Allen Crabbe, la brezza fresca che soffia a Portland
Quando ad Allen Crabbe hanno iniziato a dire che aveva natali importanti non si riferivano certo a antenati che si erano distinti per meriti sportivi. Tuttavia studiare al piccolo liceo Frederick K.C Price III Christian School non lo mise al riparo dalle pressioni e da qualche malignità sussurrata nei corridoi, a prescindere da come trattasse il pallone arancione. Colpa di nonno Crabbe che, tra le altre cose, era stato il fondatore della scuola oltre ad essere un famoso pastore i cui sermoni erano e sono seguitissimi.In una realtà così hai solo una strada per metterti in mostra se sei un aspirante giocatore di basket: vincere. La competizione nello strato della California non è esattamente la stessa del più ameno Nebraska. Il cast di supporto poi sembra formato dai classici ragazzi volenterosi che starebbero bene in un film Disney e il liceo ha regalato all’America predicatori e economisti ma la tradizione per la pallacanestro non è lucente allo stesso modo. Quello che ha fatto più carriera su un parquet è, ironia della sorte, un altro Crabbe. Si tratta del padre di Allen, capace di annoverare nel suo curriculum un dignitoso quinquennio nell’ateneo di Pepperdine, probabilmente nel suo prime a livello di programma sportivo.
Il nostro, aiutato anche dalle preghiere nella cappella dell’istituto e da un talento ereditato dalla generazione successiva, riesce nell’impresa di mettere sulla mappa portando a casa il bersaglio grosso. La concorrenza è rappresentata da Salomon Hill, oggi ai Pacers, e da Dwayne Polee, che allora rappresentava un concorrente ben più credibile. In tre anni Crabbe si prende tutto: titolo statale e premi personali sopratutto il Mister basketball della California succedendo a tale Kawhi Leonard.
Il destino però è di essere outsider, Ucla e Usc arrivano a timidi interessanti ma quello che alza per primo il telefono è Mike Montgomery, tornato di recente a California. Il successo personale non lo mette al riparo da una lotteria tranquilla. Beffardamente diventa la prima scelta del secondo giro, Cleveland ha però troppe scelte e troppi progetti in evoluzione vorticosa per valutarlo. Neanche il tempo di mettere il cappellino e viene mandato a Portland.
Il tiro ci sarebbe e in Oregon non avrebbero problemi a svilupparlo ma il fisico suggerisce di ripassare più tardi. D’altronde in fatto di esterni Portland annovera Lillard e Matthews. La rivincita viene presa in allenamento dove la second unit guidata da lui e McCollum, giustifica una fiducia che da fuori parrebbe ottimistica.
L’ultima estate però cambia la vita di Crabbe. I fattori esterni lo aiutano: Portland effettua un coraggioso restyling che apre le porte del campo al californiano. Come ha però imparato Allen “aiutati che Dio ti aiuta” e allora il nostro cresce fisicamente, cambia dieta e parrucchiere, anche se l’ultima scelta è un po meno fortunata esteticamente. Arriva anche un nuovo soprannome, a certificarne ulteriormente la crescita e l’impatto dalla panchina: “Cool Breeze” ovvero “brezza fresca”. Come quella che soffia sulla giovane Portland, squadra di underdog per eccellenza.