Do You Remember? Forlì 2006, la Carpisa Napoli vince la Coppa Italia: diario di tre giorni indelebili
“Non c’è Venerdì 17 che tenga, stasera vinciamo”: è questo il pensiero fisso nella mia testa, alla faccia della scaramanzia tipicamente partenopea, mentre viaggio verso Forlì per seguire l’avventura del mio Napoli Basket, targato Carpisa, nelle Final Eight della Coppa Italia 2006.
Con me una combriccola quantomai eterogenea: parenti appassionati, gli amici di sempre coinvolti in questo weekend così particolare, e soprattutto il resto della “Zonautonoma”, i vecchi compagni di viaggio con i quali già da un po’ si gira l’Italia (oltre a far presenza fissa sul balconcino del Palabarbuto) per sostenere gli azzurri con passione, ma soprattutto con goliardia e sana voglia di divertirsi.
Stavolta però c’è tensione, dovuta alla consapevolezza di poter vincere: dopo il ritorno in Serie A nel 2002 e 3 anni divertenti conditi da ottimi risultati (3 partecipazioni ai playoff sotto la guida di Mazzon e Caja), l’ambizioso presidente Maione (Foto Ansa) sembra aver azzeccato tutte le mosse per far sedere Napoli “al tavolo delle grandi”, come ama ripetere il patròn.
Richiamato coach Piero Bucchi, artefice della promozione, e affidata la costruzione della squadra (Foto Finizio) al compianto GM Pierfrancesco Betti, Maione pone le basi per il salto di qualità: mantenuta l’ossatura italiana, con Rocca, Cittadini ed i napoletani Morena e Spinelli, Napoli non ha sbagliato un colpo sul mercato.
Salutati i “totem” Allen e Penberthy, oltre al discontinuo Jeff Trepagnier, la coppia di guardie è costituita da Lynn Greer (Foto De Lise), funambolo americano da quasi 23 punti di media a partita pescato dalla Dinamo Mosca, e Jon Stefansson (Foto Finizio), islandese, ottimo difensore e perfetto equilibratore della squadra.
Il reparto ali è stato potenziato dall’atletismo di “Air France” Morandais e di Ansu Sesay, reduci dalle esperienze italiane a Cantù e Roseto, e la panchina puntellata con Jay Larranaga, guardia americana di passaporto irlandese (oggi nel coaching staff dei Celtics), esperienza ed intelligenza al servizio dei compagni.
Si è capito fin da subito che la squadra ha una chimica perfetta, ed ha tutto per lottare fino in fondo per il vertice: Napoli ha giocato un girone di andata favoloso, chiuso al secondo posto, e giunge quindi a Forlì (sede abituale delle Final Eight in quegli anni) con legittime ambizioni di vittoria, nonostante gli avversari siano di alto livello.
Una volta arrivati…ci sembra di non essere mai partiti, o di averci messo ore per fare la tangenziale ed arrivare al Palabarbuto: ovunque mi giri vedo amici e facce note, ci siamo praticamente tutti, un pezzo di Napoli ha invaso la piccola cittadina emiliana.
Venerdì 17 Febbraio 2006: Quarti di Finale
Il primo ostacolo è di quelli tosti, l’Armani Jeans Milano, che allora non dominava come ora, ma che aveva perso uno scudetto all’instant replay ed aveva già battuto i nostri sia all’andata che al ritorno in campionato: gli animi sono tesi proprio dopo la sfida di ritorno giocata un paio di settimane prima al Forum, in campo polemiche, negli spogliatoi dei nostri qualche ricordino poco piacevole lasciato per ricordarci l’emergenza rifiuti.
Si preannuncia battaglia, insomma, ma Napoli è pronta: il beniamino di “Zonautonoma”, Valerio Spinelli, tira fuori un primo tempo mostruoso e trascina la squadra con triple, giochi da 3 punti e recuperi in serie, facendo ammattire Bulleri e compagni.
