Parte la corsa per le Finals 2020. Ad Ovest tre italiani pronti a dare tutto per la propria Franchigia.
L’attesa sta per terminare. Nella notte tra mercoledì e giovedì si riaprono le danze nella lega di pallacanestro più importante al mondo. Per la sfida di apertura, classico momento di consegna degli anelli dei campioni in carica, subito una sfida tra Conference. Sarà New Orleans a sfidare Toronto alla Scotiabank Arena. Per consumare gli ultimi giorni di attesa Basket Italy propone una preview del panorama NBA e fare il punto della situazione a fronte di una off-season scoppiettante tra free-agency e draft.
Diversi i candidati a sostituire Toronto quale regina delle 30 franchigie nel giugno del 2020. Los Angeles è tornata ad essere prepotentemente metropoli del basket americano grazie alle trade e alle scelte in Free Agency che hanno portato nomi di grande spessore tanto ai Clippers quanto ai Lakers. Difficile prevedere il futuro di Golden State, anch’essa al centro di trattative estive. Il compito più difficile a inizio stagione rimane sempre la previsione delle sorprese. Se fossimo costretti a dover puntare le nostre fish, opteremmo sicuramente per Oklahoma City e New Orleans. Le due franchigie rappresentano senza ombra di dubbio già una rivelazione. A margine delle partenze di Paul George, Russel Westbrook (sponda Thunder) e di Anthony Davis (approdato alla corte giallo viola di Lebron), scambi e draft hanno conferito nuova linfa ai roster che potranno sicuramente giocarsi le proprie carte per arrivare alla post-season. Occhio di riguardo per OKC ed i Pelicans lo avremo certamente per scoprire le potenzialità in NBA di Nicolò Melli, alla sua prima esperienza in Nord America, e al consolidato Danilo Gallinari che, dopo due stagioni, ha salutato i Clippers di Doc Rivers. Con loro, il tifo italiano sarà rivolto agli Spurs di un altro azzurro veterano, Marco Belinelli, autore di una buona preseason.
Northwest Division
Minnesota Timberwolves
Notte fonda a Minneapolis. Una notte senza luna piena per i lupi allenati da Ryan Saunders, costretto a fare i conti con un roster ancor più indebolito dopo la partenza di Derrick Rose. Difficile aspettarsi una stagione di livello da parte dei T-Wolves che assistono al lento sgretolamento del talentuoso organico coltivato dal 2015. Dopo aver detto addio a Rubio, LaVine e Rose, al branco del Mid-West è rimasto Karl-Anthony Towns quale vero pilastro a cui aggrapparsi. Il rumoreggiato malcontento del 32 non aiuta la franchigia a guardare positivamente al futuro. Un one-player team come tanti se ne sono visti nel corso degli anni. Un ritorno al passato per Minnesota, quando Kevin Garnett prese per mano un pull di giocatori di buon livello ma che difficilmente potevano ambire con frequenza alla fase eliminatoria. Towns possiamo al momento definirlo il Lone Wolf nella steppa di Minneapolis, in attesa di capire se Andrew Wiggins sarà in grado di invertire l’involuzione della scorsa annata, causando parecchi dissapori nei tifosi. Una stagione complessa per Saunders confermato quale head coach dopo aver preso il posto di Tom Thibodeau a stagione in corsa. Occorre tempo ai Timberwolves per poter ululare alla luna come ai tempi di KG.
Utah Jazz
Positività nell’aria a Salt Lake City. Dopo l’impressionante passata stagione, il management dei Jazz ha lavorato con serenità e saggezza nella off season per garantire all’head coach Quin Snyder un ulteriore step di crescita, preservando al meglio la squadra da terremoti e impreviste partenze. Salutando Ricky Rubio e Kyle Corver (partiti rispettivamente verso Phoenix e Millwaukee) i Jazz hanno aggiunto componenti importanti per la creazione di quello che Shaun Powell (editorialista per NBA.com) ha definito “il miglior quintetto titolare dall’era Stockton-Malone”. Con Conley (arrivato da Memphis via trade) e Bogdanovic (firmato in free agency) Utah ha aggiunto tanta qualità nella fase offensiva. Interessanti anche i colpi estivi di Ed Davis, Jeff Green ed Emmanuel Mudiay. Solo il campo potrà dirci quanto i riforzi, passati sotto traccia rispetto alle blasonate firme in casa Lakers, Clippers e Nets, saranno in grado di offrire un miglioramento rispetto alla stagione scorsa. Rudy Gobert, vincitore del defensive player of the year 2019, continuerà certamente ad essere il fulcro del team grazie alla sua esperienza sotto canestro, a un incredibile atletismo e a una fisicità eguagliabile da pochi pivot della lega.
