Dopo le parole del presidente Petrucci rimane un lumicino di speranza per vedere la Nazionale in Spagna, anche se tra il dire e il fare ci sono in mezzo un sacco di quattrini.
Cinquecentomila dollari, per la precisione: è questo il costo minimo di una Wild Card per il Mondiale. Da qui la ricerca, ironica ovviamente, di uno “sponsor” che contribuisca ad alleviare il peso che andrebbe a ricadere sulle casse FIP. La marca della cedrata ridiventata famosa grazie alla Nazionale, è anche uno specchio di quanta fatica faccia il basket (o qualsiasi altro sport che non sia il calcio) ad attirare sponsor, anche per eventi come gli Europei. La Rai infatti è stata “costretta” a rimandare sempre lo stesso promo della Tassoni, per evidente mancanza di alternative. Tornando al parquet, l’Italia meriterebbe, almeno moralmente, di andare al Mondiale e sarebbe davvero un peccato non sfruttare l’ondata di entusiasmo che questi Europei hanno scatenato in tanti appassionati, relegando gli Azzurri a giocare le qualificazioni all’Europeo. In attesa di vedere come si evolve la situazione, proviamo a capire perché non ci siamo qualificati sul campo.
L’Italia dopo una prima fase perfetta, conclusa con 5 vittorie in 5 partite, si è bloccata e ha raggranellato solo una vittoria con la Spagna, in una partita che non contava nulla ai fini della qualificazione. Il bilancio di una vittoria e 5 sconfitte nelle ultime 6 partite non è certamente lusinghiero e potrebbe inficiare il giudizio su questi Europei. Partiamo da una premessa però: l’ottavo posto conquistato, le semifinali sfiorate contro la Lituania (che ce ne aveva dati venti un paio di settimane prima) sono risultati che difficilmente ci si sarebbe potuti aspettare prima del 4 settembre. Quindi tutto quello che hanno fatto i ragazzi e lo staff è indubbiamente un’impresa.
La prima spiegazione per un calo nei risultati è indubbiamente la più semplice: gli avversari erano più forti di quelli incontrati precedentemente. Anche la maturazione degli avversari era diversa, visto che Croazia, Ucraina e Serbia (tre squadre che, personalmente, erano alla nostra portata) sono costantemente cresciute durante la manifestazione, limando i proprio limiti e acquisendo una sicurezza nei propri mezzi differente rispetto alle prime partite. Il lavoro dei tre allenatori è stato perfetto in questo senso, sopratutto per Serbia e Ucraina, con Ivkovic che si è ritrovato una squadra di terze e quarte scelte e Mike Fratello che sta lavorando egregiamente per preparare la squadra in vista dell’Europeo in casa del 2015. All’Italia è mancata quindi durezza mentale o comunque non è stata sempre al top a livello di testa come le compagini affrontate? No. La squadra è sempre stata tenuta sul pezzo dal ct Pianigiani, anche con tempi di recupero minimi, se non nulli (vedi Italia-Ucraina 15 ore dopo Italia-Lituania). A livello mentale, l’unica mancanza, è stata l’apporto del pubblico che nella prima fase era stato eccezionale, visto che la Bonifika Arena di Koper era sempre strapiena del tifo azzurro. Diversa la situazione a Lubiana, dove abbiamo pagato in termini di tifo sia da Slovenia e Croazia, e ci mancherebbe altro, ma anche dalla Lituania. Passare da un’arena che tifa per te a 13.000 tifosi che ti urlano contro ha inciso, nonostante non sia stato questo il fattore principale a precludere la partecipazione al Mondiale.