Ai giocatori dell’AJ non basta spaccare l’arcata sopraccigliare di Rocca per mandarlo KO: il guerriero azzurro torna in campo, Greer guida l’attacco della Carpisa nel secondo tempo, e Milano cede, 83-79: la curva impazzisce, “eh oh, eh oh, a casa non si torna!”, cantiamo sulle note del Pinocchio di Comencini: l’avventura continua.
Sabato 18 Febbraio 2006: Semifinale
Anche stavolta non ci aspetta certo un avversario comodo: sfidiamo la Benetton Treviso di David Blatt, con in campo Siskauskas, Zisis, Teo Soragna ed un giovane dal futuro apparentemente luminoso, Andrea Bargnani.
I biancoverdi hanno intenzione di difendere il trofeo, vinto nelle ultime 3 edizioni, ma la fame di Napoli è più forte: la Carpisa rimonta il parziale di Treviso nel primo tempo e finisce travolgendo la Benetton: fondamentali ancora una volta Spinelli ed anche Capitan Morena (Foto Eurosport), che come ieri (e come accadrà in finale), piazza una tripla fondamentale oltre a suonare la carica dalla panchina.
Non crediamo ai nostri occhi, è vittoria, 84-74: “eh oh, eh oh, a casa non si torna!”, ed ora si sogna sul serio.
Domenica 19 Febbraio 2006: Finale
Se venerdì c’era tensione, figuriamoci adesso: la paura e la voglia di portarci a casa la coppa si mescolano, le facce sono tirate, il pranzo in una Ravenna invasa dai carri di Carnevale non riesce a distrarci troppo.
Di fronte avremo la Lottomatica Roma, i cui tifosi sono legati ai nostri da antica amicizia: si prospetta un clima fantastico al PalaFiera, l’onda azzurra è aumentata nel weekend…non resta che vincere.
La partita è bella, vibrante, equilibrata: Roma ha due autentici fuoriclasse, David Hawkins (amico di Greer ai tempi del college) e soprattutto il maestro Dejan Bodiroga, veterano dalla classe ancora cristallina.
Non si può che finire al supplementare, con buona pace delle nostre coronarie, e all’overtime a decidere l’incontro è il guizzo di chi non ti aspetti: Alessandro Cittadini, centro messo spesso in discussione nei suoi anni napoletani, cattura un rimbalzo offensivo straordinario e sigla il canestro che ci da la certezza del trionfo.
Finisce 85-83, e dopo la sirena…il delirio: l’invasione di campo, gli abbracci, “We are the Champions” cantata a squarciagola a braccetto con gli amici, Hawkins MVP che regala il premio all’amico Lynn…e il capitano, il mio amico Mimmo, che alza quel trofeo che avevamo sognato per tre giorni.
“Eh oh, eh oh, si torna con la coppa!”, cantiamo mentre guido verso Napoli, a notte fonda, ma senza il rischio di addormentarsi al volante, tanta è l’adrenalina che ancora scorre nelle vene di tutti noi; il giorno dopo, per chiudere il cerchio, tutti al Palabarbuto per tributare l’ennesimo applauso ai nostri.
Quel trionfo di ormai 15 anni fa è stato l’apice di anni meravigliosi, passati via troppo presto e non senza rimpianti: uno scudetto perso in una serie memorabile di semifinale a Bologna, con Greer che guarda il cronometro sbagliato (ma questa è un’altra storia…), l’Eurolega e le top 16 sfumate in un derby maledetto contro Treviso, i passi più lunghi della gamba fatti da Maione per adeguare il palazzetto, il fallimento….il primo di una lunghissima, dolorosa serie.
Oggi il Napoli basket sembra finalmente pronto a tornare ai livelli che competono ad una piazza piena di amore per la palla a spicchi, ma nell’attesa che Sacripanti ed i suoi portino a termine la missione, non resta che cullarci in questi ricordi: una squadra indimenticabile, tre giorni speciali, amicizie ed emozioni ormai lontane, eppure sempre vive.
Quindici anni dopo, grazie ancora, ragazzi.