Portland Trail-Blazers
Dopo anni di grande qualità, Portland ha sperato fino alla fine di raggiungere le Finals NBA seguendo la rotta tracciata dalla All Star Damian Lillard e da CJ McCollum. Purtroppo la corsa all’anello si è infranta contro Golden State in finale di Conference. Certamente un ottimo risultato quello raggiunto, frutto di anni di esperienza e grande gioco mostrato al Moda Center. Confidando nell’attaccamento alla maglia di Lillard (per il quale è stato raggiunto il rinnovo fino al 2025) e ritoccando l’ingaggio di McCollum con con consistente rinnovo, i Blazers hanno puntato all’implementazione di giocatori di spessore per supportare il magnifico duo. La scelta di Hassan Whiteside, ottenuto mediante trade dagli Heat, porta con se incognite e prospettive. L’implementazione di un carattere come quello del centro trentunenne, comporterà un grande lavoro sulla coesistenza con Nurkic. In cerca di maggiore spazio anche Kent Bazemore, arrivato da Atlanta e consideranto dal management un importante asset atletico in questa stagione. La primavera scorsa a infrangere i sogni di gloria di Lillard e McCollum furono nella sostanza i tanti infortuni che palesarono tutti i limiti che impedivano a Portland di competere per il titolo. Solo al termine della post-season sarà possibile comprendere se la stagione scorsa rimarrà negli annali quale limite invalicabile o il trampolino per la piena maturità di questo ciclo dei Portland Trail Blazers.
Denver Nuggets
A fare le spese della straordinaria stagione di Lillard e compagni sono stati i Nuggets. A margine di una solida stagione regolare, Denver si è arresa nel secondo turno di Playoff. Ciò non ha però gettato ombre sulla costante crescita del team di Nikola Jokic. Sul mantenere viva la lenta progressione della franchigia si è concentrata la dirigenza che ha scelto di puntare tutto sul centro serbo e su Jamal Murray, dimostratosi grande spalla del numero 15. Limitate le uscite a Isaiah Thomas e Tyre Lyles, Denver ha scelto inoltre di tenersi stretta Paul Millsap, andando contro l’opinione di tanti che non considerano il lungo trentacinquenne un asset sul quale investire spazio salariale. Il controverso rinnovo rientra perfettamente nell’ottica di crescita dei titolari più giovani, garantendo qualità nella rotazione e senza danneggiare economicamente più di tanto il team. Nel valutare le chance di ciascun team di aggiudicarsi uno degli otto slot playoff c’è sempre da considerare l’esponenziale crescita di entrambre le sponde di Los Angeles. Denver rientra però senza alcun dubbio nel lotto di candidate alla post-season.
Oklahoma City Thunder
A concludere la Northwest Division abbiamo scelto uno dei team che maggiormente ha rischiato negli spostamenti estivi. Le trade che hanno portato via da Oklahoma due pilastri come Paul George e Russel Westbrook hanno determinato arrivi interessanti. L’accordo con Houston ha risolto i problemi di spogliatoio del team texano, portando in cambio dell’MVP di due anni fa, un playmaker con grande esperienza e intenzionato a dire ancora la sua nella lega: Chris Paul. Dai Clippers arriva invece il nostro Danilo Gallinari, pronto a mettere a disposizione il suo talento, mostrato con ogni maglia indossata in carriera. La conclusione dell’avventura nella “città degli angeli” porta con sé opportunità nuove per il Gallo, stimato nella lega per la sua peculiare versatilità. OKC può sorridere parzialmente in un’estate che avrebbe potuto essere ancor più invalidante. Sicuramente un punto di partenza per guardare al futuro prossimo. Necessario ben figurare questa stagione e al contempo lavorare dietro le quinte per costruire i Thunder del domani senza Chris Paul. Eguagliare quantomeno il risultato dello scorso anno appare di estrema importanza per mantenere il timido sorriso lasciato da questa estate di trasferimenti illustri.
