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Focus: Strani ed opposti destini a Roma

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Un copione, quello andato in scena a Roma lo scorso lunedì, degno del Premio Oscar. Due destini opposti si consumavano nello stesso momento a distanza di pochi chilometri. Mentre all’Arena Altero Felici la sirena sanciva il trionfo dei padroni di casa della Stella Azzurra, al PalaTiziano l’Acea sprofondava lentamente nel punto a punto con Trento. Una giornata storica e senza precedenti per la pallacanestro romana, che ha visto La Torre e compagni conquistare il NIJT di Eurolega, annientando quattro tra le migliori realtà giovanili europee, e la Virtus toccare uno dei punti più bassi della sua storia recente. Colonne sonore inevitabilmente agli antipodi, alla gioia della premiazione si sono contrapposti i fischi che hanno accompagnato la squadra e Luca Dalmonte negli spogliatoi. Vincenzo Monti nel testo di una delle sue opere teatrali più famose, l’Aristodemo, scriveva: “Se Atene piange, Sparta non ride”. Le società cardine della pallacanestro romana potrebbero ricordare le due città greche. Fanno parte di una stessa categoria, condividono il territorio, ma le similitudini si esauriscono qui. Eppure in questo caso il proverbio è stato smentito. La Stella Azzurra da diversi anni non ha più come obbiettivo primario quello di ottenere risultati con la prima squadra, l’attenzione si è spostata sui settori giovanili e l’Academy nata recentemente. La Virtus non ha scelta, tutto il marchingegno deve essere finalizzato alla massima serie. Quanto appena visto ci porta all’ovvia conclusione che un momento d’oro per la pallacanestro romana vedrebbe sulla carta la prima dominare a livello giovanile, la seconda lottare per lo scudetto. Conseguentemente, se una fiorisce, non è detto che l’altra sia in grado di fare altrettanto, che poi è il film che stiamo vedendo in questi giorni. La pallacanestro romana è scollegata: c’è il settore giovanile e c’è il professionismo, nel mezzo il nulla. Questo perché a Roma è nata una divinità, quella di Germano D’Arcangeli. La società del presidente Toti ha avuto solamente la sfortuna di trovarsi sulla sua strada. Se per assurdo questa versione della Stella Azzurra fosse nata in un’altra città, ne avrebbero risentito i vivai locali. È strutturata all’avanguardia e guidata da un visionario, difficile poter competere ad armi pari. Ma non basta a spiegare l’assenza di un ponte. Torniamo al discorso legato al fine ultimo delle due società, e lo applichiamo alle giovanili. Cosa vuole fare la Virtus con un giovane? E la Stella, invece? La prima naturalmente farlo crescere e lanciarlo non appena pronto in A con la propria maglia. L’operato della creatura di D’Arcangeli si esaurisce una volta fatto maturare umanamente e sportivamente il giovane. Basta sentire il coach parlare con orgoglio degli ex allievi, che hanno raggiunto in molti casi la nazionale del proprio paese e la pallacanestro che conta. Insomma, se Andrea La Torre un domani dominerà con la maglia dell’Olimpia Milano, o quella della Virtus Roma, alla Stella Azzurra non interessa. L’unica domanda che Germano D’Arcangeli andrà a porsi sarà la seguente, nonché la medesima per ogni prospetto in uscita: ho fatto tutto il possibile per questo ragazzo? Quello che viene dopo, quando il giocatore firma per diventare tesserato di un’altra squadra, non rientra più nella sfera di competenza professionale dell’uomo citato poco fa. Ecco spiegato il perché la Virtus non trae alcun vantaggio dai successi giovanili della cugina. Sembra quasi una presa in giro parlare dell’Acea alla ricerca di giovani, quando ha alcuni dei migliori italiani ed europei distanti pochi chilometri, e non è un overstatement. L’unica cosa che la Virtus può fare è evitare che finiscano nelle mani della Stella, in questo contesto vanno inquadrati gli accordi, l’ultimo dei quali con l’Eurobasket, non a caso arrivato proprio all’inizio dell’egemonia rivale. Quando la Stella Azzurra accoglie un giovane, lo tiene all’interno della pallacanestro romana, ma lo toglie dalle mani dell’altra, pienamente consapevole di questa dinamica e impossibilitata poi a competere con le società influenti sul mercato, essendo priva dell’Europa che conta, di grandi infrastrutture e di un’organizzazione solida nel tempo. Ogni volta che le regine si contendono un giovane della Stella, la sua fama cresce e rende quella di Via Flaminia una metà sempre più attraente. Perché allora la Virtus non cerca un accordo per porre fine al tutto? Semplice, è impossibile da stringere. La Stella Azzurra ha da offrire molto, la Virtus nulla. Fino a poco tempo fa, la società del presidente Antonelli era alla ricerca di un livello di pallacanestro maggiore per i propri migliori prospetti, per evitare che la loro crescita si limitasse al dominio settimanale sui coetanei. L’accordo con Veroli, stretto ad inizio stagione, ha permesso la creazione del banco di prova ultimo per gente come La Torre. Poi sono arrivate le incomprensioni, i botta e risposta tra Massimo Uccioli, il presidente di Veroli, e Germano D’Arcangeli. La Stella attraverso Michele Martinelli aveva garantito che si sarebbe accollata il 50% delle spese, cosa poi non avvenuta. Lo staff tecnico era all’oscuro della condotta poco chiara della trattativa e convinto di dover contribuire solamente tramite risorse umane. Dopo un lungo periodo di attacchi reciproci, le parti si sono incontrate. Il divorzio è stato inevitabile, così come la conseguente interruzione del doppio tesseramento dei prospetti, oltre alle dimissioni di D’Arcangeli, già fatte pervenire alla società ciociara nei giorni precedenti al summit. La Stella Azzurra è tornata ad essere priva di un campionato di livello, ma è chiaro che quanto abbiamo visto negli ultimi mesi difficilmente è attuabile in A. L’unica circostanza, che consentirebbe alla società di Viale Tiziano di trovarsi con una potenziale offerta in mano, appare una crisi finanziaria della Stella Azzurra. Le voci al momento non la ritraggono a navigare nell’oro, nemmeno con l’acqua alla gola. Se in futuro dovesse trovarsi davvero in crisi, da chi verrebbe aiutata?