La crisi di risultati dell’Italia è dovuta principalmente a due fattori: il gioco e le rotazioni ridotte. La scelta di Pianigiani di impostare il gioco sul pick and roll centrale e sul penetra e scarica è stata dettata dalla necessità, visto che con questo roster a disposizione era difficile pensare a qualcosa di diverso. Nessuno dei giocatori portati aveva infatti una dimensione interna e gioco-forza dovevi trovare punti in un altro modo. Il problema di quest’idea di pallacanestro è che è molto dispendiosa, soprattutto in un Europeo che ti fa giocare ogni giorno e che ti toglie energie extra quando sei più piccolo come noi. Questa situazione si è verificata in modo chiarissimo contro l’Ucraina, quando i nostri esterni, palesemente senza energia, si facevano stoppare facilmente dai lunghi slavi, che dovevano solo alzare le braccia per spedire la palla in tribuna. Inoltre, non avere pericolosità interna, permetteva alle difese avversarie di concedere qualcosa ai nostri lunghi, mantenendo alta la difesa sul perimetro. Una migliore difesa sugli esterni obbligava i nostri a muoversi di più e quindi a consumare più energia. Finché ce n’è stata non era un problema, poi le rotazioni ad otto si sono fatte sentire. Questo è un altro punto dolente della spedizione slovena: pensare di giocare in otto un Europeo così strutturato è da folli. Eppure una follia obbligata. Le continue defezioni hanno obbligato lo staff a ripensare la squadra due volte, togliendo sempre giocatori da almeno 20′ di utilizzo e obbligando a reinventarsi il playbook due volte. Oltre questo, la qualità delle riserve non era la stessa e Pianigiani si è fidato poco di mandarli in campo. Se nella prima fase i minuti per i vari Vitali, Rosselli, Poeta erano stati sì contingentati, ma almeno questi ultimi avevano visto il campo, nella seconda hanno solo agitato asciugamani. Pianigiani non è nuovo a questo genere di situazioni, visto che anche a Siena nei momenti più caldi e nelle partite più importanti andava sempre e solo con i suoi uomini di fiducia. Questo è stato forse l’errore più grande del ct, che non ha avuto il coraggio di rischiare giocatori che magari non possono stare per molto tempo in campo a questo livello, ma che in 2-3-4 minuti avrebbero dato fiato ai titolari. Questo discorso riguarda sopratutto la partita contro l’Ucraina, dove almeno nel primo tempo si doveva dare spazio alle riserve, che erano di certo più fresche e magari più pronte mentalmente dopo il quarto di finale della sera prima. Inoltre ruotare più giocatori avrebbe anche mantenuto alto il livello difensivo, visto che i continui raddoppi necessari per limitare il gioco in post degli avversari richiedono uno sforzo extra. Se a questo aggiungiamo che tra gli esterni non abbiamo avuto grandi difensori, averli più riposati e magari più lucidi nei momenti topici magari avrebbe regalato qualche speranza in più alle nostre rimonte. A riprova di questo la partita contro la Slovenia, dove la coperta era sempre corta e il pick and roll di Goran Dragic ci ha fatto malissimo, incominciando ad incrinare le certezze fin lì acquisite. Un Cusin monumentale non è riuscito a nascondere tutte le lacune endemiche della squadra, che finché è riuscita a correre e a raddoppiare in difesa ha vinto. Sempre riguardo la difesa, anche il fatto di non aver mai tentato la zona ha lasciato qualche dubbio tra gli addetti ai lavori. Probabilmente lo staff ha pensato che avremmo pagato eccessivamente la taglia fisica ridotta, soprattutto a rimbalzo. Un tentativo si poteva comunque fare, non lasciando nulla di intentato.
Questo ovviamente non vuole sminuire la prova che abbiamo offerto in Slovenia, ma anzi se possibile farla risaltare di più, visto che nonostante queste difficoltà siamo arrivati ad una vittoria dai Mondiali, un traguardo insperato. Il problema è che dopo il primo girone erano partiti i soliti voli pindarici, dimenticandosi che la squadra era quella che era e la non-qualificazione al Mondiale ha lasciato un leggero amaro in bocca, sperando che una buona Tassoni lo lavi via…