Piccola coi piccoli, enorme coi grandi. La Lituania arriva dove spesso è giunta da quando è indipendente, ossia alla finale di un Europeo, Mondiale od Olimpiade. Quando conta veramente, i baltici in canotta verde rispondono sempre presente. E a farne le spese, stavolta, è la Serbia. Verrebbe da dire clamorosamente, se non fosse che l’andamento tenuto già in ottavi e quarti non era stato quello della schiacciasassi implacabile ammirata nel girone d’acciaio alla Mercedes Benz Arena. Come sarebbe ingiusto parlare di miracolo per la Lituania, che se fino agli ottavi ha espresso un basket poverello, illuminato solamente dallo stato di grazia di Maciulis, nei quarti ha fornito una dimostrazione di forza eclatante. Con buona pace di chi, tra i tifosi italiani, ha etichettato come un harakiri tricolore l’uscita di scena ai quarti. Così, la bontà di un roster che, seppure in parte mutato, agli Europei 2013 ha colto l’argento e ai Mondiali 2014 il quarto posto, è stata estratta con forza maieutica da coach Kazlaukas, bravissimo nel rimescolare quintetti e dosare energie, proprio al momento giusto.
Una vittoria diversa nei modi da quella conseguita contro la nostra nazionale, che evidenzia però alcuni parallelismi con essa, come l’aver tenuto sempre il comando del match e l’aver disinnescato subito le principali minacce avversarie. La Lituania tiene dietro la Serbia per oltre 35’, costringendola a punteggi bassissimi, grazie a una marcatura di stampo ossessivo sulla fonte dell’eterno spettacolo, quel Teodosic visto giustamente quale causa di tutti gli sfaceli nel caso possa creare in libertà. Il play serbo aggiusta le cifre nel finale (16 punti, ma 4/11 dal campo), quando tenta l’impossibile – incredibile la tripla (non) costruita dal palleggio per il -1 a 14” dall’ultima sirena – per rimediare alle mancanze dei minuti precedenti. Nei quali scricchiola l’alone di grandezza di Bjelica, stranamente pauroso nell’affondare i colpi (10, 3/8) e autore di un sfondamento non da lui in piena rimonta nel quarto periodo. Il dato sconcertante è che proprio nessuno, nel momento del bisogno, si prenda la squadra sulle spalle e la porti fuori dalle secche in cui si ficca fin dai primi minuti: non Radulijica, limitato dai falli e in campo per meno di 20’; non Bogdanovic, che sarebbe il talento in rampa di lancio oggi schiantatosi contro il primo ferro al momento di pareggiare i conti sulla penultima azione della partita. Nonostante Djordjevic abbia ricorso abbondantemente alla panchina e abbia sperimentato tutto il possibile, solo qualche colpo di coda dei singoli ha evitato che la sconfitta diventasse certa già molto prima dell’ultima sirena.
Dall’altra parte, la difesa durissima che tanto aveva fatto soffrire l’Italia è risultata ancora più letale nei confronti dei serbi: una tattica, quella di fermare gli avversari ad ogni costo, che ha costretto a spendere ben 25 falli di squadra – Kalnietis, Maciulis, Valanciunas, Jankunas, Kavaliauskas hanno terminato con 4 infrazioni a testa – a mandare in lunetta i ragazzi di Djordjevic per ben 25 volte e a entrare in bonus nell’ultimo quarto con oltre 8’ da giocare, ma che ha anche inceppato tutta la macchina offensiva dei vicecampioni del mondo. Venuta meno la coralità e lo spirito guida di Teodosic, la Serbia ha reagito di pancia e classe, mai di certezze tecniche consolidate. La Lituania, sfiorite le percentuali monstre da 6.75 che hanno affossato l’Italia (stasera 2/14 da 3), ha riportato il baricentro dentro l’area, dove a una prova nella norma di Valanciunas (15, 5/6 da 2 e 5/6 ai liberi) ha fatto da contraltare uno stellare Kuzminskas da 15 con 6/7 da 2 e 9, rabbiosi, palloni catturati a rimbalzo. Il biondo dagli occhi di ghiaccio, decisivo in quarti e semifinali, ha dato man forte a un infaticabile e produttivissimo Kalnietis: non ingannino le 8 palle perse, dovute al dover sobbarcarsi per intero i compiti di regia, a tenere banco sono i 9 assist, i 5 rimbalzi e i 12 punti a referto. Ha praticamente messo mano in tutte le azioni dei suoi. Alla faccia di chi lo riteneva un giocatore solo discreto.
Avanti anche di 11 lunghezze nel primo tempo (17-28 a 6’48”) la Lituania ha rischiato di andare in mille pezzi nel terzo quarto, quando la Serbia ha messo la testa avanti sul 43-40, salvo ripiombare nell’abulia nel decisivo parziale e finire a -7, sul 47-54. Il prematuro raggiungimento del bonus da parte dei baltici e alcune letture offensive sbagliate di Kalnietis lasciavano presagire un nuovo sorpasso, non avvenuto per mancanze proprie dei serbi – prego andarsi a rivedere le conclusioni pressappochiste tutte le volte che hanno avuto la palla del pareggio – e per un maggior tasso di grinta e voglia di vincere dei lituani su ogni pallone vagante. Al resto ci hanno pensato la mano ferma di Seibutis dalla lunetta e quel pizzico di fortuna che è sempre giusto accompagni la squadra di maggiore coraggio. Avremo quindi uno scontro di musi lunghi fra Serbia e Francia nella finalina, riedizione della semifinale mondiale del 2014, e una finale a sorpresa fra Spagna e Lituania per aggiudicarsi il titolo di Campione d’Europa.
Serbia-Lituania 64-67 (17-22; 34-35; 43-48)
Serbia: Teodosic 16, Simonovic, Kuzmic, Bogdanovic 9, Bjelica 10, Markovic 7, Kalinic 2, Nedovic 6, Milosavljevic, Raduljica 10, Erceg 4, Milutinov.
Lituania: Kalnietis 12, Gailius, Maciulis 9, Seibutis 13, Sabonis, Kavaliauskas, Jankunas 2, Javtokas, Valanciunas 15, Kuzminskas 13, Milaknis 3, Lekavicius.
Foto: Fiba/Eurobasket