ESCLUSIVA – Pozzecco: “Alla pallacanestro moderna servono più competenza ed umiltà. Un altro Poz? La vedo dura”
Chiunque abbia respirato anche solo per qualche minuto profumo di pallacanestro, non può non aver mai sentito pronunciare il suo nome. Gianmarco Pozzecco, è la faccia pulita di un basket che cerca di ritornare agli albori di un tempo. Eccentrico, imprevedibile, divertente. Un vero e proprio uragano, insomma. Mai banali le considerazioni della mosca atomica che si è concesso ai nostri microfoni alla vigilia del match che lo vedrà opposto alla Expert Napoli insieme alla sua Capo D’Orlando, e che ha parlato della sua nuova vita da coach, del ritorno in Sicilia, del momento attuale della pallacanestro e di tanto, tanto altro. Una lieta sorpresa per tutti gli appassionati.
Tempo fa, prima di firmare per l’Orlandina e parlando di ciò che ti sarebbe piaciuto fare in futuro, hai raccontato di come rappresentasse per te un sogno nel cassetto quello di iniziare la carriera da allenatore in una piazza che hai amato ed in cui hai lasciato il segno da giocatore. Oggi, sei l’head coach dell’Upea e, settimana dopo settimana, stai raggiungendo risultati a dir poco straordinari. Com’è stato il ritorno a casa e che cosa hai provato nel rimettere piede al PalaFantozzi in vesti diverse da quelle di giocatore?
“Con Capo D’Orlando si è instaurato un legame molto più forte di quanto si possa pensare e di quanto si possa riuscire a fare in una sola stagione cestistica. Ho chiuso qui la mia carriera, ho vissuto un anno intenso e ricco di incredibili emozioni. L’affetto che mi lega a questa società e questo paese è stato forte sin dall’inizio ed è rimasto tale anche quando sono andato via. Sono infatti rimasto in contatto con Enzo Sindoni e con chiunque avesse condiviso con me quella splendida annata. Sarò eternamente riconoscente al presidente che si è preso un grosso rischio e ha creduto che io potessi avere della qualità anche come allenatore, dandomi la possibilità di iniziare un’esperienza meravigliosa. Sono orgoglioso di poter aiutare i miei ragazzi a vivere anche solo in parte quello che ho vissuto io da giocatore”.
Quanto soffre un passionale come te a restare per tutti e 40 minuti in panchina in giacca e cravatta e a non poter essere sul parquet a lottare insieme ai tuoi ragazzi?
“Penso che questa sia la cosa più difficile per un allenatore (ride, ndr). Molto spesso vorrei togliere la giacca ed indossare la canotta per poter aiutare i miei ragazzi. Sono convinto che tante volte se potessi scendere in campo potrei farlo in maniera più consistente rispetto al rimanere in panchina e dare consigli. Poi, mi guardo la pancia, e fortunatamente mi dò una calmata!”
Cambiando argomento, un’altra, l’ennesima, piazza importante che ha scritto le più belle pagine recenti della pallacanestro italiana come la Montepaschi Siena è in forti difficoltà economiche e vede il suo futuro sempre più grigio. Testimonianza di come l’intero movimento cestistico nazionale viva un momento difficile sotto tutti i punti di vista. Che futuro ci può essere, per te, per il basket nel nostro paese?
“Il problema che attanaglia la pallacanestro di oggi rispetto a quella che vivevo io è che a livello dirigenziale c’è molto poco, perché la maggior parte delle persone che negli ultimi anni hanno abitato in questo mondo ne capiscono molto poco o, in alcuni casi, non hanno la minima idea di cosa sia il basket. Spesso i presidenti delle squadre sono ricchi imprenditori che hanno la passione per questo sport, ma che non hanno competenze tecniche specifiche. Oggi, diversamente da quello che accadeva fino a qualche anno fa, questi ultimi non delegano più qualcuno con maggiori competenze per gestire la situazione, e vogliono sempre di più dire la loro. Basta pensare che negli ultimi tempi, drammaticamente, è quasi inesistente il ruolo del general manager, piuttosto che quello del direttore sportivo. A tal proposito, ricordo quanto diceva un grande general manager dei miei tempi come Tony Cappellari, sostenendo che nel basket e nello sport in generale molto spesso due più due non fa necessariamente quattro. In questo mondo, infatti, esistono dinamiche completamente diverse. Ci vuole più competenza e, soprattutto, più umiltà da parte di tutti per riportare la pallacanestro a livelli importanti.”
Tu, insieme a tutta Capo D’Orlando, hai recentemente fatto una scelta fondamentale scendendo concretamente in campo per combattere l’omofobia nello sport. È notizia di questi giorni, a tal proposito, la firma di Jason Collins (primo cestista dichiaratamente omosessuale della storia) per i Brooklyn Nets in America. Quanti passi in avanti sono stati fatti e quanti sono ancora da fare nel nostro paese per combattere un fenomeno così spiacevole? E, soprattutto, in cosa deve consistere secondo te questo cambiamento culturale nello sport di cui tanto si parla?
