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Do you remember? Joe Forte, l’uomo che Auerbach preferì a Parker e Arenas

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Arnold Jacob Auerbach, per tutti “Red”, se n’è andato nel 2006, lasciando la poltrona di presidente dei Boston Celtics che occupava dal 1984, dopo essersi seduto per 17 anni su quella di general manager e per 8 sulla panchina della franchigia del Massachussets: la storia della squadra più vincente della pallacanestro americana è dunque legata a filo doppio a quella di questo straordinario personaggio di pallacanestro, che si è messo al dito 16 anelli di campione Nba ed ha detenuto per oltre 40 anni la palma di allenatore più vincente nella storia della Lega. Se dunque uno così speciale dopo averti visto  giocare al college decide che sei l’uomo giusto per ricostruire l’immagine dei decadenti Celtics di inizio millennio e, contro il deciso parere dei membri del suo staff, decide di sceglierti con la ventunesima chiamata  al draft, vuol dire che qualcosa di speciale ce l’hai anche tu: nessun aggettivo può descrivere al meglio, nel bene e nel male, Joseph Forte.

Joseph Xavier Forte nasce ad Atlanta il 23 marzo del 1981 e viene indicato, fin dai suoi primi passi sul parquet, come una grande promessa della palla a spicchi, fama che cresce nei suoi anni alla Dematha Catholic High School di  Hyattsville, Maryland, dove Joe, sotto la guida di Morgan Wootten, leggendario coach a livello liceale, si guadagna il titolo di “Washington Post All Met Basketball Player of the Year” nel suo anno da senior. Tutte le più importanti università mettono gli occhi su questa guardia dal talento sopraffino, dal ball-handling inarrestabile e dal tiro mortifero, contraddistinto da una parabola altissima e perfetta, imprendibile per qualsiasi stoppatore; la scelta del ragazzo cade tuttavia sui Tar Heels di North Carolina, con la cui maglia Forte viene nominato  “ACC Rookie of the Year” nel 2000 ed  “ACC Men’s Basketball Player of the Year” l’anno seguente.

Il salto tra i Pro è solo una logica conseguenza delle due strepitose stagioni al college e, come detto, è Boston ad accaparrarsi le sue prestazioni, preferendolo a Tony Parker e Gilbert Arenas per affiancare la stella Paul Pierce e l’altro rookie Joe Johnson. Una sfolgorante carriera sembra alle porte per l’ex stella di Chapel Hill, carriera che Joseph decide di iniziare il primo giorno di training camp presentandosi al centro di allenamento dei Celtics con una maglia gialloviola di Magic Johnson, gesto che non gli consente propriamente di calamitare le simpatie di tifosi, compagni e dirigenti. Se il buongiorno si vede dal mattino le cose non possono certo che andare peggiorando: Forte gioca solamente 8 partite sul parquet del Boston Garden ed alla fine del suo anno da matricola viene ceduto ai Seattle Supersonics in cambio di Shammond Williams e Vin Baker. Nel verde stato dell’Oregon tuttavia le sue quotazioni stentano a risalire ed al termine del suo contratto garantito come scelta al primo giro, i Sonics non lo riconfermano, anche a causa di problemi con la giustizia: viene infatti arrestato una volta dalla polizia del Maryland per possesso di armi e droga ed una seconda a causa dell’aggressione ad un giocatore della squadra di football della sua stessa alma mater, North Carolina.

Forte prova allora a rilanciare la sua carriera trovando impiego e continuità in D- league, ad Asheville, dove trascina gli Altitude alla vittoria del titolo, guadagnandosi così un biglietto per l’Europa: lo chiama l’Apollon Patrasso ed al termine di un’annata fatta di luci ed ombre, decide di scommettere su di lui la Montepaschi Siena, desiderosa come lui di rilanciarsi, dopo il disastroso biennio seguito alla conquista del primo, storico, tricolore.

L’annata di Siena è strepitosa: i biancoverdi dominano il campionato e  gettano le basi per gli anni di dominio sotto la guida di Simone Pianigiani, anni che porteranno in dote ben 7 scudetti: Joe, nonostante i soliti limiti di continuità e una sospetta (nemmeno tanto) passione per il gentil sesso, vive la migliore stagione della sua carriera, mettendo in mostra sprazzi della sua classe sopraffina e conquistando il cuore di tutto il palazzo di Viale Sclavo. L’anno non può che concludersi con la vittoria dell’agognato tricolore ma le strade di Forte e di Siena si separano, complice la faraonica offerta dell’Unics Kazan.

In Russia  “resiste” solo metà stagione, prima di tornare in Italia per disputare i playoff con la Fortitudo, che lo riconferma anche per la stagione a venire e gli affianca un altro cavallo pazzo in esilio dall’America del calibro di Qyntel Woods: il campionato comincia con il botto, Forte dice 33 all’esordio ma la coppia con Woods si rivela davvero inarrestabile nelle nottate bolognesi più che in campo ed il nostro eroe si ritrova senza squadra dopo sole due gare. Gli viene in soccorso la Snaidero Udine, protagonista (si fa per dire) di un cammino in Serie A disastroso, ma Joe non si ambienta ancora e dice addio ad aprile, con la squadra già aritmeticamente retrocessa.

Nessuna società  è a questo punto più disposta a credere in lui e così, dopo quasi un anno di inattività, nell’inverno del 2010 Forte decide di accettare l’offerta di Pavia, in Legadue: l’annata è difficile, lui si arrangia con il suo immenso talento, vivendo tristemente del riflesso di una carriera che avrebbe potuto essere grande e la squadra sembra condannata ad una inevitabile retrocessione; Pavia si gioca il tutto per tutto all’ultima giornata, contro la capolista Brindisi, in un’impresa che sembra impossibile. Impossibile per tutti ma non per lui, che si ricorda di essere ancora un giocatore speciale: 27 punti, 5 rimbalzi, 3 assist, 2 stoppate, 7 palle rubate ed una salvezza conquistata, impensabile per chiunque ma non per uno “mandato” da Red Auerbach.

La carriera di Joseph Forte ha vissuto il suo epilogo nel campionato iraniano nel 2012, dopo un anno a Pistoia e la solita incapacità di trovare una squadra che guardasse al suo talento, talmente grande da ammaliare migliaia di tifosi e persino l’uomo più vincente della pallacanestro americana, ma non ai suoi guai personali, talmente grandi da negargli l’opportunità di diventare una stella. 

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