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Steph Curry, una stagione incredibile con una macchia indelebile

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Parliamoci chiaro, da Steph Curry ci si aspettava molto di più. Lo diciamo così senza fronzoli: HA DELUSO. E credo che su questo nessuno abbia da obiettare.
Questo fa di lui un giocatore sopravvalutato? Non direi. Fa di lui un perdente? Non penso. Fa di lui “solo un buon tiratore”? Mai cosa più falsa.
Cosa ci rimane di uno Steph Curry che dopo mesi di totale dominio tecnico e mediatico esce perdente dalle Finals?
Quello che ha fatto Golden State durante la stagione, il record, non può essere sottovalutato. Parliamo di qualcosa di storico che pensavamo non sarebbe mai successo, il 73-9. Tuttavia la rincorsa a questo record si è rivelata un clamoroso boomerang perchè in fondo lo scopo della stagione NBA è l’anello non i record e qui gli Warriors e quindi Curry hanno sbagliato molto probabilmente a sprecare energie e Steph, causa infortuni, ha probabilmente pagato maggiormente la cosa. È una scusante valida? ASSOLUTAMENTE NO.
Perchè le finals le abbiamo viste tutti e abbiamo visto emergere dei limiti più che altri caratteriali del doppio mvp. L’arroganza e la sicurezza di se non sempre paga, soprattutto quando sei ben consapevole di non essere al 100% e mai come in queste finali abbiamo visto tanto “mattoni” dell’mvp. Si è adattato alla splendida difesa dei Cavs che gli hanno negato l’area con grande maestria confinandolo al perimetro dove non ha colpito come sa fare.
L’emblema è gara 7 dove una serie di passaggi superficiali hanno concesso punti importanti a Cleveland, iconico il dietro schiena direttamente in tribuna in un momento chiave della partita. Ed è qui che si identifica a mio parere la mancanza di fame. La fame che invece Lebron James e una intera città avevano come non mai. Gli occhi della tigre non si sono visti praticamente mai. Non è assolutamente ammissibile, neanche da Michael Jordan in persona, una superficialità del genere in un momento chiave della stagione e perfino della carriera. Ma dov’è finito l’assassino con la faccia da bambino? Quello che un anno fa lasciava sul posto chiunque girandosi con la faccia cattiva? Ecco più che qualcosa a livello tecnico (che sicuramente è mancato) per me a Curry e a Golden State (escluso Draymond Green) è mancato questo. LA CATTIVERIA. È mi ha molto sorpreso la cosa.
Le critiche ora fioccano è ovvio “sopravvalutato” “solo un tiratore” “siete solo tiro al piccione”. Credo non esistano affermazioni più false ma è il gioco è la Nba ed è “normale” che un Leader si prenda le critiche più pesanti quando non si arriva alla vittoria, anche se spesso ingiustificate.
La stagione di Curry è li in cornice, ma con una macchia sul dipinto. Come Mr Bean che starnutisce rovinando il dipinto di Whistler in una celebre gag. Questo non rende il dipinto meno un capolavoro ma ne rovina la lettura e l’ammirazione. Credo che sia questo che rimane della stagione di Wardell Stephen Curry: un capolavoro sfregiato.
Ma la speranza di tutti gli appassionati di questo gioco incredibile è che questa sia la lezione maestra. Che dagli errori ma soprattutto dalle delusioni si impara molto. E se mancava la fame, dopo aver subito l’onta della sconfitta davanti al proprio pubblico, non può non esserci la voglia di sbranare il prossimo.
Strength in numbers, la forza nei numeri. Ripartire si dai numeri, quelli messi in cascina per una stagione intera e mancati nel finale. Perchè lo sport Usa è crudele e la vera forza sta nel rialzarsi dalle delusioni più grandi.
Noi intanto ci sfreghiamo già le mani all’idea della prossima stagione

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