Tutti in Spagna, tranne noi
Il mondiale è cominciato e tutti abbiamo la sensazione che manchi qualcosa: la nostra nazionale. Potevamo e dovevamo esserci in Spagna: potevamo perché inizialmente in pole position per la wild card, dovevamo in quanto bastava dare qualcosa in più sul campo per conquistare la qualificazione diretta. Il dato di fatto è che mentre gli altri calcano i parquet iberici, i nostri sono costretti a guardare da casa. Occorre fare un passo indietro e tornare allo scorso gennaio.
La FIBA era alla disperata ricerca di qualcuno che potesse spendere i famosi 800.000 euro. Le nazioni che alla fine hanno ottenuto l’invito, come ben sapete, sono Brasile, Finlandia, Grecia e Turchia. Avete letto bene, perché sulla carta di invito si tratta. Il problema è che nonostante ci siano dei criteri sani (popolarità della pallacanestro, risultati, marketing, copertura della televisione locale, interesse mostrato nell’ospitare manifestazioni cestistiche), a fare la differenza è poi la disponibilità economica. Parliamo di una cosa unica nel suo genere, essendo abituati ad un differente concetto di wild card. Nel tennis gli organizzatori invitano frequentemente giocatori del paese che ospita il torneo senza che questi debbano pagare, nel football americano e nel baseball la wild card viene concessa alle squadre che hanno il miglior record e non sono riuscite a vincere la propria division, fino ad arrivare al ciclismo dove oltre alle 18 squadre del Pro Tour gli organizzatori delle corse ne invitano altre 4. Insomma, nessuno ha mai pagato, lo ha ricordato anche in conferenza stampa il presidente federale al momento della rinuncia. Petrucci giustamente ha sottolineato la ragione principale: l’etica. In un momento di crisi non è corretto spendere per partecipare ad una competizione. Quando l’annuncio è stato fatto, nessuno ha osato fare la voce fuori dal coro. Fondamentalmente l’andare contro corrente avrebbe garantito al soggetto un bel lavaggio del cervello con annessa morale. Questo perché l’opinione pubblica e la stampa hanno determinato che si guardasse ad una sola faccia della medaglia. La wild card è stata dipinta come una spesa inutile, un buttare denaro per togliersi lo sfizio di vedere la propria federazione rappresentata. Ad appesantire il tutto sono stati i passi indietro di Germania, Cina e Russia. La prima era disponibile a partecipare, a patto che la FIBA le fosse andata incontro abbassando la cifra. La rinuncia del colosso orientale invece non è stata accompagnata da motivazioni ufficiali, se non quelle di un forfait dovuto all’incapacità di mettere su una squadra adeguata. L’opinione pubblica nostrana ha rincarato la dose una seconda volta con un riassumibile: “Non partecipa nemmeno la Cina, figuriamoci se poteva l’Italia che non ha una lira”. L’ironia della sorte vuole che la wild card l’abbia poi presa la Grecia, il paese per eccellenza in crisi. Non sono mancate in terra ellenica le polemiche, anche da noi sarebbe successo nel caso in cui l’assegno fosse stato staccato, essendo il tutto a livello di fenomenologia non troppo distante dalla recente firma con la nazionale di Antonio Conte. Nella parte in ombra della medaglia, dove nessuno ha avuto il coraggio di guardare veramente, c’è un mondo che ruota attorno alla parola “investimento”. La wild card avrebbe potuto esserlo. Proprio qualche giorno fa mi trovavo alla presentazione della nuova campagna abbonamenti della Virtus Roma. Il general manager dei capitolini, Nicola Alberani, ha ricordato come attualmente lo stipendio massimo sia quello che una volta percepiva addirittura un sesto uomo. Non è un problema esclusivamente romano, ma che interessa tante altre squadre. Gli sponsor stanno scappando dalla pallacanestro e gettare in tavola la carta del mondiale avrebbe potuto sortire qualche effetto in termini di visibilità. Sportitalia e l’ottima copertura che stiamo vedendo in questi giorni avrebbero aiutato, purtroppo all’epoca del rifiuto nulla si sapeva a riguardo. Delle nazioni che si sono tirate indietro poche avevano un bisogno vitale di partecipare. Se consideriamo la già citata Cina, sicuramente una partecipazione al mondiale avrebbe fatto bene, ma il gran lavoro di promozione della pallacanestro è già stato fatto grazie a Yao Ming, operato che potrebbe un domani essere motivo di ingresso nella Hall of Fame. Questo spiega il perché i cinesi abbiano scelto di non partecipare preoccupati da una passibile brutta figura. A rimetterci tra FIBA e Cina è sicuramente la prima, che non vedrà il proprio torneo seguito con lo stesso interesse del passato da quella fetta di mondo. Per un paese calciofilo come il nostro questa rappresentava l’ultima opportunità per cavalcare l’onda di Brasile 2014 e spiegare alla maggioranza che esiste anche un altro mondiale, visto che la competizione dalla prossima edizione tornerà ad essere organizzata in anni differenti rispetto a quella della FIFA, cosa che accadeva prima del 1970. In definitiva c’erano sufficienti ragioni per prendere almeno in considerazione la wild card. Uno sponsor avrebbe fatto comodo, anche perché la somma, che all’apparenza può sembrare elevata, non è in realtà nuova per la nostra pallacanestro: 800.000 euro è il guadagno annuale degli italiani più pagati. Alcune delle realtà che sono al mondiale hanno trovato un aiuto, chiamatelo anche manna dal cielo, come la Finlandia che è riuscita a pagarsi l’accesso grazie alla pubblicità fatta alla competizione da Angry Birds. A proposito, se state lavorando a qualche progetto, portatelo avanti. Magari è proprio grazie alla vostra applicazione che riusciamo a partecipare al prossimo mondiale.