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C’era una volta la Coppa Italia… Avellino, quando il sogno divenne realtà: dal possibile fallimento alla conquista della Coppa Italia

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Green, Avellino

Estate 2007. Estate difficile per la Scandone. Non che sia una novità da quelle parti: gli sponsor latitano e il budget, come ogni anno, è tra i più bassi del campionato. La squadra è ormai da sette anni in serie A. Gli ultimi due campionati sono stati però un calvario, soprattutto sul lato sportivo.

Nel 2006 è grazie al fallimento di Roseto che Avellino ha potuto cancellare una dolorosa retrocessione sul campo mentre proprio nel 2007 la permanenza è arrivata solo all’ultima giornata grazie alla sconfitta della concorrente Reggio Emilia sul parquet di una già tranquilla Capo d’Orlando. Per questo motivo le voci di una rinuncia alla serie A sono assai insistenti. Lo sponsor ci sarebbe pure (la partecipata Air, attiva nel settore trasporti), quello che manca è però una proprietà, viste le dimissioni ad inizio estate del presidente Cardillo. Gli appelli della tifoseria organizzata cadono nel vuoto ma proprio quando la parola “fine” sembra scritta, ecco il colpo di scena. Dall’imprenditoria locale esce il nome di Vincenzo Ercolino, costruttore ed irpino doc. Non un emiro ma ciò che è certo è che la Scandone è salva.

Appena arrivato, Ercolino conferma Matteo Boniciolli a cui affida non solo il ruolo di allenatore ma anche quello di direttore sportivo, nonostante parte della stampa e della tifoseria ne volesse la testa vista la disastrosa precedente stagione. Il mercato porta però poche certezze (leggasi conferma di Radulovic) e tante scommesse. Tra i molti arrivi da segnalare quelli di un Andrea Righetti in cerca di un ruolo da protagonista dopo tanti anni da comprimario a Roma, di un certo Devin Smith, americano sconosciuto ai più e reduce da una retrocessione in Leb Gold con San Sebastian, di un ancora acerbo Eric Williams e di un folletto di 165 cm come Marques Green, con esperienze non certo memorabili a Nancy ed Ankara. Il solito mercato “da Avellino”, si dirà, sperando che qualche brutto anatroccolo si trasformi in cigno ed assicuri l’ennesima salvezza.

L’avvio però è assai stentato e sembra confermare le perplessità sulle scelte compiute in sede di mercato: nelle prime tre giornate, di cui due in casa, arrivano tre sconfitte senza attenuanti. La panchina di Boniciolli inizia pertanto a traballare. Il presidente, che già contro tutto e tutti lo aveva riconfermato poche settimane prima, gli rinnova però la fiducia e per cementare il gruppo inizia ad organizzare numerose cene nella propria casa di Mercogliano con la moglie Gina pronta a cucinare per tutta la squadra. E tra un piatto di piatto di fettuccine fatte in casa ed una pizza Avellino come per magia inizia a carburare. L’asse play-pivot composta da Green e Williams fa strabuzzare gli occhi, la rinascita di Righetti crea più di un rimpianto nella capitale, il talento e la classe di Smith, arrivato come sesto uomo e in un amen fisso in quintetto, illuminano il PalaDelMauro. Nelle successive 14 partite arrivano 11 vittorie e la classifica a fine girone d’andata è emblematica: secondo posto, a pari punti con Biella, Montegranaro e Roma e dietro solo alla capolista indiscussa Siena che al giro di boa arriva addirittura imbattuta. Una festa per Avellino che mai era arrivata così in alto conquistando per la prima volta nella sua storia l’eccesso alle finali di coppa Italia.

Le FinalEight che si disputano al PalaMalaguti di Bologna dal 7 al 10 febbraio sembrano però già avere una vincitrice designata, quella Siena autrice di 17 vittorie in altrettanti incontri. Ma ecco che ai quarti di finale arriva la prima sorpresa: Pesaro, grazie alle prove balistiche di Myers (alla sua ultima stagione in A), Slay, Clark e Brokenborough, butta fuori la Montepaschi (78-77) a cui non basta il tiro della disperazione di McIntyre. Sempre nella stessa giornata Roma, l’altra grande favorita, viene eliminata dai padroni di casa della Virtus Bologna (allora targata “La Fortezza”). Si arriva al venerdì, giorno degli altri due quarti, senza una vera favorita per la vittoria finale. Biella batte non senza qualche fatica Capo d’Orlando mentre Avellino manda a casa Montegranaro vendicandola sconfitta patita in regular season all’esordio. Una seconda rivincita i biancoverdi se la prendono in semifinale battendo una stanca Biella e approdano così in finale. In terra irpina c’è chi inizia davvero a credere nel sogno: il gioco spumeggiante impresso ai suoi da Boniciolli e le contemporanee sconfitte di Siena e Roma nella parte alta del tabellone portano i tifosi a riempire il PalaMalaguti. La truppa biancoverde ha davvero bisogno dei suoi sostenitori anche perché nell’atto finale dovrà vedersela proprio con i padroni di casa che vogliono ritornare ad alzare un trofeo dopo i fasti di “messiniana” memoria e il fallimento del 2003.

Nell’impianto di Casalecchio di Reno salgono più di 2500 avellinesi che espongono uno striscione dalla scritta emblematica: “Benvenuti al PaladelMauro”. I bolognesi non son da meno e non fanno mancare il proprio calore. La partita è avvincente ed equilibrata per quasi tutti i 40’. Solo nelle battute finali Avellino riesce ad avere la meglio grazie alle triple di Smith, alla freddezza di Green e ad uno sfondamento di Spencer guadagnato da Cavaliero. Il 73 a 67 finale manda in estasi giocatori e tifosi irpini che possono così mettere in bacheca una storica Coppa Italia. La “favola Avellino”, così la definiranno diverse testate nazionali, continuerà la sua marcia fino alle semifinali scudetto conquistando un’ incredibile qualificazione alla fase finale di Eurolega. Un gran bel traguardo se si considera che la Scandone era ad un passo dal fallimento solo dieci mesi prima.

A fine stagione molti degli eroi di Bologna lasceranno l’Irpinia: Green e Smith voleranno in Turchia (destinazione Fenerbahçe), Righetti sposerà (con poca fortuna a dire il vero) il progetto proprio della nuova Virtus Bologna e Boniciollideciderà di tornare nella sua Trieste non senza qualche polemica. Nonostante ciò quel 10 febbraio 2008 rimarrà indelebile nella mente di tutti. Qualsiasi avellinese sarebbe in grado di dirvi esattamente dove e con chi si trovava in quella fredda domenica di febbraio. Per un popolo, spesso costretto a lasciare la propria terra per cercar fortuna altrove, quell’impresa fu motivo di vanto e di rivalsa. In quel giorno il sogno divenne realtà.

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