<<They sleep>>. Questo il titolo della traccia rilasciata da Dame DOLLA lo scorso febbraio, durante la pausa dell’ All Star Game. Dormono, gli allenatori e gli analisti NBA, ma nel cielo sopra il Moda Center una nuova costellazione sta sorgendo, e la sua stella più luminosa ha un nome e un cognome: Damian Lillard.
LA STAGIONE 2015/2016
I Golden State Warriors si sono rivelati un osso troppo duro per i Blazers, costretti ad arrendersi in semifinale di conference contro Curry e compagni essendo riusciti a difendere solo in Gara 3 le mura amiche per evitare lo sweep. Non è certamente un’onta uscire contro la squadra più vincente di sempre in regular season, gli obiettivi stagionali di Portland non prevedevano certo di competere per le Finali di Conference, anzi alcuni analisti (dormienti potremmo dire, col senno di poi) prospettavano per la franchigia dell’Oregon un anno di sofferenza. Con il quinto posto ad Ovest e la fortuna nell’incontrare dei Clippers incerottati al primo turno playoff, Lillard è riuscito a trascinare un team assolutamente inedito dove nemmeno il più ottimista dei tifosi avrebbe sperato, dopo gli addii di Aldridge, Lopez, Batum e Matthews. Tuttavia per non essere additati come fuoco di paglia, i nuovi Trail Blazers dovranno confermarsi al vertice della Western Conference.
LA STAGIONE ALLE PORTE: 2016/2017
Il GM Olshey è andato all-in nella off-season per tentare di rendere la squadra ancora più competitiva e allungare le rotazioni, alzando il monte ingaggi fino a farlo diventare il più alto in Nba e rinunciando alla flessibilità salariale negli anni a venire. Oltre ai sontuosi rinnovi offerti al Most Improved Player C.J. McCollum (106 milioni in 4 anni, a partire dal 2017), al duttile lungo Meyers Leonard e allo swingman Moe Harkless ( quadriennali da poco più di 40 milioni ciascuno), è arrivato dalla free agency Evan Turner con un ricchissimo contratto di 4 anni per 70 milioni, apparentemente per sostituire il partente Allen Crabbe. Tuttavia, con una mossa che ha fatto storcere il naso a molti, Olshey ha deciso di pareggiare l’offerta dei Nets da 74 milioni per la guardia classe ’92. Un rischio molto meglio calcolato è il biennale da 15 milioni complessivi a Festus Ezeli. Il centro ex-Warriors, se sano, potrà garantire la fisicità che manca a Leonard per dare fiato al titolare Plumlee contro gli avversari più fisici, permettendo anche l’impiego di Leonard da “4” nel caso in cui Stotts voglia alzare il quintetto. La profondità in ogni reparto sembra essere la caratteristica chiave su cui il GM ha voluto puntare, forse anche memore degli infortuni degli scorsi anni occorsi ai titolari nei momenti chiave della stagione. Avendo trattato dei lunghi, ricordando oltre ai sovra citati la permanenza di Ed Davis e Al-farouq Aminu, possiamo esaminare gli altri reparti, anch’essi molto affollati. Possiamo presupporre che Turner giocherà da play nei minuti con Lillard in panchina, il meglio in carriera lo ha dato a Boston con la palla in mano per un gran numero di possessi e l’altro nuovo arrivo nel ruolo Shabazz Napier ha dimostrato di faticare nel contesto Nba. L’ex-Boston partirà dunque presumibilmente dalla panchina come sesto uomo, con Crabbe titolare da ala piccola e Harkless a guadagnarsi con fatica i pochi minuti restanti. Stotts proverà a stupire gli avversari con quintetti piccoli e principi di motion offense per allargare il campo, colpire dal perimetro e sgravare le spalle di Lillard e McCollum da qualche peso offensivo.
LA STELLA: DAMIAN LILLARD
La sesta scelta al Draft 2012 è ormai diventata un giocatore capace di trascinare una squadra che aveva perso i 4/5 del quintetto titolare alle semifinali di Conference. Le frequenti dichiarazioni a favore della squadra (<<chemistry gives us a chance to compete in the playoffs>>) non sono per lui mera retorica. Fin dal primo anno in Nba si è imposto per la sua leadership, per la capacità di incoraggiare i giovani e prenderli per mano nei momenti di difficoltà. Tutte le stelle nella lega possiedono un talento speciale, non tutte migliorano i compagni con la loro semplice presenza. Lui sì. Ma non basterà. Nella stagione che sta per iniziare Lillard dovrà innalzare ancor di più la qualità del suo gioco, facendo gli opportuni aggiustamenti in fase difensiva e incrementando le percentuali dal campo (solo nella vittoria in gara 3 contro Golden State è andato oltre il 50%). Se salisse di un ulteriore gradino, potrebbe puntare a qualcosa di più di una semplice convocazione all’All Star Game, in particolare se Portland riuscisse ad avvicinarsi ai primi posti ad Ovest.
LE ASPETTATIVE
Pur ammettendo i vantaggi di un roster così profondo e variegato in tutti i reparti, rimangono dubbi sulla tenuta soprattutto fisica dei Blazers ai playoff, quando le rotazioni si stringono e le responsabilità vengono divise tra i giocatori più pronti ad innalzare il proprio livello di gioco. Probabilmente il fatto di avere alternative valide metterà Stotts al riparo da conseguenze disastrose in caso di infortuni, permettendo a Portland di chiudere con un buon record la stagione regolare. L’obiettivo della dirigenza è il fattore campo al primo turno dei playoff, ma sarà difficile raggiungere il quarto posto nell’agguerrita Western senza un ulteriore salto di qualità da parte di questo gruppo di ragazzi ormai abituati a stupire. In caso di fallimento, bisogna anche ricordare che nelle prossime free agency sarà poco lo spazio a disposizione per altri innesti, avendo ingolfato il cap con rinnovi generosi e scommesse tutte da verificare.
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