ESCLUSIVA: Niccolò Martinoni e la sua Casale: “Una città ideale per giocare a pallacanestro”
Dalla tempesta dell’estate 2013, quando la società stava per lasciare i palcoscenici di alto livello per ripartire dalla Serie C, la Junior Casale è venuta fuori con straordinario orgoglio e senso di appartenenza. L’intera città si è stretta attorno alla squadra, senza farle mai mancare il suo affetto e sostegno. Nel momento di massima difficoltà, con la dipartita delle bandiere storiche Pierich e Malaventura, è stato designato condottiero del nuovo corso Niccolò Martinoni. L’ala grande varesina, che a Casale Monferrato ha trovato una seconda casa, ha visto crescere esponenzialmente le sue cifre con l’investitura nel ruolo di capitano. Nella partenza sprint e nell’attuale sesto posto in classifica dei rossoblu c’è molto di Martinoni, giocatore versatile e di sistema diventato quest’anno punta offensiva di prim’ordine e piovra a rimbalzo (12 + 7.1). Abbiamo avuto il piacere di averlo ai nostri microfoni, dove ci ha raccontato della soddisfazione per come sta procedendo l’annata e dello speciale rapporto che lo lega alla città piemontese.
A inizio stagione nessuno avrebbe immaginato che sareste stati protagonisti di un campionato a livelli così alti. Come avete vissuto nel gruppo il grande inizio e come vi sentite ad essere nei piani nobili della classifica, una situazione che al momento vi garantirebbe i playoff?
“Non ce l’aspettavamo nemmeno noi di cominciare così bene e di proseguire a buoni livelli come poi è accaduto. Però siamo sempre stati consapevoli delle nostre qualità, della nostra forza. Sapevamo di avere un roster con delle discrete possibilità e, nonostante i cambiamenti nella rosa, gli infortuni patiti, abbiamo trovato in breve tempo compattezza e solidità. Non ci siamo mai buttati giù e non siamo mai partiti battuti contro nessuno: all’interno dello spogliatoio ci abbiamo sempre creduto, chiunque fosse il nostro avversario. Avendo questa consapevolezza dei nostri mezzi, farsi il mazzo in palestra tutti assieme non è mai stato un problema e i risultati finora si sono visti”.
Essendo a Casale dal 2011, sei uno dei veterani della Junior, anche se hai solo 25 anni,. Che evoluzione hai avuto come giocatore e in che modo si è mutato il tuo modo di giocare, con tutti i cambiamenti che sono avvenuti in società in questi anni?
“Casale è un posto eccezionale dove venire a giocare a pallacanestro. Io sono arrivato in un momento completamente diverso, era l’anno della serie A e c’erano molte aspettative (Martinoni è passato alla NoviPiù nel novembre 2011, in arrivo dalla Virtus Bologna, ndR). Poi non tutto è andato per il verso giusto, purtroppo, ma il mio essere giocatore, la mia crescita tecnica, è andata di pari passo con la crescita dell’uomo. Per questo posso solo essere grato alla Junior per tutto quello che mi ha dato”.
Dei nuovi compagni di squadra di quest’anno, chi è quello che ti ha stupito maggiormente?
“A dire il vero mi ha stupito la coesione del gruppo. Non siamo una squadra di individualisti, ognuno pensa al bene del collettivo prima che a se stesso. Siamo una squadra nel vero senso della parola. La nostra compattezza pesa molto più del valore del singolo”.
A uno sguardo esterno, viene da pensare che i risultati di quest’anno derivino in parte da una certa continuità con la passata stagione. Siete rimasti tu, Fall, Amato, Giovara, e anche col cambio di coach il vostro gioco non appare mutato in maniera sostanziale. Difesa forte, controllo del ritmo in attacco… Forse quest’anno avete più punti nelle mani…
“Sicuramente i ragazzi giovani che c’erano l’anno passato e che sono stati riconfermati sono cresciuti molto, sono maturati, anche se non ci si deve mai fermare e bisogna lavorare assiduamente per proseguire il miglioramento del singolo e del collettivo. Vale loro e vale anche per me, non devi mai sederti. A livello di gioco, può apparire una certa similitudine rispetto alla stagione con coach Griccioli, anche se a dire il vero certe caratteristiche quest’anno si sono accentuate. In realtà adesso siamo molto più concentrati sul controllo dei possessi di quanto non avvenisse prima. Ovviamente la base è la nostra difesa, cerchiamo di far giocare male gli altri e di imporre il nostro ritmo: questa è la nostra caratteristica principale, il nostro marchio”.
