Un vecchio slogan pubblicitario di una marca di pneumatici era “la potenza è nulla senza controllo”, volendo potremmo adattare lo slogan anche a Michael Beasley, ultimo esempio di come il talento non sia nulla senza la giusta testa a supportarlo. Come può la seconda scelta di un draft e vicecampione in carica finire a giocare in Cina negli Shangai Sharks (complimenti al solito per la fantasia nel nome.), di proprietà di quel Yao Ming simbolo della palla a spicchi asiatica? Riavvolgiamo il nastro. Beasley uscito da Kansas State con la fama di grande rimbalzista e macchina da punti sembrava un talento capace di dominare anche al piano di sopra. Viene scelto alla seconda solo perchè i Bulls non possono esimersi dal chiamare D-Rose e finisce a Miami. Capace di giocare dovunque, cosa che col tempo lo porterà ad avere una pesante crisi d’identità cestistica, Beasley resta a South Beach due anni, si fa anche una stagione da quindici punti ma poi, complici Lebron e la mariujana, va nel freddo del Minnesota. Prima stagione ad altissimi livelli poi tornano i demoni del passato: dipendenza, difficoltà di concentrazione, forse depressione e inizia la sua discesa agli inferi. A Phoenix sembra poter diventare almeno un buon cambio e Miami, bisognosa di punti dalla panchina se lo riprende. Gioca pochino in stagione regolare e ai playoff..è quello seduto in panchina a guardare gli altri. Fa un provino in estate con i Lakers, poi si prende un contratto con Memphis ma è messo troppo male fisicamente e forse anche mentalmente. Non resta che la Cina, sperando in un ritorno alla base a marzo, ma a venticinque anni sembrano già arrivare i titoli di coda per Beasley ed è un vero peccato.