Mens Sana, il destino (e la società) nelle mani dei tifosi: una lezione allo sport business
Tifo e sport, si potrebbe produrre una folta letteratura su quell’antica e indescrivibile passione che lega l’uomo alla maglia del suo team sportivo preferito. Un sentimento spesso selvaggio ed incontrollabile, che nel bene e nel male è l’essenza stessa e il motivo per cui siamo qui a parlare di tutto questo. Due facce della stessa medaglia, perché giornalmente vediamo esempi diversi di come questo rapporto si consuma, tra chi lo vive e lo ostenta in modo razionale e positivo, e chi lo trascende nella più idiota ed inutile violenza. Una autentica lezione di vero tifo ci arriva invece in queste ultime settimane da Siena, che come tutti sanno è velocemente passata dalle stelle alle stalle, scivolando in pochi mesi dalla finale scudetto giocata da 7 volte di fila campione d’Italia al brutale fallimento, passando dal conseguente pantano nella Dnb, fino alla promozione in A2 e al secondo incubo sparizione. Bocconi amari in serie che fanno da contraltare ad anni di travolgenti vittorie, e che in un posto normale avrebbero fatto desistere chiunque, ma non a Siena, dove nessun vero sostenitore bianco verde ha perso nemmeno un briciolo di passione o di adesione alla causa: oltre la categoria, oltre tutto. I tifosi di Siena hanno sempre svolto benissimo il loro “compito”, rendendo spesso e volentieri il PalaEstra un inespugnabile e temuto fortino, tanto che in molti paragonavano il loro viscerale attaccamento alla propria storia e colori a quello per una delle 17 Contrade del Palio.
Un capolavoro senza precedenti – L’amore senese nei confronti del basket biancoverde questa volta ha davvero superato se stesso, con la riuscitissima raccolta fondi del trust “Io tifo Mens Sana” che allo stato attuale riunisce più di 300 soci tra aventi diritto di voto e non, e sta mettendo insieme quasi 200.000 euro, quanti servono entro giugno per salvare la società dalla chiusura dei battenti. Non un semplice infilarsi le mani in tasca o un atto di fede, ma una concreta voglia di partecipare attivamente alla ricostruzione societaria con numeri che non hanno precedenti: il trust e i suoi rappresentanti hanno infatti rilevato il 70%, quindi la maggioranza, delle quote azionarie della srl Mens Sana Basket 1871, entrando nel cda della società, che ricostituita dopo il fallimento della Mps Siena, vedeva la Polisportiva Mens Sana al timone di comando col 94% delle quote (e nella vecchia gestione con l’87%). Tensioni continue e probabili dirette responsabilità nel rischiato crack bis hanno portato alla volontà storica di ripartire da zero esautorando la casa madre, che ha sempre considerato il basket a grandi livelli un’ingombrante ombra sulle altre lodevoli attività sportive targate Mens Sana; non finisce qui perché l’operazione di salvataggio concertata da un gruppo di ex giocatori biancoverdi, piccoli imprenditori, comuni cittadini e tifosi, supportata anche da glorie ancora legatissime alla città e alla maglia (Pianigiani, Hackett, Crespi, Janning) non solo intende evitare nuovamente l’inferno, ma anche e soprattutto preparare il terreno alla costruzione di un avvenire migliore.
Un consorzio per il futuro – Sabato è stato infatti presentato il consorzio imprenditoriale “Basket e Sport Siena”, che attraverso l’unione delle forze di energie imprenditoriali locali e nazionali, vuole adunare quanti più soggetti credibili decisi ad investire capitali nel progetto societario attraverso una conduzione sostenibile e trasparente, che porti magari entro tre anni alla risalita in Serie A: tanti già i nomi in ballo, con l’associazione consortile (il cui interesse economico e infrastrutturale è rivolto alle tante e disparate attività sportive del territorio) che a cose fatte entrerebbe rilevando un ulteriore 10% alla Polisportiva, rimasta come socia di minoranza col 20%. Tifosi, impresari locali, semplici cittadini ed appassionati al potere: “la squadra nelle mani della città e dei suoi tifosi” era lo slogan iniziale dei promotori dell’iniziativa, ora diventato splendida realtà. Quasi unica, perché altre esperienze consortili e consociative create con successo, almeno nel mondo del basket, non vedono una rilevanza dei tifosi così ampia: a Cantù hanno il 10%, a Trento il 40%, mentre a Varese il 100% è di un similare consorzio imprenditoriale; cifre ragguardevoli furono racimolate per la salvezza societaria anche da gruppi organizzati e sostenitori di altre due piazze storiche decapitate dal grande basket come Fortitudo e Treviso, ma ciò non portò a una loro diretto impegno gestionale.
Una lezione, si diceva – Sì, perché in un contesto storico sportivo a livello nazionale come questo, in particolare per quanto riguarda il calcio (ormai un’azienda a tutti gli effetti, in cui talvolta gli interessi commerciali e politici superano quelli affettivi) e il basket, in continua fase recessiva e massacrato da atavici problemi economici e logistici, la scelta di Siena e della sua gente di salvare e prendere per mano (non solo metaforicamente) la squadra del proprio cuore è qualcosa di profondamente romantico e splendidamente anacronistico, che riporta alla concezione dello sport, e quindi del tifo, di un tempo che fu ma che forse sta ora tornando in auge. Un messaggio che proprio a Siena ha valore doppio e potrebbe indicare la via a molti: dopo anni di passiva distruzione sociale ed economica della città dovuta alle scorie della crisi Mps, con in ambito sportivo la rovinosa fine di eccellenze come la Mens Sana appunto e l’Ac Siena, fagocitate dalla cialtroneria e dall’avidità di pochi disonesti, c’è voglia di tornare a lottare per difendere ciò che si ha di buono, senza arrendersi allo squallore di un inesorabile declino. Ritrovare lo splendore di un tempo forse non si può, ma il piede di partenza è di sicuro quello giusto
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