Russia-Serbia 79-87 (20-25; 34-48; 57-66)
Quando gli avversari ti alitano sul collo e minacciano di riagguantarti, consegnare il pallone a Bogdan Bogdanovic non è una buona opzione: è la migliore scelta in assoluto. Prossimo allo sbarco in NBA, la guardia serba non perde occasione di dimostrare quanto sia decisivo in ogni istante trascorso in campo. Lui è l’anima dello strappo, rivelatosi decisivo, nel secondo quarto di questa semifinale; lui quello che rimette le cose a posto quando, uscito per problemi di falli, la Russia nel terzo quarto piazza un 11-0 che pare riaprire i giochi. Ed è di nuovo lui, quando Shved e compagni stanno facendo il diavolo a quattro per tentare il colpaccio (-2 palla in mano sul 73-75) a rimettere distanza tra le parti, con un paio di giocate semplicemente geniali. I 24 punti con il corollario di 4 assist, 3 rimbalzi e 2 rubate spiegano solo in parte la centralità dell’ex compagno di squadra di Gigi Datome nelle fortune serbe. Come condiziona i movimenti delle difese, la serenità che dà ai compagni, la libertà di cui godono per via dei preoccupati raddoppi subiti dal numero 7 di Djordevic, permettono alla Serbia di spuntarla in una semifinale divenuta improvvisamente serrata, quando pareva essersi instradata su binari relativamente sicuri. Toccato il +16 (26-42 e 32-48) nel secondo periodo, quando un monumentale Shved (33+5 assist) rimaneva solo nella tempesta di maglie rosse e fioccavano contropiede a ripetizione verso l’indifeso canestro russo, la Serbia si smarriva appena il suo capobranco andava a sedersi dopo aver commesso il terzo fallo. Era evidente la perdita della bussola e la contemporanea ripresa di vigore degli uomini di Bazarevich, che ritrovavano il filo del discorso e si permettevano trame offensive finalmente veloci e imprevedibili. A complicare di molto la vita ai serbi, una volta ritrovato il vantaggio in doppia cifra, era nell’ultimo periodo il quarto fallo di un sin lì ottimo Marjanovic (18+6 rimbalzi+4 assist), impossibile da fermare quando alzava le braccia ad altezze inarrivabili per chiunque altro sul parquet. La sua visione di gioco e le ottime qualità di passatore hanno frustrato i russi ogni qual volta riuscivano a contenere dignitosamente sul perimetro (dove la Serbia, in effetti, ha inciso poco, 7/19 da 3). Terrificanti invece le percentuali in area, un 70% spalmato equamente per tutta la gara. La costanza di rendimento, esclusi gli svarioni nei periodi di riposo concessi a Bogdanovic, e il consueto controllo dei tabelloni (26-34) hanno disinnescato le fiammate russe; negli sprazzi in cui Mozgov (11+9 rimbalzi), Shved e Vorontsevich (14+4 rimbalzi) sono entrati in temperatura contemporaneamente, il clamoroso ribaltone non è parso così improbabile. Ma, appunto, non si erano fatti i conti con Boganovic, l’unica risposta possibile nei momenti di difficoltà. L’uomo a cui Djordevic si aggrapperà, insieme a Marjanovic, per tentare di battere una Slovenia che appare leggermente favorita in finale per quanto mostrato finora.