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Mens Sana, ci risiamo. Errare è umano ma perseverare è diabolico

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Roy Christopher Roberts, Siena

Non sembra essere servita davvero a nulla alla Mens Sana la dura lezione del 2014, quando la gloriosa Montepaschi Siena sparì rovinosamente dal firmamento cestistico affogata in un mare di debiti, fra la cialtroneria e l’omertà generalizzata di chi sapeva ma non osava dire, con lo sgradevole contorno dell’inchiesta Time Out addebitata all’ex presidente Minucci. Una bruttissima pagina umana e sportiva che si giurò di non rivivere mai più, e che invece si sta ripetendo come un copia incolla in questi giorni, con le dimissioni improvvise del presidente Marruganti e del Cda che hanno fatto ripiombare nel baratro la situazione economica della società, con l’annuncio shock di un debito da almeno 400.000 euro da ripianare entro il 18 febbraio, pena la messa in liquidazione. Una scadenza che forse non lascerà nuovamente scampo anche alla Mens Sana 1871, che dopo solo due anni di attività, viene fatalmente ingoiata dall’ormai atavica incapacità gestionale del basket senese bianco verde nel saper coniugare programmazione sportiva e virtuosismo finanziario in assenza della casa madre banca Montepaschi

 

 

Il mistero dello sponsor – Proprio il caso dello sponsor si è rivelata la spada di Damocle di questa infelice avventura, tingendosi delle fosche tinte del mistero. Squadra competitiva e assemblata con ambizione, c’è fiducia nell’attrarre prima o poi un importante sostegno economico che dia respiro e faccia recuperare gli iniziali investimenti. Scelta rischiosa, ma presumibilmente c’erano delle garanzie minime di sfangarla. Fin dall’estate però la caccia a una main partnership si rivela una ossessiva e infruttuosa quête ariostesca, fra abboccamenti, trattative abortite, voci più o meno confermate: nonostante ciò filtra quotidiano ottimismo, la vulgata era “quasi tutte le formazioni di A2 vantano uno sponsor, figuriamoci se una squadra come Siena può rimanere senza”. Prima di Natale sembrava fatta con SaveEnergy, che avrebbe garantito 200.000 euro: cifra non trascendentale ma tant’è, e invece salta tutto e pare si sia andati per vie legali, essendo stato firmato un pre-accordo. L’assemblea dei soci di fine anno fa il resto e ratifica il maxi ammanco: è troppo tardi forse, ormai nessuno bussa più alla porta di Siena. Nei rispettivi comunicati di dimissioni Marruganti e Ricci (il presidente della Polisportiva) parlano di disinteresse istituzionale e scarso interesse locale e nazionale per il basket: evidente contraddizione se è vero che molti soggetti si sono avvicinati alla società di Viale Sclavo per concordare una sponsorship. Cosa c’è dietro allora ai continui naufragi in sede di trattativa? Si è preso forse tempo nell’incapacità o impossibilità di trovare risorse? D’altronde a più riprese Marruganti lamentava la difficoltà dell’azione in campo commerciale, in assenza di un ufficio marketing dedicato. La pioggia di polemiche dimissioni a pochi giorni dalla probabile liquidazione sanno tanto di resa, o peggio di resa dei conti di una vicenda destinata ad esplodere. Nel frattempo un campionato da finire (e che prometteva bene) e un vuoto di potere che lascia la Mens Sana nel più totale isolamento

 

Mattia Udom, Siena

Qualcuno già sapeva? – E’ il caos totale, e come due anni fa l’allarme viene lanciato a cose fatte, quando il tempo di intervenire e realizzare che è successo di nuovo è un attimo. Che la perdurante assenza di uno sponsor a coprire le perdite potesse creare grossi problemi era risaputo, ma in molti pensavano che la situazione fosse sotto controllo e non che si arrivasse a uno stadio terminale così in fretta, e peggio ancora in uno stato di sostanziale impotenza nel cercare di salvare il salvabile. A questo punto le domande insolute sono tante: perché imbarcarsi in un progetto triennale che prevedeva la risalita in A senza lo straccio di uno sponsor con cui programmare? Che prospettive si avevano? E perché denunciare la difficile situazione così tardi? Se già dopo l’ultima assemblea dei soci si fosse resa pubblica la questione, il tempo di intervento sarebbe stato decisamente più ampio. Un concorso di colpa da dividere tra dirigenza, stampa e istituzioni, Comune in primis, che avallò la politica societaria e sottovalutò le problematiche che si andava ad affrontare nel costruire un progetto senza adeguate garanzie economiche dietro. Le dimissioni dell’assessore Tafani dal Cda in estate, in totale disaccordo con le scelte in tal senso di viale Sclavo, dovevano essere lette come la spia di un annunciato ed ennesimo disastro. Cronaca di una poco ordinaria amministrazione: fin quando non saremo in grado di imparare dagli errori del passato sarà impossibile pensare a un presente e soprattutto a un futuro degno di questo nome

 

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