“We are the North” non è la traduzione di uno slogan della Lega ma bensì il motto che ormai compare dovunque a Toronto e che ben sintetizza l’entusiasmo e le pressioni che l’ambiente è arrivato ad avere negli ultimi anni e che ha portato ad una vera e propria simbiosi tra squadra e città, se non forse nazione.
Passata Stagione 2014/15
Dopo i primi mesi della scorsa stagione i Raps sembravano come quelle pagnotte di pane finalmente arrivate alla giusta lievitazione. Nella seconda parte, complici infortuni e cali di intensità vistosi (anche nella stessa partita), si erano visti i limiti di una squadra che comunque aveva portato a casa 49 vittorie, migliorando anche il bilancio della stagione prima. Poi sono arrivati i playoff e la nemesi dei canadesi, Paul Anthony Pearce, ha guidato Washington fino al “cappottone” che ha minato in estate le certezze dei Raptors.
Novità 2015/16
Toronto non sarà, nel bene o nel male, la squadra che ha salutato la scorsa stagione. I Raptors presumibilmente perderanno un po’ in attacco (dove erano arrivati a essere il terzo attacco della lega) per cercare un po’ di equilibrio in difesa. A garantire l’upgrade dall’altra parte del campo ci sono DeMarre Carroll, chiamato a confermarsi dopo l’ottima stagione con gli Hawks che gli è valso un contratto pesante e Corey Joseph, secondo canadese nella storia della franchigia, che deve adattarsi a un ruolo diverso da quello negli Spurs e che intanto si consola guadagnando più del totem neroargento Tim Duncan.
A fargli spazio in rosa il sempre sottovalutatissimo Grevis Vazquez, il sesto uomo dello scorso anno Lou Williams (andato a ingolfare il backcourt dei Lakers) e Amir Johnson (che apre una voragine nel ruolo di 4). A sostituire Williams, apparso in calando già nel finale della scorsa stagione e Vazquez come soluzioni dalla panchina sono arrivati lunghi di esperienza come gli immarcescibili Scola (soprattutto) e Byombo oltre al fratellino dell’altro Wright della Nba dal Draft. Non sarà la stessa cosa e non è detto sia un male. I Raptors hanno poi cambiato pure il lettering delle divise (bruttino il font, rubato da Microsoft Word 98?) e il logo (ma ne abbiamo parlato, con la morte nel cuore, sabato scorso in questo editoriale). La novità più grossa però è che forse Pierce non lo si vedrà per un po’ e questo a Toronto fa tutta la differenza del mondo.
La Stella: Kyle Lowry
I Raptors questa estate hanno elargito contrattoni pure ai magazzinieri (della serie tanto l’anno prossimo sale il salary cap). Passa molto dal backcourt DeRozan-Lowry. I due l’anno scorso “erano” sostanzialmente il terzo attacco della lega. Probabilmente il nuovo corso punta a togliergli responsabilità in attacco (che andranno sulle spalle larghe di un maturato Valanciunas) e che quindi li porterà ad avere meno, nelle intenzioni, la palla in mano limitando gli isolamenti. La riuscita dell’esperimento e l’ago della bilancia della stagione della franchigia dello stato con la foglia d’acero. Se le cose vanno male DeRozan però può scappare per assurdo addirittura a stagione in corso, quindi tra i due l’uomo franchigia dei Raptors resta l’ex play di Houston.
Prospettiva stagionale
Prima dell’ultima mirabolante stagione ad Atlanta si erano abituati a fare da vittima sacrificale del primo turno dei playoff. I Raptors è da un po’ che gioco a fare la squadra da “one and done” dei playoff. Sognare una stagione al livello degli ultimi Hawks è proibitivo ma se tutto va bene, considerato pure il livello della conference almeno il secondo turno pare alla portata. Se tutto va male difficilmente il roster dei canadesi resterà questo fino alla fine e Masai Ujiri potrebbe decidere di lanciarsi in una ricostruzione lenta, di quelle con tanto tanking. Chi ama il basket ed anche i canadesi ne farebbero volentieri a meno.