‘Sunshine’ Pecile racconta la sua prima esperienza a Trieste: “Me la sto godendo!”
Nella prossima stagione, il playmaker triestino Andrea Pecile indosserà finalmente la maglia della Pallacanestro Trieste. In tanti anni di professionismo, con oltre dieci team, questa sarà la prima volta con la maglia della sua città. “Sunshine” racconta tutte le sue sensazioni in una lunga intervista ai microfoni del quotidiano “Il Piccolo”:
Come ci si sente, triestini, a essere a 35 anni per la prima volta un giocatore della Pallacanestro Trieste?
Me la sto godendo! La prima settimana di lavoro mi è piaciuta. Stiamo costruendo un buon ambiente: tutti sono disponibili a lavorare, ho visto gli occhi giusti.
In che senso?
È importante leggere negli occhi delle persone. Io negli sguardi dei miei compagni di squadra ho visto la voglia di lavorare insieme per migliorare e vincere. Si può anche fare casino fuori dal campo ma in allenamento tutti zitti e concenuati. Quanto a me, non ho certo bisogno di inventarmi stimoli.
Cosa crede di poter dare alla squadra?
In questo momento posso cercare di dare l’esempio in allenamento, poi sarà il campo a dire in cosa sarò più utile. Servissero soprattutto i punti o la gestione degli ultimi minuti o semplicemente dare il mio sostegno incitando i ragazzi dalla panchina, io ci saio. Sono venuto qui per fare sul serio.
Ragazzo di San Giusto, ha iniziato le giovanili nel Don Bosco. Poi Gorizia. Senza passare per la Pallacanestro Trieste. Perché?
Un’unica ragione probabilmente non c’è. Una premessa: il mio Don Bosco a livello giovanile splendeva di luce propria ed era un serio antagonista della Pallacanestro Trieste, la formazione juniores riuscì a vincere uno scudetto di categoria. A Gorizia l’allora assistent coach della prima squadra e responsabile della juniores, Franco Ciani, e il manager Massimo Piubello avevano deciso di lanciare ogni anno in prima squadra una promessa della regione. Per l’annata 1979 puntarono su Federico Bellina, per l’80 su…Pecile. La Pall.Trieste non si fece avanti o comunque mai con convinzione, Gorizia invece propose un triennale. Inevitabile la scelta. Ero nella squadra che battè la Genertel di Marie e O’Bannon nella finale play-off. Non si fosse rotto Thomas sicuramente sarebbe stata una Trieste diversa. Gorizia ebbe la sua Al ma il sogno fu di breve durata visto che poi cedette i diritti a Pesaro. Dove finii anch’io, poi girato a Ragusa.
Dopo quell’anno in Sicilia, tre anni a Pesaro, Granada, Siena, Avellino, Siviglia, Lugo, Rimini, Jesi, Bologna sponda Fortitudo, ancora Pesaro e infine Capo d’Orlando. Tante tappe. La più significativa?
La Spagna. Arrivavo da un’esperienza importante: a Pesaro mi ero confrontato con grandi allenatori e campioni che mi avevano formato. Volevo mettermi alla prova con un’altra avventura umana e professionale. A Granada ho trovato tutto questo. Ero uno degli stranieri in una squadra che voleva diventare una grande nel giro di 4-5 anni. La Liga stava crescendo, sono maturato come persona, ho cominciato a giocare da guardia, ho scoperto nuovi metodi di allenamento.
Capitolo Nazionale.
Ho un’ottantina di presenze ma compresse in un periodo abbastanza breve. Posso però dire di aver disputato un Europeo e un Mondiale. E nel mio piccolo anche in azzurro ho cercato di fare l’esportatore di triestinità. Ci riuscivo del resto anche in Spagna: nei primi tempi non capivo la lingua ma il suono era simile al dialetto e così a chi mi parlava in spagnolo rispondevo in triestino…
Ha deciso l’ultima manifestazione internazionale vinta dall’Italia.
I Giochi del Mediterraneo del 2005. Una mia bomba allo scadere nella finale contro la Grecia. Un bel momento. Un po’ meno la preparazione per quei Giochi, iniziata prestissimo con raduni in palestre-sauna…
Impressioni sulla Nazionale attuale?
Bella squadra. Ha tutto: classe, la giusta esperienza, chili, centimetri. Poi, si sa, i risultati possono venir determinati da un episodio.
La lista delle squadre in cui ha giocato è lunga quasi quanto l’elenco dei soprannomi e delle iniziative. Sunshine, per iniziare.
Un brand depositato già da tempo. Il marchio è facilmente riconoscibile, vorrei promuoverlo ulteriormente. T-shirt, abbigliamento casual.
Il camp.
Il Camp Trieste Tropics. é la mia associazione. Mi piace inventare momenti di basket per i giovani. Gioco e sport, nella palestra del Bor ho la fortuna di poter far conoscere ai ragazzini anche tanti miei amici.
Nell’ultima edizione, tra gli altri, Cavaliero, Ruzzier, Coronica, Bossi, Mastrangelo. Non manca mai il coinvolgimento di giocatori locali.
Mica li coinvolgo solo nel basket. Voglio portare la Pallacanestro Trieste alla prossima Olimpiade delle Clanfe. Landi mi pare promettente. Pipitene? Per lui una “bomba americana”, chissà quanta acqua tira su..
Non risparmia nessuno.
Assolutamente. In questi anni ho fatto proseliti. Di Datome si sa già, Cutolo è diventato uno specialista, in tanti altri ci hanno provato. Solo Antonutti ha fatto resistenza ai tuffi alla triestina. El xe furlan..
Insomma, al pubblico del PalaRubini possiamo dire di stare sereni sempre?
Parlavo con Carra dell’entusiasmo dei tifosi triestini riesploso negli ultimi anni. C’è stato un momento in cui parecchi tra i vecchi sostenitori si erano disaffezionati. Troppi anni di B. Nel frattempo si stava avvicinando alla squadra una nuova generazione di sostenitori. Ecco, credo che l’entusiasmo di Trieste nei play-off si spieghi così: i nuovi tifosi insieme ai “vecchi” che si sono ri-innamorati. Non voglio deluderli.