Finora avete avuto delle cifre molto diverse tra casa e trasferta, dove siete un po’ meno efficaci. Tu come te lo spieghi? Pensi che la gara di Brescia abbia rappresentato una svolta in questo senso?
“Beh, a Brescia eravamo avanti di molti punti a metà gara e poi siamo crollati nella ripresa… Questa relativa debolezza in trasferta attiene di più alle ultime uscite, perché comunque abbiamo centrato delle vittorie di prestigio lontano dal Palaferraris: abbiamo vinto a Mantova e Barcellona, ad esempio, che non sono campi facili. E’ vero però che dobbiamo dare una svolta da questo punto di vista, anche se il momento non è facilissimo, ci aspetta un calendario piuttosto duro”.
Dal punto di vista tecnico, il reparto lunghi casalese è molto versatile, tu e Samuels riuscite a giocare anche lontano da canestro e ad esprimervi efficacemente lontano dall’area piccola. La vostra atipicità vi fa soffrire quando vi trovate di fronte dei centri veri e propri, con fisico e movimenti tipici del ruolo. Come si riesce a sopperire, in queste occasioni, ai deficit di stazza e a non gravarsi anzitempo di falli?
“Sì, effettivamente non è sempre facile misurarsi con dei centri “classici”. Soprattutto quando siamo in campo io e Samuels contemporaneamente, Fall tra di noi è quello che ha più si avvicina alle caratteristiche di un vero 5, quando c’è lui in campo è un po’ più semplice. Anche se nessuno di noi è grossissimo, quindi non è facile contenere i migliori lunghi presenti in A2. Per sopperire a questo deficit applichiamo una difesa di squadra molto forte, con vari tatticismi e aiuti riduciamo le difficoltà che possiamo avere nei duelli individuali. La differenza di centimetri e chili si può attenuare giocando di squadra e con una difesa ragionata che limiti la potenza atletica di chi ti sta di fronte”.
Chi è secondo te il miglior giocatore dell’A2 Gold di quest’anno?
“Concentrandomi sugli italiani, ammiro molto Stefano Tonut di Trieste. E’ giovane, sta giocando bene, sta trascinando la sua squadra: credo sia il miglior elemento visto finora sui campi di A2 Gold”.
Una cosa che mi ha sempre incuriosito è l’inserimento dei giocatori americani in realtà come quelle di Casale: in questi anni dove stanno arrivando molti ragazzi direttamente dalle università, e quindi in molti casi non sono mai usciti dagli Stati Uniti e non hanno esperienze di campionati europeri, immagino che per loro non sia facile adattarsi al nuovo ambiente e rendere al meglio. Cosa possono fare i compagni, il gruppo italiano, per favorire dal punto di vista tecnico e umano l’ambientamento?
“Innanzi tutto, è importante il tipo di persona che arriva in squadra. Marshall è un bravissimo ragazzo, una persona con cui è molto facile trovarsi. Certi personaggi sono più semplici da inserire nel nostro campionato rispetto ad altri. Arrivando a Casale, che non è una città grande ed internazionale come Milano, sicuramente un ragazzo giovane proveniente dall’altra parte del mondo si trova un po’ spaesato. Ma quando c’è un bel gruppo come il nostro che ti sostiene, cementato indipendentemente dalle diverse nazionalità, è tutto più semplice. Chiaramente un giocatore americano appena arrivato tenderà a stare maggiormente con il suo connazionale, e poi farà una vita più simile agli altri ragazzi che sono qua da soli. Loro magari finiranno per uscire spesso a cena assieme, mentre chi è sposato o ha la fidanzata lo farà di meno. Se si riesce a fare gruppo l’adattamento alla nuova realtà non è un problema per nessuno, e quest’anno direi che ci siamo riusciti alla perfezione”.
