Editoriale | Così è (se vi pare): Los Angeles Clippers e la forza del gruppo
I Los Angeles Clippers si ritrovano a metà stagione in piena zona Playoffs, nonostante aver giocato con il quintetto base solo per una partita e mezzo delle 45 disputate fino ad ora. Probabilmente la squadra allenata da Doc Rivers non potrà tornare a schierare questo quintetto durante la regular-season, perché il recupero dell’operazione al ginocchio di Patrick Beverley è lungo e il giocatore potrebbe eventualmente tornare per i Playoffs. Nonostante le continue defezioni sperimentate fino ad ora: “Mai visto niente di simile” – ci diveva Danilo Gallinari in persona la settimana scorsa, – la compagine californiana sta mettendo in atto splendide prestazioni, trovando la forza in un gruppo sul quale in pochi avrebbero scommesso ad inizio stagione.
Nessuno degli uomini a disposizione di Rivers ha disputato i 45 incontri giocati fino ad ora, solo l’eccellente Lou Williams ne ha giocati 44, perdendosene solo uno. Per il resto gli infortuni sono noti: Blake Griffin si è perso un mese abbondante per un guaio al legamento collaterale del ginocchio, Milos Teodosic è stato fuori quasi due mesi per fascite plantare, il nostro Danilo Gallinari ha giocato solo 11 partite per una doppia rottura muscolare al gluteo, Austin Rivers è out da inizio gennaio per un problema alla caviglia e dieci giorni fa è caduto anche l’”highlander”, l’indistruttibile DeAndre Jordan. Il carismatico centro, miglior rimbalzista dell’NBA con 14.9, è stato vittima anche lui di una distorsione alla caviglia che ci sta mettendo un po’ di più del previsto a guarire e si è perso gli ultimi quattro incontri.
Eppure i Clippers hanno trovato il modo di essere comunque una squadra vincente. Dopo le nove sconfitte consecutive rimediate a inizio novembre, qualcosa è cambiato tra gli uomini allenati da Doc Rivers, che hanno collezionato diversi successi importanti, con una striscia di sei vittorie consecutive (incluse Golden State e Houston, che capeggiano la classifica della West Conference), interrotta solo la notte scorsa dalla sconfitta incassata in trasferta a Utah, e catapultato il franchise in zona-Playoffs, con un attuale bilancio positivo di 23 vittorie e 22 sconfitte. Nonostante tutto.
Se a inizio stagione in diversi addetti ai lavori avrebbero visto di buon occhio un cambio sulla panchina dei Clippers ora, se non fosse per Brad Stevens, Doc Rivers sarebbe uno dei principali candidati al COY (“Coach of the Year” = allenatore dell’anno), perché i risultati che sta ottenendo con un gruppo eterogeneo tra titolari, panchina, uomini di rotazione, rookie del secondo giro e two-way contracts sono notevoli, e soprattutto si è creato un ambiente davvero ottimo all’interno dello spogliatoio del franchise, e questo abbiamo avuto modo di sperimentarlo dal vivo, in occasione della nostra visita allo Staples Center per le partite (tutte e tre vinte) contro Kings, Rockets e Nuggets.
Mettiamo in evidenza i cinque aspetti che ci hanno richiamato di più l’attenzione durante la nostra visita e che sono anche le chiavi del successo di questa strana realtà che sono i Los Angeles Clippers in questo momento.
Lou Williams, molto più di un sesto uomo
A 31 anni compiuti ad ottobre, la guardia nativa di Memphis sta vivendo con differenza la sua miglior stagione in NBA: 23.4 punti, 5 assist, 2.5 rimbalzi e 1.1 recuperi i numeri che l’hanno portato alle porte del suo primo All-Star e ad essere il massimo realizzatore dei Clippers, incluso al di sopra dello stesso Blake Griffin. Ma “Sweet Lou” non è solo uno che fa punti quando ha il polso caldo e che ha già praticamente ipotecato il premio al 6MOY (“6th man of the Year” = Sesto uomo dell’anno), è molto di più per i Clippers. Da leader della seconda unità a trascinatore della squadra. Dovuto alle assenze, si disimpegna in maniera eccellente anche nel ruolo di playmaker: non solo segna, ma fa anche segnare i suoi compagni. Contro Utah ha recuperato 10 palloni: può fare qualsiasi cosa sul parquet.
