Ci piacerebbe davvero rivedere Curry in streaming su Netflix?
Meno di un anno fa usciva sul sito del “New Yorker” un articolo dal titolo abbastanza eloquente: “Now Streaming: The Golden State Warriors”. Nell’articolo si millantava un presunto accordo tra la famosa piattaforma di streaming Netsflix (scritta proprio così , con la “s”) e la franchigia californiana. In base a questo accordo gli abbonati alla piattaforma avrebbero potuto rivedere in qualunque momento le 82 e più partite che avevano portato l’anno prima gli allora campioni Nba fino al titolo. Golden State sarebbe stata una vera e propria serie, portando nel caso si volesse, anche ad un abbuffata, un “binge watching sportivo” che sarebbe potuto durare settimane e mettere a rischio la vita sociale di molti dei malati del gioco inventato da James Naismith.
Molti siti, soprattutto da questa parte dell’Oceano, ripresero ingenuamente la notizia credendola veritiera. In realtà si trattava palesemente di uno scherzo. L’articolo era infatti ospitato nella sezione “Daily Shouts”, la parte dedicata alla satira e allo sberleffo dello storico magazine newyorchese, liberamente ispirata a quel “The Onion” che aveva aperto le porte del web a questo tipo di siti. L’articolo, a firmadi Steve McPherson, riportava addirittura delle presunte dichiarazioni del commissioner Adam Silver, preoccupato di stare “al passo con i tempi”, e il riluttante benestare di un non troppo convinto Steph Curry. La chiusura in realtà rendeva chiaro quanto di poco serio avesse l’articolo con la promessa di un finale in cui sarebbe “scomparso qualcuno”, col povero McAdoo a chiedersi: “sarò io?”, e la mancanza di dichiarazioni di altre squadre giustificate dalla voglia degli altri ventinove di non incappare in spoiler.
Lo scherzo è bello e riuscito ma propone, forse involontariamente o forse no, una serie di interrogativi interessanti una volta terminata la lettura. La prima interessante domanda che sorge spontanea è se operazioni così siano in programma. Netflix, come altri concorrenti focalizzati unicamente sullo streaming, per ora ha rigettato l’idea di investire sullo sport. La scelta se esaminata superficialmente sembrerebbe un’occasione persa, soprattutto in Italia. Per quanto la creazione di (soprattutto) serie di qualità abbia creato un discreto hype attorno ai prodotti creati dal gigante americano restano dei dubbi su quanto il “modello Netflix” possa funzionare sul lungo-medio periodo. Competitor come Sky e Mediaset infatti, a fianco ad un’offerta in continua crescita in tema di serie e film, garantisce una offerta variegata di eventi sportivi (soprattutto Sky). Credere che gli italiani al bar possano arrivare a sostituire nelle loro conversazioni abituali l’ultima partita per parlare dell’ultima puntata del pur eccellente “Master of None” risulta utopico.
Risulta ad oggi quantomeno utopistico pensare che gli italiani possano smettere di commentare con trasporto eventi come un derby tra Milan-Inter o la finale di X Factor per sostituirli, nei loro discorsi quotidiani, con l’ultima puntata di Master of None o di una qualsiasi altra serie vista su Netflix .
Ma allora perchè Netflix non fa davvero qualcosa per ospitare eventi sportivi sulla piattaforma? Semplicemente perchè ad oggi non può. E’ come se Netflix fosse una casa bellissima ma senza una stanza per ospitare quegli ospiti rumorosi che sono i tifosi o i semplici appassionati. Alzare una parete, anche in cartongesso, per creare quella stanza però cambierebbe fortemente la conformazione della casa.
Spendere per mantenere anche i nuovi ospiti costerebbe di più e la cosa andrebbe a scapito dell’altissima qualità delle produzioni in onda o semplicemente in cantiere mentre scriviamo.
Come abbiamo visto prendendo in esame l’articolo del New Yorker non si può prendere le logiche dietro la messa in onda di un film o di una serie e applicarle uguali ad un evento sportivo. Non si può fruire molto semplicemente di una partita con lo stesso trasporto con cui si segue un episodio di “House of Cards”. Sarebbe come cercare di fare della musica jazz con la strumentazione dei Pantera (non ci provate mai, per l’amor di Dio). Proprio per questo non si può ipotizzare un’ abbuffata, o un binge watching a tema “sportivo”. Non perchè le tecnologie non lo rendano possibile, di fatto lo si poteva fare già con le VHS, ma perchè molto semplicemente non sarebbe un’operazione remunerativa per l’azienda, non importa se essa si chiami Netflix, Hulu, o TeleAesse. Non sarebbe renumerativa perchè è abbastanza immediato capire che quelli interessati a vedersi più di ottantadue partite di cui sanno già il risultato sono pochi, soprattutto se pensiamo a quanto costerebbe aquisire i diritti dei singoli match e magari ricommentarli. E sì, pechè ci sarebbe pure il problema legato al commento. Se compro le partite, anche quelle andate in onda su Sky, poi non è che nel pacchetto ho anche la telecronaca di Flavio Tranquillo, a meno che l’azienda che lo paga-Sky-non mi autorizzi a usarla, e non c’è una buona ragione per cui dovrebbe farlo, a maggior ragione gratis.
Netflix potrebbe comprare i diritti e diventare broadcaster dei campionati ma diventerebbe qualcosa di diametralmente diverso a ciò che è adesso e diventerebbe più simile ai giganti Sky e Mediaset. Non è escluso che un giorno Netflix faccia questo passo ma ad oggi appare poco probabile e poco conveniente per tutte le parti in causa. Quindi per ora, con i campionati appena iniziati o in procinto di farlo, dovremo accontentarci di vedere senza sapere come va a finire. La buona notizia è che, almeno per ora, non rischiamo di imbatterci in spoiler.
Photo: Keith Allison
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