Ecco, parlando di Marshall, rispetto a molti altri giocatori statunitensi visti in Italia è molto meno individualista. Non è uno che pretende di risolvere le partite da solo, è entrato nei meccanismi della squadra già nelle prime partite e si è posto nel modo giusto per contribuire alla causa collettiva. Non è proprio una cosa scontata…
“E’ vero, Jermaine è capace di stare in campo cinque minuti senza tentare un tiro, o stare in panchina dieci minuti, e poi rientrare e giocare alla grande, senza soffrirne. Ci sta dando tanto”.
Come ci si trova ad avere un allenatore praticamente coetaneo dei giocatori? Cambia qualcosa nel rapporto giocatori-coach?
“No, non cambia nulla, quando hai un allenatore così preparato come il nostro e ci sono giocatori intelligenti con cui relazionarsi non si nota alcuna differenza. L’età in questi casi non conta”.
Torniamo un attimo indietro all’estate del 2013, quando la Junior stava per sparire dal basket ad alti livelli: successivamente, l’essere sopravvissuti a questo momento ed essere ripartiti per una nuova stagione ha fatto compattare la squadra e l’ambiente, stimolando il senso di appartenenza per questa maglia. Tu come hai vissuto quelle settimane di incertezza? E come ti eri posto per la stagione 2013-14, iniziata con prospettive molto diverse dal passato?
“In quel periodo molte delle colonne portanti della vecchia Junior sono andate via, di quella squadra siamo rimasti solo io e Giovara. Sapevamo che si ripartiva su basi diverse, con obiettivi più bassi e bisognava entrare in una nuova ottica, con un budget ridotto. Questo, come hai detto tu, ha fatto venire fuori tutto l’attaccamento della città verso la società di basket. Il supporto in città non è mai venuto meno. Casale è una città dove si respira pallacanestro, te ne accorgi non solo al palazzetto, ma anche andando semplicemente in giro per strada”.
Leggendo le dichiarazioni di alcuni giocatori che hanno trascorso alcuni anni in rossoblu, penso in particolare a quanto dichiarato da Pierich e Malaventura quando sono tornati a Casale con le maglie di Ferentino e Napoli, si percepisce un grosso affetto per questa città. Si sente che quando parlano delle annate casalesi non pronunciano frasi di circostanza, ma esprimono un vero amore per la casacca indossata e le persone conosciute… Cosa rende speciale Casale rispetto ad altri posti?
“E’ un posto dove si sta bene, ti senti a casa anche se non sei di queste parti. Parlando poi di Pierich e Malaventura, ti posso dire che sono stati degli importanti punti di riferimento per me. Sono delle persone eccezionali, mi sento di aver preso da loro il testimone di un certo modo di essere e di interpretare i valori di questa società, sono contento di aver ereditato il loro ruolo di guida dello spogliatoio. Poi, ribadisco, qua si vive bene, puoi concentrarti sul basket senza ricevere particolari pressioni esterne. Se in campo hai dato tutto, se in partita hai messo l’anima per portare a casa il risultato, che tu vinca o che tu perda riceverai sempre un applauso e un incoraggiamento dal pubblico del Palaferraris. Questa è una cosa rara, non so in quante altre piazze si possa trovare un atteggiamento del genere”.
Domenica ospitate Verona, la capolista. Uno scoglio durissimo, anche se quest’anno le poche sconfitte degli scaligeri sono arrivate, paradossalmente, con squadre nei piani bassi della classifica (Napoli, Jesi, Barcellon). Cosa dovrete fare per avere la meglio? Come pensate di poter inceppare i loro meccanismi?
“Eh, nella domanda è già contenuta la risposta! Dovremo proprio mettere nei granellini nei loro ingranaggi per farli “girare” meno bene del solito. Prepareremo la partita nel migliore dei modi, studiando le strategie migliori per limitare il loro potenziale. Non essendoci Ndoja giocano in modo diverso rispetto a quando li abbiamo affrontati all’andata: hanno spesso due lunghi assieme in quintetto, Boscagin da 4… Cercheremo di adeguarci ai loro nuovo assetto, sfruttando anche l’appoggio del pubblico: speriamo di portare sul campo l’energia dei nostri sostenitori”!
Si ringraziano la società Junior Casale e il Niccolò Martinoni per essersi messi a nostra disposizione e averci consentito di realizzare l’interivista.