Blake Griffin, felice dentro e fuori dal campo
Per rendere al massimo, un giocatore deve star bene fisicamente, ma anche mentalmente. Forse fino a questo momento non si era visto il miglior Blake Griffin, perché la presenza di Chris Paul in spogliatoio offuscava il suo status di franchise-man e in squadra c’erano come due bandi fino alla scorsa stagione. Ora Griffin è il leader indiscusso dei Clippers e lo dimostra sia in campo che fuori. E occhio, essere il “capitano” di una squadra non vuol dire necessariamente essere quello che segna di più (infatti Lou Williams segna di più), ma significa sacrificarsi per la squadra e trascinarla, e questo è quello che sta facendo questo “nuovo” Blake: un giocatore con molto temperamento, che lotta sempre e non si arrende, che ci crede e che si nota che in questo momento è soddisfatto. Il suo sorriso in sala stampa dopo la vittoria contro i Rockets di lunedì scorso (con tutto quello che era successo dopo) non lascia dubbi a questo proposito.
Milos Todosic, sempre più adattato all’NBA
Il genio serbo non ci ha messo molto ad ambientarsi alla nuova realtà dell’NBA. A parte i problemi fisici al piede, il playmaker ex CSKA padroneggia sempre di più i tempi del nuovo campionato. Con 5.4 assist a partita si trova in testa a questa particolare classifica, ai quali vanno aggiunti 9.2 punti e 3.1 rimbalzi. Inoltre, in occasione delle ultime sfide, si è visto proprio Teodosic guidare le azioni offensive dei suoi e decidere il ritmo delle giocate. Ogni partita che passa si avvicina sempre di più a quello che faceva vedere in Europa. Forse soffre un po’ in difesa, ma ci pensa Doc Rivers a coprirlo con i cambi difensivi.
Montrezl Harrell, Wesley Johnson, Tyrone Wallace, C.J. Williams, Jawun Evans, Willie Reed, Sindarius Thornwell e Sam Dekker
Chi non segue molto l’NBA e conosce solo gli attori principali della pallacanestro d’oltreoceano potrebbe chiedersi: “E chi sono questi?”. Ebbene, questi sono i comprimari dei Los Angeles Clippers. Quelli che, per via dei continui infortuni dei compagni, hanno passato da essere semplici comparse a protagonisti della squadra. D’altronde siamo a Hollywood e il paragone ci sta.
Montrezl Harrell e Willie Reed sono i pivot supplenti e stanno facendo che la mancanza di DeAndre Jordan si senta poco. Harrell è un giocatore con moltissima grinta, capacità di reazione e forte in fase difensiva. La sua reazione al tentativo di “hack” in occasione della sfida contro i Denver Nuggets, quando gli uomini della Mile High City l’avevano mandato in lunetta quattro volte consecutive visto la sua poca dimestichezza con i tiri liberi, era stata una delle chiavi della vittoria. Reed sa rendersi utile sotto canestro: è un centro vecchio stampo che schiaccia, stoppa, recupera… e ha messo a segno anche un’improbabile tripla questa stagione!
THRILLIE R33D. pic.twitter.com/89VyZq25lM
— LA Clippers (@LAClippers) November 5, 2017
Quello che sta facendo Tyrone Wallace è irreale: rookie eletto como 60ª scelta nel Draft del 2016 dagli Utah Jazz, dopo una stagione con la squadra di D-League dei Jazz prima di passare a quella dei Clippers, ha visto recentemente trasformato il suo contratto in two-way e in 8 partite in NBA (5 delle quali come titolare) ha messo a segno 12.4 punti, 3.3 rimbalzi, 1.8 assist e 1.3 recuperi, tirando con ottime percentuali.