Southwest Division
Memphis Grizzlies
Ricostruzione. Con questo abusato termine è sensato definire la condizione dei Grizzlies in attesa della prima palla due. Valanciunas ha ereditato il patrimonio lasciato da Gasol nella città di Elvis, diventando punto fermo per la crescita di tanti giovani. La vera novità dell’estate si è concretizzata nel cambio al vertice del management voluto dal proprietario Robert Pera, intenzionato a rivoluzionare gli schemi, costruire una nuova visione e far fare ai suoi Grizzlies lo step decisivo per diventare una piazza importante nella lega. Con Conley partito per lo Utah, Memphis ha puntato alla crescita dei giovani, aggiungendo Morant e Clark alla “cantera” capitanata da Jaren Jackson Jr. Con il nuovo presidente, Jason Wexler, e Zach Kleiman come vice president for basketball operations, il team proverà ad impostare una vera ricostruzione. Il ruolo di Andre Iguodala? Apparentemente una pedina di scambio per ottenere giocatori o pic che servano in maniera più decisiva alla crescita del team. Nel frattempo i fans dei Grizzlies dovranno tener duro e consolarsi con la nuova terza maglia retro in onore del periodo a Vancouver.
Dallas Mavericks
Mark Cuban e i Mavericks hanno detto addio a Dirk Nowitzki, il più importante giocatore della storia del team. Dopo oltre 20 stagioni da istrione il lungo tedesco ha lasciato la sua eredità nelle mani dei giovani. Doncic, come evidenziato nel suo editoriale da Shaun Powell su NBA.com, pare essere il vero successore del 41. Dopo aver vinto tutto nel vecchio continente, l’approdo in NBA della guardia slovena si è conclusa con la conquista del premio di miglior Rookie dell’annata. La squadra di Cuban si è dimostrata pronta a salutare Nowitzki, in modo da iniziare una nuova epoca sin da questa stagione. In tale ottica si inserisce lo scambio che ha portato in Texas l’unicorno lituano Porziņģis. Lo scetticismo sul recupero dall’infortunio al ginocchio deve ancora essere allontanato completamente ma la preseason giocata dall’ex Knick pare dare buone speranze. Nell’estate Cuban e la dirigenza hanno provato a strappare una delle All Star finite in Free Agency. Il fallito assalto a Leonard, Butler o Walker, ha comportato la chiusura di accordi per Marjanovic, Seth Curry e Wright, innesti che aggiungono qualità alla rotazione. Doveroso per i Mavs avere una stagione lievemente sopra le aspettative. Obiettivo minimo per ricostruire il brand che sogna di tornare alla gloria dopo il titolo di quasi 10 anni fa.
New Orleans Pelicans
Salutare Davis era compito complicato per tantissimi a New Orleans. L’incubo di abitare il fondo della classifica dopo la trade appariva ben più di uno spettro da evitare grazie agli innesti mandati dai Lakers in cambio del numero 3. I cambi manageriali, resi necessari dalla bizzarra gestione di Davis nella seconda metà della stagione scorsa, hanno sbloccato la situazione, dando modo alla franchigia di far tesoro degli errori e capitalizzare la partenza. David Griffin, nuovo comandante della nave Pelicans, ha ottenuto il massimo dai Lakers con Ingram, Ball e Josh Hart. Oltre a ciò, il nuovo VP for basketball operations, ha assicurato al team scelte ai futuri draft. Proprio da una di queste pic è arrivato il nome che ha portato buon umore nella Big Easy. C’è grande entusiasmo per la prima scelta, Zion Williamson, proveniente da Duke e dimostratosi nella pre-season subito pronto. Zion sarà purtroppo costretto ai box per un problema al ginocchio maturato nelle gare pre-stagione giocate a mille. Necessario quindi saper gestire le proprie energie e la consapevolezza di essere un numero 1. Troppi gli esempi che avrebbero consigli da dare alla giovane ala di Salisbury, Nord Carolina. La qualità del cecchino J.J. Redick, avanti con l’età ma pur sempre un ottimo asset dalla linea da tre, è ulteriore valore aggiunto al team. Occhio di riguardo verso New Orleans, per i tifosi italiani, per l’aggiunta di Nicolò Melli, che si è conquistato l’approdo in NBA dimostrando il suo valore a livello europeo. Congratulazioni quindi a David Griffin per aver salvato i Pelicans. Ora inizia la nuova fase del progetto: far crescere i tanti giovani insegnando loro la maniera adeguata per essere le All Stars del domani.
