Do You Remember?: Bob McAdoo campione dei due Mondi
Oggi è sicuramente una delle giornate speciali per il Do You Remember? perché parleremo, racconteremo e ricorderemo di una delle stelle, se non forse la stella più luminosa tra i giocatori americani visti nel nostro campionato: Bob McAdoo. Sia chiaro, che è sempre difficile fare classifiche sul talento, la classe, l’efficacia tra giocatori di basket contemporanei, e fare ciò risulta ancor più arduo quando si mette in competizione giocatori di periodi storici diversi, ma McAdoo a pieno diritto può essere incluso tra la Top Three delle più grandi star arrivate in Italia. Alto 206 cm per 95 cm di peso avrebbe il fisico da 5 o da 4, ma è sempre stato complicato dargli un ruolo definito, e proprio per questa caratteristica, oltre che per il passo felpato e la dolcezza del suo tiro, che negli Stati Uniti un certo Kevin Durant nei primi anni della sua carriera gli è stato paragonato da alcuni addetti ai lavori. Bob, nato il 25 Settembre del 1951, a causa di una condotta scolastica non eccelsa arrivò alla North Carolina University solamente nel 1971, dopo essere stato un anno alla Vincennes Junior College. La sua carriera universitaria a North Carolina dura solamente una stagione, nella quale raggiunge le semifinali alle Final Four e viene inserito nel quintetto universitario dell’anno, perché già nell’estate del 1972 incomincerà la sua carriera in Nba quando sarà la seconda scelta al Draft della neonata franchigia dei Buffalo Braves. Nella seppur modesta squadra di Buffalo al suo primo anno tra i pro viene nominato Rookie dell’anno con in media 18 punti e 9 rimbalzi a partita. La crescita di Bob nel Nba coincide con la crescita dei Braves, infatti nel secondo anno Bob vincerà la classifica dei marcatori ed i suoi Buffalo arriveranno ai play-off, mentre l’anno successivo quello 1974/75 sarà da incorniciare perché Bob rivincerà la classifica dei marcatori con 34,5 punti a partita, sarà primo nella classifica dei rimbalzi totali e vincerà il titolo del Mvp dell’anno, ma i suoi Braves arrivati terzi alla fine della stagione regolare saranno subito eliminati da Washington. L’anno seguente Bob nel 1975/76 vincerà per la terza stagione consecutiva la classifica marcatori con oltre 31 punti di media, ed arriverà alla fine della stagione il divorzio con Buffalo, oramai diventata una realtà troppo piccola per le sue aspirazioni e per la sua voglia di essere una stella sotto i riflettori dei media americani. Nell’estate del 1976 si trasferirà ai New York Knicks e li rimarrà per tre anni, ma nonostante medie realizzative ancora di tutto rispetto (23,7 il primo anno, 26,7 il secondo, 26,9 il terzo) anche la città della grande mela si rivelerà per lui avara di successi. Quindi nel successivo quadriennio per McAdoo incomincerà una sorta di pellegrinaggio di una franchigia all’altra: nel 1978/79 ai Boston Celtics (20,6 punti di media), tra il 1979 ed il 1981 a Detroit (21,1 punti nella prima stagione con i Pistons ), e nel 1981/2 dopo aver giocato 10 partite con New Jersey nel Natale del 1981 si trasferirà ai Los Angeles Lakers. Quando arriva ai Lakers McAdoo, ormai trentenne, convinto da coach Pat Riley deciderà di spogliarsi dei panni di uomo franchigia per decidere di vestire i panni di sesto uomo di lusso per la propria squadra, capace di assicurare ai propri compagni un cospicuo contributo in punti, rimbalzi ed esperienza uscendo dalla panchina. Questa scelta si rivelerà la più azzeccata della sua carriera tra i pro americani infatti a Los Angeles si toglierà la soddisfazione di vincere due anelli; quello nel suo primo anno ai Lakers nel 1982, e quello nel suo ultimo anno con i giallo-viola nel 1985. Nell’anno successivo nel 1985/86 sarà a Philadelphia per la sua ultima stagione in Nba, perché nell’estate del 1986 farà la seconda scelta più indovinata della sua prestigiosissima carriera, cioè quella di venire in Italia all’Olimpia Milano. Nella città meneghina, infatti, nonostante i 35 anni d’età sulla sua carta anagrafica, è disposto a scommettere ad occhi chiusi sulla sua classe coach Dan Peterson, che vincerà a mani basse questa scommessa. La sua prima stagione a Milano quella del 1986/87 sarà subito indimenticabile per lui e Milano, infatti con la Tracer realizzerà 26,1 punti e 10, 2 punti a recita in campionato, vincerà lo scudetto contro la Mobilgirgi Caserta, la coppa Italia e la Coppa Campioni nella finale di Losanna contro il Maccabi Tel Aviv per 71-69. Nel 1987 sarà completato il Grand Slam con Milano vincendo la Coppa Intercontinentale con la vittoria nella finalissima sul Barcellona al PalaLido di Milano per 100-84. Sempre nella stessa stagione nella 1987/88 arriverà il bis in Coppa dei Campioni battendo sempre nella finalissima di Gand lo stesso avversario il Maccabi per 90-84. Nel 1988/89 con il debuttante coach Franco Casalini invece arriverà la vittoria del suo secondo scudetto nella celeberrima finale di campionato conclusasi con il giallo finale di gara 5 del canestro non canestro di Forti sul campo della Enichem Livorno. La stagione 1989/90 sarà la sua ultima con la maglia dell’Olimpia con la quale chiederà con la stratosferica cifra di ben 27,5 punti realizzati di media in 31 gare in campionato. Chiusa la parentesi milanese per Bob si aprirà un’altra esperienza in Italia con la Filanto Forlì tra il 1990 ed il 1992. In quel di Forlì giunge in una squadra appena promossa nel campionato di A1, e darà il suo grandissimo contributo a 40 anni d’età con la bellezza di 31,7 punti a partita nel raggiungere la salvezza attraverso i play-out. Retrocessione, che i romagnoli non potranno evitare nella successiva stagione quando Bob comunque riuscirà a realizzare quasi 27 punti di media in 20 gare. L’ultima sua brevissima apparizione in Italia, prima della conclusione della sua carriera, sarà alla TeamSystem Fabriano, dove giocherà le ultime due partite di campionato con i marchigiani prima contro Rimini, e poi a Bologna contro Virtus. In entrambe le gare, nonostante 22 punti di media di Bob arriveranno due sconfitte, che condanneranno i fabrianesi alla retrocessione diretta in A2. Chiusa la carriera, e questa è storia molto più recente, incomincerà la carriera di allenatore, dove tra l’altro diventerà vice allenatore ai Miami Heat; ma le cose che rimangono più negli occhi, oltre alla sua immensa classe, sono la sua incredibile serie di successi e le sue cifre da sballo prima in Nba e poi in Italia, ebbene si proprio questa nel presente ”Italietta” dei canestri, ha avuto in passato l’onore di vedere sui propri parquet un tale campione.