Alla vigilia della finalissima scudetto Milano-Siena, che scatterà domenica prossima con la gara 1 del Forum d’Assago, è stato il momento di coach Luca Banchi raccontare le proprie sensazioni attraverso le colonne della Gazzetta dello Sport a due giorni dall’inizio della serie per il tricolore. Il primo aspetto singolare e che potrebbe fare entrare Banchi nella storia dell’Olimpia sta nel fatto, che il tecnico potrebbe diventare il primo allenatore campione d’Italia nell’anno del debutto sulla panchina milanese,
cosa nella quale non sono riusciti mostri sacri come Cesare Rubini o Dan Peterson : “Lo so dal primo momento in cui ho messo piede a Milano e non mi aiuta. Se nessuno ha vinto al primo colpo significa che il quoziente di difficoltà è altissimo”. Messi da parte i record del club e personali , il coach si sofferma sul raccontare il proprio percorso e della squadra durante la stagione: “La finale era un traguardo necessario. Non mi interessa quello che viene percepito o preteso dall’esterno. Ad inizio stagione avevamo un obiettivo e delle modalità per raggiungerlo. Tutto quello che è successo quest’anno era necessario che accadesse per arrivare dove siamo ora. L’avvio di stagione è stato frustrante perché abbiamo intrapreso il cammino con un gruppo incompleto colpito da tanti infortuni. Il momento più incoraggiante invece è stato constatare, nelle Top 16, la crescita esponenziale della qualità del gioco e il feeling e la complicità che si è creata nello spogliatoio”. Poi il pensiero, naturalmente, va alla sfida contro Siena sia dal punto di vista tecnico, che da quello emotivo dopo i tanti anni trascorsi da Banchi prima da vice allenatore e poi da capo allenatore campione d’Italia la scorsa stagione: “Siamo squadre diverse, con una differente distribuzione del gioco. Siena, alternando le proprie difese, cercherà di toglierci i ritmi a noi congeniali. Dal punto di vista emotivo non si discosterà dalle sfide precedenti e dal quarto di finale dell’anno scorso: sarà una serie lunga, impegnativa dove conterà molto la fermezza e l’equilibrio tattico e psico-fisico. Ho scelto di non dare alcun giudizio sul momento societario di Siena. Quello che è accaduto negli ultimi mesi mi coinvolge dal punto di vista emotivo e affettivo e quindi voglio tenermi dentro di me certe sensazioni senza condividerle. Quello che mi resta è la consapevolezza di aver fatto parte di un periodo straordinario e forse irripetibile. Mi restano le imprese sportive ma soprattutto le relazioni intrecciate con persone e una città uniche”. Infine il coach parla del momento di Hackett e Moss, con i quali condiviso l’esperienza senese: “ Il rendimento di Daniel è al di sotto delle sue potenzialità. Lo sappiamo noi e lo sa pure lui, ma io preferisco focalizzarmi sulle esigenze della squadra di cui Hackett è un ingrediente necessario ma non indispensabile. David è un uomo squadra: l’elemento necessario per trasmettere sul campo i valori imprescindibili che ci caratterizzano”.