San Antonio Spurs
L’anno concluso con la sconfitta nel primo turno di Playoff chiude la prima stagione dopo l’addio all’ultimo dei grandi vecchi che hanno traghettato la franchigia verso grandi successi. Senza Manu Ginobili, Anthony Parker e Tim Dunkan, gli Spurs hanno agganciato i playoff mettendo un altro mattone nella grande storia di coach Greg Popovich sulla panchina nero-argentata. Su di lui sono state poste le attenzioni della dirigenza questa estate. Il rinnovo triennale di Pop, ha garantito alla franchigia la stabilità che nel corso degli anni i texani hanno saputo garantire ai tifosi, resistendo ottimamente alla fisiologica altalena sportiva di alti e bassi. Un organico scarsamente ritoccato questa estate (DeMarre Carroll unico innesto di spessore), con Aldridge, DeRozan e il veterano Rudy Gay a guidare una squadra con tanta sostanza. Tredicesima stagione nella lega per il nostro Marco Belinelli. Il 33enne di San Giovanni in Persiceto è partito molto bene nel pre-stagione, dimostrando di poter garantire al Pop la qualità necessaria a supporto degli All Star. Impossibile escludere gli Spurs dalla corsa Playoff, mancata solo una volta con il nuovo capo tecnico della nazionale USA sulla panchina.
Houston Rockets
Tornano a fare squadra dopo 7 anni James Harden e Russell Westbrook. L’arrivo dell’MVP 2017 alla corte di Mike D’Antoni si è concretizzata grazie a due fattori che hanno animato la off-season. La scelta dell’ex OKC diveniva quasi naturale per Houston dopo la firma con i Clippers per Leonard e Paul George. A concludere l’accordo ha inciso anche il malumore sorto tra Harden e Paul, protagonisti in maniera differente nella stagione conclusa in semi-finale di Conference ancora una volta contro i Warriors di Curry. Naturale quindi l’incastro per i Rockets che potranno fregiarsi di due delle All Star che stanno definendo questa “golden age” per le point guard della lega. Al contrario di Paul, continuamente alle prese con infortuni, Harden ha regalato ai tifosi una nuova emozionante stagione con percentuali realizzative fuori dal comune. Affiancando il maestro dello “step back” e Russel Westbrook, Houston si è guadagnata le attenzioni da parte di tutti gli addetti ai lavori. Per arrivare a giugno sarà necessario trovare con coach D’Antoni la migliore strategia di gioco per amalgamare il duo e garantire la massima efficienza dimostrata negli anni da entrambi. Con tutta l’attenzione puntata su sui due, quasi in secondo piano sono passate le aggiunte del grande vecchio Tyson Chandler e dell’ex guardia di Sacramento, Ben McClemore. Una seria candidata alle Finals si affaccia dunque sul Golfo del Messico. Numerosi però dovranno essere gli astri allineati per far passare alla storia il sofferto addio di Westbrook a OKC la scelta giusta per la definitiva consacrazione di due dei più grandi play della storia della Lega.
Pacific Division
Sacramento Kings
Per i Kings sta per iniziare una nuova stagione all’insegna della continuità con il recentissimo passato. Ceduto anche Cauley Stein, ultimo rappresentante della Sacramento costruita attorno a DeMarcus Cousins, quinta scelta assoluta dello strepitoso draft 2010, la continuità per Sacramento passa ancora una volta attraverso i giovani. Con l’aggiunta in free agency di un veterano come Trevor Ariza, Sacramento punta alla crescita delle nuove leve che hanno provato la scorsa annata alla dirigenza di poter essere future bandiere. De’Aaron Fox, Buddy Hield e Marvin Bagley III hanno impressionato tanti esperti grazie alla sorprendente capacità di lettura del gioco in momenti critici e alla maturità nella fase di attacco. Importante nel processo di crescita per i Kings ha contribuito anche Deadmond, preso da Atlanta nel 2019 ed al quale verrà affidato il compito di trascinatore della franchigia. Pronto a fare ancora meglio è Bogdan Bogdanovic che lo scorso anno ha dimostrato di essere un ottimo sesto uomo. Come sottolineato da Powell, singolare la scelta di sostituire l’allenatore che per primo iniziò l’era della continuità nella capitale della California per prendere il 2 volte campione NBA da giocatore, Luke Walton, giunto al termine del rapporto con i Lakers. È ragionevole pensare che la proprietà di Sacramento voglia sperare in un potenziale boost alla crescita dei propri talenti?