“Credo che quello di “cultura” sia il concetto chiave per affrontare tematiche di questo tipo. Bisognerebbe educare i giovani in maniera diversa, cercando di evitare che diventino un giorno come siamo noi oggi. Basti pensare a come quando vediamo una partita della nostra squadra del cuore vogliamo che vinca indipendentemente dalle regole, invece non dovrebbe essere così. E’ un discorso che non è solo sportivo perché riguarda tutti i campi della vita, in particolar modo quello della politica. Nonostante ciò, però, lo sport può e deve rappresentare un esempio, partendo da quello che in campo possono fornire i giocatori. Di sicuro c’è molta più onestà intellettuale in campo che fuori”.
Esistono alcune possibilità che l’Upea possa incontrare la Sigma Barcellona, squadra che hai già battuto sia all’andata che al ritorno in stagione, in una semifinale playoff che prometterebbe scintille. Un meraviglioso stimolo per te e tutta la città, o sarebbe meglio evitarla?
“Sarebbe meglio evitarla, perché sarebbe una sfida che porterebbe con se una grandissima pressione e perché sappiamo quanto è stato difficile batterla in entrambe le occasioni. E’ una squadra piena di talento, sicuramente tra le migliori dell’intero campionato”.
Sabato sera al PalaBarbuto di Napoli affronterai la Expert nell’anticipo della ventiquattresima giornata del campionato di Legadue Adecco Gold. Cosa chiederai ai tuoi ragazzi e che tipo di partita ti aspetti?
“Chiederò un grande sacrificio ai miei ragazzi, come ho già fatto nelle ultime settimane, visto l’organico ridotto ed i problemi di infortuni. Sono innanzitutto felicissimo di riabbracciare Cefarelli, un ragazzo straordinario che ha sicuramente un futuro roseo che lo aspetta. Da noi ha avuto la sfortuna di trovare davanti a se due dei migliori lunghi dell’intera lega come Nicevic ed Archie, mentre a Napoli sta trovando continuità e di questo sono felice, anche se ho un piccolo rammarico per non averlo aiutato abbastanza come forse avrei potuto. Il roster della Expert, invece, si commenta da se. È tra le squadre più forti del campionato, ha giocatori di grande caratura e su tutti Weaver che probabilmente è il più forte giocatore della lega. Credo che il match dipenderà molto da come scenderà psicologicamente in campo Napoli, obbligata a vincere per rincorrere la speranza playoff. Noi siamo pronti a fare la nostra partita”.
Immagina di avere davanti a te un foglio, una penna e di poter scrivere il finale di stagione. Quale avversario ti stuzzicherebbe maggiormente affrontare in un’eventuale finale playoff?
“Mi sento in qualche modo obbligato a rispondere Torino, perchè hanno Mancinelli e, soprattutto, Pillastrini, che credo sia il coach che per esperienza e campionati vinti in Legadue abbia una marcia in più. Oltre loro, poi, hanno davvero un gran contorno. Credo siano la squadra in assoluto più forte. Nonostante ciò, però, non va sottovalutata Trento che è prima perché merita di esserlo e perché gioca meglio di tutte le altre. Come outsider, occhio a Barcellona e Verona. Anche Napoli, se dovesse arrivare i playoff, non avendo pressioni potrebbe dare filo da torcere a tutti”.
Nella tua vita sportiva hai praticamente sempre, in un modo o nell’altro, lasciato il segno. Con i tuoi eccessi, la tua passione e, in particolar modo, grazie allo spasmodico amore che provi per questo sport e che ti ha portato a vivere momenti indimenticabili. Nello sport in generale, potrà mai nascere un altro Pozzecco?
“Speriamo di no! (ride, ndr) Non penso che un giocatore o un rompico****ni come me sarebbe oggi sopportato, a qualsiasi livello. Purtroppo si va verso una sorta di uguaglianza che secondo me tappa un pò troppo le ali a personalità per certi versi egocentriche ed un tantino esagerate come la mia. Credo che non dare la possibilità di emergere a personaggi stravaganti ed eccentrici possa rappresentare un qualcosa di negativo. Lo sport, infatti, credo che abbia bisogno di personaggi che vadano un tantino al di fuori delle righe, soprattutto oggi. Bisognerebbe cercare di incanalare un personaggio come me in una sorta di positività. Si è troppo legati al business ed al risultato sportivo, si rischia di perdere di vista la passione ed il divertimento, che dovrebbero essere l’unico vero scopo dello sport. E’ proprio questa la vera differenza tra quello che stanno facendo Matteo Soragna e Gianluca Basile oggi, rispetto a molti loro colleghi”.
La redazione ringrazia coach Pozzecco e l’ufficio stampa dell’Orlandina Basket per la grande disponibilità mostrata.
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