di Stefano per entrare velocemente nel sistema capire come adattare il nostro sistema di gioco a un giocatore diverso».

Il Ds Arrigoni riassume la breve trattativa che ha portato Mancio in Brianza: «La trattativa così come è partita si è chiusa. L’unica alternativa per avere tempi rapidi era cercare un giocatore americano, ma noi abbiamo già 4 Usa sotto contratto, per cui si trattava di tagliarne due e diventava complicato. Abbiamo avuto l’opportunità di portare Mancinelli, sapevamo che era seguito da altri, ma è bastato un incontro con il suo agente per chiudere. Oh, Mancio è di Chieti che è come Cantù, negli anni ’70 era uno dei centri piccoli più vivaci del nostro basket, perciò deve un po’ tornare alla sua infanzia. Lui ha vissuto due esperienze opposte. Bologna, città unica al mondo, dove l’interesse per la pallacanestro è superiore al calcio, con tutto ciò che comporta e Milano, dove il basket è vivo solo grazie all’interesse di Armani e il calcio la fa da padrone… Qui da noi uno rientra in una dimensione umana completamente diversa dove i giocatori e la squadra sono una cosa importantissima per la città, ti fermano per strada ti fanno domande. Stefano ha tutte le caratteristiche per far bene qui ed è estroverso, cosa che piace ai nostri tifosi, credo si troverà bene. Tecnicamente lui si posiziona tra Jeff Brooks e Maarty Leunen, dividerà i due spot di ala con loro e forse apriremo uno spazio tecnico maggiore a Mazzarino, che era slittato indietro nelle rotazioni, ora speriamo che tornare avanti lo aiuti a dare il contributo che ha sempre assicurato. I tempi sono stretti per recuperare la condizione fisica e mentale, ma Mancinelli è giocatore orgoglioso – la “provocazione” del Ds – e non vedrà l’ora di ritrovare quelli che l’hanno lasciato a casa…»

Poi finalmente le prime parole di Mancinelli da giocatore della Pallacanestro Cantù: «Intanto sono grato alla Pallacanestro Cantù per l’opportunità, speriamo di dimostrarlo sul campo. La trattativa è stata molto breve perché io cercavo una squadra, una città che vivesse di basket e Cantù rispecchia questo. Io sono lontano dal campo da tre, quattro mesi e ho bisogno di vivere ogni giorno di basket. Ho bisogno di tornare in forma perché non sto male, ma quando manca il ritmo partita un giocatore non è al top. Speriamo di poter recuperare per la Coppa Italia, ma io spero di dare qualcosa già domenica con Sassari»

Perché no Sassari, Avellino o Pesaro, anche quelle sono piazze di basket?: «Si anche loro sono piazze di basket, però a volte preferisci una piazza a un’altra. Cantù ha una storia, è uno dei top team italiani, ha un ottimo staff tecnico, lotta per andare in Eurolega e ho preferito così»

Rifaresti la scelta di stare fermo: «Non lo so… ad inizio anno sono arrivate delle offerte che forse una persona normale avrebbe accettato. Io forse sono un po’ diverso, non sono solo i soldi importanti nella vita, comunque rifarei quello che ho fatto, compreso stare fermo…

Mancio qui a Cantù c’è un tifo molto “fortitudino”, cosa ti aspetti da un pubblico che non è mai stato tanto tenero con te… «Ma questo per me è stao molto importante nella scelta. Cantù come dicevo vive di basket ed ha un pubblico eccezionale. Ovviamente ho preso tanti fischi avendo giocato con la Fortitudo e Milano, è giusto che sia così, però adesso cerchiamo di trasformarli in applausi questi fischi… Ora ho solo voglia di giocare, non gioco per battere Milano, anzi ringrazio il signor Armani per le stagioni con loro, voglio solo giocare per vincere qualcosa con Cantù. In passato è sempre stata un po’ una bestia nera per me, ogni volta che venivamo a giocare qui era difficilissimo, dopo la firma ho pensato finalmente gioco per una squadra con un tifo così che è davvero il sesto uomo in campo. Non sono al top, ma voglio lavorare per tornare subito al massimo»

Si dice che dopo una lunga telefonata con il coach sei stato entusiasta di quello che ti ha prospettato: «Ovviamente – ride, ma obbedisce alla “consegna del silenzio” che Trinchieri sottolinea con lo sguardo – non posso dire assolutamente cosa ha detto il coach, però mi ha fatto un’ottima impressione, mi ha detto cosa devo o non devo fare, cosa posso dare alla squadra.. E’ un ottimo allenatore, perciò mi sono sentito di accettare Cantù».

Inevitabilmente si torna da Trinchieri per l’eterno dubbio sul ruolo del Mancio: «Non ho poteri taumaturgici – replica il coach – quindi non scioglierò il dubbio… Visto che siamo un paese di calciofili, diciamo che passiamo dal 3+2 al 2+2+1, quindi avremo due ali sempre in campo…due guardie, due ali e un centro. Se mi nobilita avere tanti nazionali in squadra? Mi nobiliterà quando vinceremo delle partite. Per adesso fra tre giorni affrontiamo la squadra (Sassari, ndr) che crea più mal di testa agli allenatori avversari, perciò ho una marea di pensieri e un mal di testa perenne, cercando di trovare il modo più semplice, diretto e produttivo di mettere la squadra in campo per Domenica.

Brooks giocherà più da tre adesso?: «Secondo me sono tre giocatori assolutamente intercambiabili previo un periodo di allenamento tra 3 e 4. Brooks giocherà i suoi minuti da tre come prima, oppure Mancio da 4 e Leunen da tre, perché no? Dovremo prendere esempio dall’Nba dove usano i giocatori per le qualità che hanno. Mancio è un grandissimo giocatore di post basso e un grandissimo passatore, lo metteremo lì e vedremo dove mettere gli altri compagni di reparto».

Stefano Mocerino

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