Phoenix Suns
Se a San Antonio è stato allungato il sodalizio tra Greg Popovic e il team 5 volte campione NBA, a 980 miglia di distanza, nel deserto dell’Arizona, i Suns scelgono ancora lo scossone tagliando il proprio capo tecnico. La speranza di dare a Devin Booker, capace di mantenere livelli realizzativi sopra i 30 punti di media per tre delle quattro stagioni giocate, un team in grado di raggiungere dopo nove anni il traguardo Playoff è stata anche questa volta uno dei principali fattori di questo shake up. Monty Brown sarà alla guida di un team rivoluzionato dall’arrivo di Ricky Rubio (il cui contratto ha fatto discutere tanti addetti ai lavori) e di Dario Saric (arrivato da Minneapolis in cambio di scelte al draft). Nel corso del tempo i Suns hanno compiuto scelte alla Lottery estiva risultate essere scarsamente redditizie. Booker ed Ayton rappresentano eccezioni sulle quali fare affidamento questa stagione insieme ai due nuovi arrivati. Tantissimi si domandano se l’ennesimo scossone estivo porterà finalmente Phoenix all’oasi Playoff dopo anni di marcia nel deserto.
Golden State Warriors
Dopo più di 40 anni, i Warriors hanno detto addio alla storica Oracle Arena di Oakland per spostarsi dall’altra parte del Bay Bridge. Nonostante la curiosità per il Chase Center, nuovo tecnologico tempio del basket americano, c’è incertezza nella Bay Area. Difficile scegliere cosa determinerà in positivo o in negativo la stagione tra partenze illustri, arrivi e infortuni. La scelta fatta da Durant chiude la seconda parte del dominio della lega durato sei anni. Si trascinano le polemiche sulle parole rilasciate al Wall Street Journal dal nuovo numero 7 di Brooklyn, definitosi parzialmente deluso per l’incapacità nel trovare se stesso in California. Sicuramente i titoli di campione NBA potranno offrire consolazione a KD nei prossimi mesi di rehab sulla costa atlantica. Chi non ha mai nascosto la propria rinascita a San Francisco è stato Andre Iguodala, inserito quale pedina di scambio nel traffico di trades estive che lo hanno portato a Memphis. Con l’addio di Demarcus Cousins dopo una sola stagione si conclude la sezione addi per Kerr, alle prese con altri contrattempi. L’infortunio di Klay Thompson nei Playoff, infatti, ha posto un’altra ingombrante ombra sulle possibilità di gloria dei Golden State. D’Angelo Russell e Cauley Stein avranno un duro compito specialmente nella prima fase di stagione regolare. Tanti i dubbi sulle possibilità per l’ex guardia di Brooklyn, che a soli vent’anni affronta il secondo trasferimento da una parte all’altra del continente, di entrare ottimamente nel sistema di gioco di Kerr. La scelta di Cauley Stein per affiancare Draymond Green convince ancora meno, alla luce della mancata completa maturazione del lungo a Sacramento. Dovendo scegliere solamente tre contendenti che ad Ovest possono bramare il titolo di campione NBA, probabilmente Golden State si contenderebbe faticosamente con Houston il gradino più basso di questo ipotetico podio.
