Troppo poco dal duo USA, Orlandina ancora ferma a quota zero. Cosa c’è da cambiare?
Ancora un k.o., il secondo di fila in casa, il quarto in campionato e il sesto su altrettanti incontri nelle partite ufficiali (considerando pure le sconfitte in coppa con Barcellona). L’Orlandina rimane ancorata a quota 0, stenta a decollare e non fornisce un gioco divertente ai propri tifosi.
Il titolo di questo articolo dice tutto: “troppo poco dal duo USA”, troppo poco da Battle e Young. Troppi tiri forzati, troppa presunzione e poca fiducia nei compagni. Se c’è una cosa da recriminare alla squadra, questa è lo scarso gioco corale, così come evidenziato, tra l’altro, da coach Bernardi nel dopo gara di Casale-Orlandina.
I due esterni americani hanno mostrato grandi doti tecniche ed atletiche nella preseason, hanno incantato i tifosi con le loro giocate risultando, chiaramente, i migliori realizzatori in ogni incontro. Quello che si è visto in questo primo sprazzo di campionato e quello che ci auguriamo di non vedere più per le prossime partite è l’impassibilità di Young, il più talentuoso della squadra con ampio margine sul secondo, totalmente assente a livello mentale durante la partita, troppo testardo e poco affiatato coi compagni (almeno durante le partite); quello che si è visto ancora una volta è la buona volontà di Battle, che si sbatte e prova in tutti i modi a cercare la via del canestro ottenendo però scarsi risultati al tiro, specie da 3 punti.
Le statistiche della partita dicono 0/7 per Young e 1/6 per Battle, quello che viene fuori sommando le loro medie al tiro da 3 dopo le prime quattro giornate è 4/19 (21%) per il primo, 7/30 (23%) per il secondo. Troppo poco per i giocatori cardine dell’attacco dell’Orlandina, troppo poco per vincere le partite.
Capo d’Orlando segna soltanto 61 punti, frutto di una discreta percentuale da 2 (24/40, 60%) ma, come detto prima, di una disastrosa prestazione da 3 (2/22!). Eppure i tiratori non mancano, c’è anche Rullo dalla panchina ma gioca troppo poco, c’è pure Portannese ma ancora non è al top per rientrare in campo a giocare. La sostanza c’è, ma non viene sfruttata o comunque viene sfruttata male.
Qualche critica può essere mossa nei confronti di coach Bernardi, come sempre grintoso e carismatico ma francamente con poche idee soprattutto in attacco: più volte Mathis e Battle arrivavano a 10’’ dal termine dell’azione palleggiando, senza aver costruito nulla, con l’unica opzione di entrare dentro e provare ad inventare qualcosa. Le soluzioni offensive ci sono ma non si vedono, la gran parte dei tiri presi non sono costruiti ma sono forzati.
Invece, a dispetto di quanto visto nelle giornate precedenti, oggi la difesa orlandina ha fatto dei progressi, ma se vogliamo trovare un punto su cui lavorare molto, bisogna migliorare nella rotazione quando si decide di fare il raddoppio sul playmaker avversario: nella partita di stasera, in particolare, si è notato più volte l’intensità difensiva di George che andava a raddoppiare su Walker, playmaker di Veroli, ma il resto della squadra non premiava la buona volontà del lungo dominicano non attuando le giuste rotazioni in stile “diagonale” calcistica.
Sul lato tecnico niente da dire, Marcelletti ha impostato molto bene la partita affidando tutti i palloni di Veroli a Walker, trascinatore e fromboliere americano, il quale ha spesso ha accelerato i ritmi di gioco trovando risposte positive sia dai propri tiri che da quelli dei compagni. Un po’ in ombra Jurevicius da 3 punti, per lui soltanto 1/6, ma di contro ha messo dei canestri di pregevole fattura in minuti importanti della partita. L’uomo che ha spaccato la gara in due, però, è stato senz’altro Hunter (19 punti, 1/1 da due, 5/10 da tre): non appena l’Orlandina provava a tornare sotto, con i suoi canestri la ricacciava di nuovo lontana, e non è un caso se la rimonta paladina sia arrivata proprio nei minuti in cui l’ex brindisino è stato seduto in panchina. Marcelletti ha poi ruotato con estrema puntualità tutti i suoi uomini, ha trovato pronti al momento giusto sia Rinaldi che Infante, ha schierato 15 minuti l’ex Rossetti per far rifiatare i suoi titolari e per aumentare l’intensità difensiva. La partita non l’ha vinta di certo lui, in campo vanno i giocatori, ma gran parte del merito va alla sua gestione di gara.
Per l’Orlandina buon contributo da parte di Poletti, il quale ha guidato la rimonta del terzo quarto con ben 8 punti di fila (14 totali); anche George, tutto sommato, ha mostrato la solita voglia di fare raggiungendo quasi la doppia doppia con 8 punti e 14 rimbalzi. Qualcosa da rivedere, invece, sugli 1vs1 spalle a canestro, nei quali oggi ha sofferto in particolare contro Rinaldi. Il resto della squadra ha fatto il proprio compito, Mathis in primis, con 12 punti di sostanza ed esperienza, Palermo con il suo solito contributo e Rullo con 5 punti in momenti fondamentale, ma troppo poco utilizzato da Bernardi.
Cosa c’è da cambiare? Di certo è presto per parlare di tagli, anche perché la società paladina ha già messo mano al portafoglio inserendo in corso d’opera sia Rullo che Mathis. E’ impensabile, ad oggi, rimpiazzare Young con un altro atleta dal passaporto americano. Ma non me ne voglia il buon Alex, così non va bene. Non va bene il suo atteggiamento svogliato, non va bene il modo in cui reagisce ai richiami dell’allenatore. Allenatore, appunto, che a mio avviso in questo momento è troppo rischioso da tagliare, nonostante le 4 sconfitte maturate fino adesso. Cambiare allenatore in questo frangente significherebbe ricominciare nuovamente tutto da capo, voltare ancora una volta pagina dopo gli spiacevoli infortuni di Passera e Portannese. In questa situazione d’emergenza, visti anche gli acciacchi di capitan Benevelli che oggi non ha preso parte al match, bisogna stringere i denti e lavorare sodo, mostrare voglia di vincere e di lottare… E a Capo d’Orlando, spesso abituata a vedere in campo cinque leoni, questo fattore manca già dallo scorso anno.
“Il patto è stringersi di più”, come dice il Liga, ora più che mai. Perchè la salvezza, grazie a Napoli, è ormai in tasca, ma non possiamo di certo accontentarci e concludere passivamente il campionato senza aver provato piacevoli emozioni.
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