Nba. San Antonio. Ettore Messina: ‘Sto ancora imparando’, ma non nasconde il sogno da capo allenatore
Perché di imparare non si finisce mai. Neanche se hai alle spalle una splendida carriera europea con la bellezza di 28 titoli vinti. Neanche se ormai sei da tempo nel mondo Nba. Ettore Messina negli Spurs sta ancora imparando.
E come potrebbe essere diversamente con un capo allenatore come Greg Popovich. Un rapporto tra i due nato circa 12 anni fa e che subito è diventato venerazione da una parte e con il tempo fiducia dall’altra. «Il gm Buford veniva a Bologna per seguire Ginobili e da quel momento ci siamo sentiti con frequenza. Dopo Madrid ho passato del tempo con loro tra allenamenti e partite e mi sono sentito apprezzato», ha raccontato Messina a Massimo Lopes Pegna, Gazzetta dello sport. «Mi hanno cercato quando ero ancora al Cska e poi mi hanno richiamato l’anno dopo e mi ha fatto piacere». Poi la fase Lakers e poi quella, anzi, questa, l’attuale: «E’ un ambiente stimolante e sto imparando molto, esempio nella qualità delle uscite dal time out, fondamentale per il risultato ma anche per la credibilità di tecnico. È un sistema che già conoscevo e che racchiude un’idea di fare pallacanestro che ho sempre ammirato e provato a portare nelle mie squadre», ha continuato Messina, che già due volte, proprio per volere di Pop, ha guidato la corazzata in campo, «roba grossa, perché un conto è fare il copilota, un’altra è quando ti fanno accomodare su una Ferrari e ti dicono ‘Adesso vai in pista da solo’». E’ grazie a questi impegni che il coach italiano si è inserito meglio nel club e nello staff: «Pop è uno a cui piace incoraggiare il dissenso, ritiene controproducente che tutti la pensino allo stesso modo, -ha continuato – a volte emergono i nostri background differenti», per esempio quando la squadra è appena a +3 e non fa fallo, «ovvio è argomento di discussione, ma concordo con lui che bisogna avere in campo gente che sappia come fare fallo. Qui la continuità del movimento è valutata diversamente che in Europa, rischi di dare tre tiri in lunetta». Europa, tra le parole chiave per meglio individuare Ettore Messina che spiega però come sia pensiero comune che vincere in Europa sia più facile, anche a causa della scarsa conoscenza di questa realtà cestistica, «ma a San Antonio c’è un’apertura mentale diversa». Fatto è che ora Messina si trova in un altro continente, è assistente, ma non nasconde il sogno da capo allenatore, possibilità che ha sfiorato con Atalanta: «Direi una bugia se non ammettessi che mi interessa, ma chiederei consiglio a Pop e Buford. Ora sono qui, ma vivo alla giornata. Ho un contratto di altri due anni, magari al termine torno serenamente a casa». San Antonio e Italia, il pensiero va implicitamente a un altro di quel mondo, Marco Belinelli: «E’ cresciuto molto, nella soluzione delle conclusioni, nel gioco senza palla, -ha affermato l’assistant coach – si sta impegnando per diventare un miglior difensore, fondamentale per trovare spazio in questa squadra per i play off; spero rimanga con noi a fine stagione, sarebbe un passo in avanti per la sua carriera». Secondo il coach Belinelli è un esempio, insieme con Datome, entrambi rimasti a faticare in America quando sarebbero potuti tornare proprio in Europa senza problemi: guardare a loro per un perdere la voglia «bisogna essere creativi, meno risorse non vuol dire la fine di tutto, – ha detto Messina – il basket italiano avrà un’importante possibilità con la nazionale questa estate, sia politica, sia come stimolo. Parlando di stranieri io sono per la possibilità di libera concorrenza senza quote protette, sarebbe un incentivo per gli italiani». E Messina non si risparmia neanche su un altro compaesano, che proprio lui ha allenato a Treviso: «Bargnani dovrebbe curare meglio le relazioni, perché a volte, per la sua riservatezza, passa per uno che è disinteressato e non determinato abbastanza; mi auguro resti a New York, ha intelligenza, tiro in sospensione e passa la palla».