Los Angeles Clippers
Due sono state le vere regine della Free Agency: i Los Angeles Clippers ed i Brooklyn Nets. Il lavoro sul mercato dei Lakers di LeBron è certamente stato di grande livello. La trade di Davis aveva, nelle intenzioni, un duplice obiettivo: consegnare a James una giovane All Star e convincere altre stelle della free agency a puntare al titolo vestendo di giallo e viola. Ciò non ha però dissuaso Leonard dal giocare per i Clippers, squadra tifata in famiglia quando ancora la sua stella doveva nascere. Paradossalmente, l’obiettivo cercato invano dai Lakers, è stato centrato dai cugini allenati da Doc Rivers, che hanno portato nella “città degli angeli” un’altra All Star: Paul George. Sacrificando giocatori importanti per la franchigia nel processo di smantellamento dell’asse Paul-Griffin-Jordan come Danilo Gallinari, è stato necessario per completare una oculata gestione dello spazio salariale per accogliere le due nuove stelle. La cessione ai Sixers di Tobias Harris a febbraio rientra perfettamente in questa strategia. I Clippers sono giudicati da diversi esperti della Lega quali futuri eredi al trono di campioni del mondo. L’ampio ed esperiente roster cha ha accolto George e Leonard può garantire a Doc Rivers compattezza su tutti i versanti. Lo Staples Center quest’anno sarà animato da basket di altissimo livello, con due squadre dotate di quel che serve per alzare il Larry O’Brien Trophy a giugno.
Los Angeles Lakers
Tanti esperti e cronisti concordano su un semplice punto: la strada per il titolo NBA passa dalla metropoli californiana. Opinioni discordanti invece sulla sponda che si giocherà le Finals contro la campionessa di Conference sulla costa atlantica. L’arrivo del fresco campione NBA Leonard e di Paul George porta tanti a supporre che tra le due franchigie cugine sarà quella di Doc Rivers ad andare più lontano. Il duro lavoro dimostrato dall’ex Raptors nella conquista del primo anello, unito a un roster ben bilanciato tra esperienza e atletismo, sembrerebbe essere una ricetta imbattibile da LeBron e compagni.
Per la prima volta dopo anni il Chosen One non ha preso parte ai Playoff. Il risultato ottenuto della franchigia ha risentito largamente dell’infortunio che ha costretto proprio il re di Akron a stare lontano dal campo. Senza di lui i Lakers hanno mostrato tutta l’impreparazione dei giovani nell’ovviare alla mancanza del cardine del sistema di gioco. Proprio su questo punto è necessario analizzare il lavoro fatto in estate e assimilare la precedente annata. Specialmente nel secondo stint a Cleveland, LeBron ha mostrato tutta la sua ambizione per la conquista dell’anello utilizzando la propria posizione di All Star consolidato e pretendente al nome di Greatest of All Time per far muovere la franchigia in modo da assecondare la sua sete di gloria. La metà “politica” di James ha certamente inciso sulla costruzione dei nuovi Lakers. La trattativa per Davis non è che il primo mattone del lavoro. Ingram, Hart e Ball (parte dello scambio che ha mandato su tutte le furie il padre-manager Lavar) sono stati sostituiti con nomi di livello per aumentare le chance di vittoria a fine stagione. Un sacrificio di buona parte del futuro prossimo per strappare Danny Green, Avery Bradley e Jared Dudley dalla free agency, necessari a garantire punti e buon gioco al re. Al lotto di acquisizioni si aggiunge anche DeMarcus Cousins, giunto al naturale crocevia del rinnovo con Golden State, poco intenzionata a trattatenerlo. Il brutto infortunio estivo costringerà tuttavia l’ex centro di Sacramento a guardare la stagione interamente dalla tribuna dello Staples Center. Al suo posto la dirigenza ha trovato nello svincolato Dwight Howard il nome per fronte all’imprevisto. Il ritorno del Superman ha il sapore di ultima chance per un giocatore che dalla vetta della lega ha toccato il fondo del taglio estivo dai Grizzlies. Il grande lavoro per trovare una condizione congrua alle ambizioni di titolo a Los Angeles hanno convinto la dirigenza a riaccogliere il 3 volte Defensive Player of the Year. Poco altro da aggiungere sui Lakers del secondo anno di James. A poco serve rimarcare la centralità di Anthony Davis sotto canestro e l’importanza di una panchina davvero lunga e piena di qualità. Kuzma e Rondo comporranno quasi certamente il quintetto titolare con Green, Davis e LeBron.
Con l’ampia presentazione dedicata ai Lakers si chiude la preview della Western Conference. Prossimo appuntamento con l’analisi della Eastern Conference sull’altro emisfero del mondo NBA. Buon basket a tutti!