Archiviato il Mondiale di Spagna con il back to back di Team USA in finale sulla Serbia, BasketItaly propone ai suoi lettori il proprio personalissimo best five della rassegna iridata.
CENTRO – Pau Gasol: La Spagna padrona di casa è stata la più cocente delusione di questa manifestazione. L’uscita ai quarti ad opera della Francia però non deve offuscare ciò di buono aveva fatto trapelare l’equipe di Orenga nella fase a gironi, tanto che molti addetti ai lavori avevano sovvertito il pronostico trasformando gli iberici nei nuovi favoriti. Artefice principe di un cammino da schiacciasassi nel Gruppo A è stato il nuovo acquisto dei Bulls Pau Gasol. Il catalano era chiamato a un’ultima cavalcata in divisa roja e di certo non ha tradito le attese: fulcro delle azioni offensive e leader difensivo in più di un’occasione. Quando ne ha voglia il buon Pau può ancora dettare legge nel pitturato.
ALA FORTE – Kenneth Faried: In primis doveva essere il Team USA di Kevin Durant, poi quello di Paul George ed infine quello di Derrick Rose ma alla fine l’anima della squadra di Coach K è stato senza ombra di dubbio Manimal. L’ala di Denver ha messo al servizio della sua nazione l’atletismo e l’esplosività che lo contraddistingue e, sebbene non sia mai stato il terminale offensivo americano, è stato lui spesso a dettare la strada e a infondere determinazione al team, grazie a giocate di pura forza ad alto tasso spettacolare.
ALA PICCOLA – Boris Diaw: Il campione NBA, orfano del suo compare Tony Parker è stato il vero emblema della Francia. A dispetto di una forma atletica non invidiabile ha sfornato una serie di prodezze degne del migliore Houdini. I suoi canestri e la sua visione di gioco hanno affossato le velleità di titolo dei padroni di casa. La sua peculiarità di poter coprire tutti e cinque i ruoli sul parquet ha permesso poi di far alzare l’asticella a giocatori in cerca di una guida (leggasi Batum) e ad altri di mostrare prestazioni ampiamente sopra alla propria portata (leggasi Huertel) In più di una volta è sembrato predicare nel deserto, ma la sua classe cristallina è stata la causa principale della prima medaglia transalpina nella storia dei Mondiali
GUARDIA – Milos Teodosic: Sasha ha cucito per lui questo non nuovo ma inconsueto ruolo nella sua Serbia affiancandogli in cabina di regia Stefan Markovic. L’ex Olimpia e Fortitudo è stato ripagato soprattutto nella fase ad eliminazione diretta con prestazioni da incorniciare sia dal punto di vista balistico che per quanto riguarda le assistenze. Per una volta il giocatore del CSKA Mosca ha zittito tutti i suoi detrattori che gli imputano di sciogliersi come neve al sole nei momenti più caldi della stagione. Seppur uscito malconcio dallo scontro diretto in finale con Irving il suo talento avrebbe meritato il palcoscenico della NBA – non a caso in passato si è parlato di un interessamento dei Grizzlies per lui.
PLAYMAKER – Goran Dragic: Se mezza NBA ha messo gli occhi sul talento dei Suns un motivo ci sarà. Insieme a suo fratello Zoran (che non a caso è corteggiato proprio da Phoenix) ha rappresentato più della metà dell’arsenale a disposizione della Slovenia. Visione di gioco, affidabilità nel tiro e buona difesa sono tutte caratteristiche che potranno fargli fare un ulteriore step anche oltreoceano. Il suo cammino si è fermato contro Team USA ma i “verdi” per due quarti sono riuscii a battagliare quasi alla pari.