Anche C.J. Williams, attualmente ai box per una caviglia slogata (c’è un’epidemia…), è un two-way contract e sta facendo vedere ottime cose in campo. Suo ad esempio era stato il buzzer-beater che aveva permesso ai Clippers di battere gli Atlanta Hawks due settimane fa: ultimo pallone decisivo né per Blake Griffin, né per Lou Williams, ma per C.J.: se la sentiva e ha tirato, ha vinto la partita e si è ritrovato sommerso dagli abbracci dei compagni di squadra. Autentico spirito di gruppo.
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Wesley Johnson e Sam Dekker sono gli incaricati di rendere più sopportabile l’assenza di Danilo Gallinari, visto che sono le altre due ali piccole della squadra. Il primo soprattutto si sta ritagliando il suo spazio, giocando più minuti rispetto alle due ultime stagioni ai Clippers.
Jawun Evans e Sindarius Thornwell sono i due rookie del secondo giro che, se non fosse per tutti gli infortuni, giocherebbero in pianta stabile con la squadra di G-League, gli Agua Caliente Clippers. Invece anche loro hanno avuto le proprie opportunità di mettersi in mostra e soprattutto Evans ha fatto vedere ottime cose in posizione di playmaker: crea gioco e difende.
La grinta del Gallo e degli altri “panchinari forzati”
Danilo Gallinari, così come Patrick Beverley e Austin Rivers, è costretto ai box per qualche tempo, ma non manca di far sentire il proprio appoggio alla squadra. Sempre presenti in spogliatoio prima e dopo la partita e accomodati in panchina, gli attuali indisponibili sono i migliori tifosi dei propri compagni. Beverley e Rivers erano apparsi particolarmente eccitati in occasione della sfida contro i Rockets, mentre il Gallo aveva vissuto il suo giorno speciale in occasione della partita contro i “suoi” Nuggets di mercoledì scorso.
Non che l’azzurro abbia qualcosa contro la sua ex squadra, anzi! Al contrario di quando successo due giorni prima contro i Rockets, con l’incursione negli spogliatoi da parte di qualche giocatore, per Gallinari il ritrovo con i Nuggets era stato pieno di baci, abbracci e sorrisi. Danilo considera Denver “casa sua”, ma quest’estate aveva preso una decisione: abbandonare l’adorata Mile High City per “vincere” con i Clippers. Fino al momento della sfida diretta i Nuggets erano davanti ai Clippers in classifica. Sembravano ben lanciati verso i Playoffs, mentre i Clippers erano relegati più in basso, con problemi di infortuni e con rumors relativi a possibili trade o addirittura tanking. Poi i Clippers sono rinati e, grazie alla vittoria di mercoledì nella sfida diretta, hanno superato i Nuggets. Nessun rancore, ma mai percepito un Gallo così carico e motivato: l’abbiamo visto esultare a ogni canestro dei Clippers, dispensare consigli a Doc Rivers (d’altronde i Nuggets hanno cambiato poco rispetto al’anno scorso e, senza Millsap infortunato, li conosce bene!), abbracciare con un misto di gratitudine e ammirazione Wesley Johnson dopo una tripla decisiva nella parte finale dell’incontro. Nessun rimpianto: i Clippers hanno dato l’impressione di essere una squadra più unita che i Nuggets e, con il recupero dei vari infortunati, non dovrebbero esserci dubbi sulla loro partecipazione ai Playoffs, mentre per i Nuggets non si sa. Danilo Gallinari aveva bisogno di quella vittoria per avere conferma di aver fatto la scelta giusta quest’estate. Così è (se vi pare).