Lawson Creek, Ecco perchè Houston ha fatto bene a prendersi un rischio
L’Oscar dell’ultima free agency va a San Antonio. Ma per convincere gente come il corteggiatissimo Aldridge o West (a quelle cifre) devi avere qualcosa in più. Quel qualcosa in più che non hanno avuto i cugini di Dallas nel affaire-Jordan ma che a ben guardare non ha praticamente nessuno nella Lega. Anche senza l’oscuro fascino dei nero argento però ci si può costruire una squadra solida, competitiva in cui può essere utile prendersi qualche rischio per fare l’ambito salto di qualità. E’ quello che deve aver pensato la dirigenza di un’altra texana: gli Houston Rockets.
La squadra che fu di Olajuwon ha lavorato benissimo sul mercato. Ha confermato a cifre vamtaggiosissime un Patrick Beverly che, pur con tutti i suoi limiti, sarebbe stato difficile da rimpiazzare, considerando pure il peso che ha negli equilibri della squadra. In più ha confermato praticamente l’ossatura di una squadra che comunque pare pronta all’ultimo passo.
L’unica rinuncia sostanziale è stata quella a Josh Smith. Fare a meno del lungo ex Hawks ha forse creato una falla nel reparto lunghi ma ha dato la possibiità ai Rockets di provare a scommettere su un altro ragazzo difficile senza destabilizzare troppo l’ambiente. Ty Lawson arriva a Houston con il grosso interrogativo dovuto ai suoi comportamenti e a quel rapporto con l’alcol che non pochi problemi ha portato già ai tempi di North Carolina. Proprio il precedente della rinascita sportiva di Smith però fa ben sperare, tanto che Lawson potrebbe essere veramente il tassello mancante nel puzzle dei rossi. Tolto Harden infatti, il backcourt di Houston palesava dei limiti evidenti per quanto riguarda la produzione offensiva, e quando il Barba incappava in una fisiologica serata storta la cosa aveva effetti catastrofici.
L’arrivo di Lawson permette al prodotto da Arizona di sganciarsi dai compiti di playmaking puro e gli risparmia la fatica di dover impostare troppo spesso l’azione, cosa che comunque non rimane tra i punti forti della stella barbuta.
Lawson è invece l’elemento ideale per completare il backcourt texano. Capace di velocizzare il gioco e di creare nuove soluzioni. Ty è il terzo per assist in Nba, 9.6 a partita nell’ultima stagione e sa esaltare lunghi atletici con le caratteristiche di Howard (se il fisico lo regge..). In più è una concreta minaccia offensivamente e questo può aiutare in una squadra dove si soffriva a livello di spaziature.
Se dovesse andare male comunque Houston non soffrirebbe poi grossi contaccolpi. Lawson è arrivato sostanzialmente per giocatori non adatti al progetto Rockets e forse neanche all’Nba tout court (vedi Dorsey). Rinunciarci poi a fine anno non limiterebbe Houston nell’assurda prossima free agency dove, se è vero che tutti possono contare su una maggiore liquidità, è altresì vero che non ci sono moltissimi giocatori di primo livello prendibili, tolte alcune vistose eccezioni.
Foto: Keith Allison