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Final8 2014: Sassari diventa grande, Reggio E. da libro cuore, la “solita” Milano, delude Cantù

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Le Final Eight di Coppa Italia 2014 sono andate in archivio da meno di 24 ore con l’incredibile successo del Banco Sardegna Sassari, e come era lecito immaginarsi i verdetti della tre giorni di Assago non sono stati banali, e soprattutto mai come in questo caso sono stati sorprendenti. L’essenza della sorpresa, soprattutto, sta nella quarta gara nella giornata maratona di Venerdì quando nell’ultimo quarto di finale si sono affrontati i padroni di casa dell’Olimpia Milano contro il Banco Sardegna Sassari. Sulla carta non vi sarebbe dovuta essere partita tra la favoritissima Milano, reduce da cinque vittorie consecutive in campionato con la sua squadra ricca di stelle rinomate e dall’alto del suo budget economico ineguagliabile per la concorrenza italica; contro una Sassari, minata dalle sei sconfitte nelle ultime otto in campionato, e dall’assenza sotto canestro di Gordon. I pronostici della vigilia sono stati rispettati nella primissima parte di gara con i milanesi a dominare alla luce del loro strapotere fisico nel pitturato, ma i sassaresi (mischiando le carte grazie l’ottima intuizione di coach Sacchetti di abbassare il quintetto con Caleb Green da numero 5) sono rimasti in scia per poi piazzare il colpo gobbo nell’ultima parte di gara. Ultimi minuti di gara nei quali Sassari è stata trascinata dalle triple e dall’invenzioni di un maestoso Drake Diener, mentre per i meneghini si è spenta completamente la luce e tutte le convinzioni tecniche (attacco sempre alla ricerca della soluzione migliore ed una difesa ferrea) ed agonistiche acquisite nell’ultimo mese di gare sono svanite come bolle di sapone. Negli occhi dei giocatori di Banchi si leggeva la paura di incorrere in un ennesimo clamoroso ko davanti al pubblico amico ed agli occhi dello sconsolato a fine gara patron Giorgio Armani, e così è stato con gli atleti milanesi completamente annientati dalla tensione emotiva in una sorte di psicodramma. Olimpia, inevitabilmente, delusione numero uno, mentre lode e gloria per la Dinamo Sassari, che con la vittoria sui padroni di casa si è caricata di proprie convinzioni, ed è riuscita a ricoprire senza patemi il ruolo di favorita acquisita dopo l’exploit contro Milano. Con i ritrovati cugini Diener (Travis votato Mvp della manifestazione) decisivi in attacco, con un Marques Green chirurgico nei momenti che contavano, con un Drew Gordon nuovamente abile ed arruolabile dalle semifinali nell’area pitturata, con un Caleb Green utile in tutti gli angoli del parquet, con un Omar Thomas solito guerriero, e con una panchina quanto mai solida fatta della generosità di B.Sacchetti, Devecchi e Tessitori; Sassari ha dimostrato di aver imparato sulla propria pelle dalle delusioni dell’anno scorso come la sconfitta nella gara 7 dei quarti play-off, o nella semifinale della scorsa coppa proprio contro la stessa Siena poi battuta in finale, e di essere cresciuta, come detto in precedenza, per numero di frecce nella propria faretra in attesa dell’arrivo di Ben Eze. Elogiata Sassari, detto della “solita” deludente Milano nei momenti che contano, altri elogi e menzioni vanno alla finalista Siena, ed alle due semifinaliste Reggio Emilia e Brindisi. La Mens Sana, anch’essa, come Sassari era reduce da un pessimo ultimo periodo nei risultati in campionato (5 sconfitte nelle ultime 7), e con un gruppo da ricostruire dopo la rivoluzione tecnica conseguente alla cessione di Hackett, ma ancora una volta è arrivata fino in fondo, dimostrando che per vincere in Italia bisogna fare sempre i conti con l’identità granitica e vincente creatasi nel sodalizio toscano più forte di tutti i cambiamenti ed i ridimensionamenti tecnici-economici degli ultimi 18 mesi. Reggio Emilia ha scritto, invece, le pagine da”libro Cuore” dell’edizione delle Final-Eight 2014 con i suoi ragazzini italiani (Mussini, Pini, Cervi) in campo a battersi insieme allo straripante James White, ed all’immensa classe di Rimas Kaukenas, nonostante le pesantissime assenze di Cinciarini e Brunner. In queste condizioni battere Cantù in semifinale è stata una vera impresa, sfiorata poi in semifinale contro Sassari, dove gli uomini di Menetti non hanno mai mollato nonostante ampi brani della gara con i futuri trionfatori in vantaggio intorno alla doppia cifra di scarto. Si è confermata un osso duro per tutti la capolista in campionato Enel Brindisi, capace di domare facilmente la Reyer Venezia nei quarti con un grande Snaer, e con un super Dyson di far tremare fino alla fine Siena nella loro storica prima semifinale: ciò certifica che i pugliesi saranno protagonisti da qui fino a Maggio. Nel capitolo delusioni un gradino al di sotto di Milano va l’altra lombarda Cantù. Il gruppo brianzolo, sicuramente, non è più lo splendido congegno tattico ammirato fino a qualche settimana fa in questo periodo di scadimento di forma fisica, ma era lecito aspettarsi qualcosa in più contro la rimaneggiata Reggio da Leunen e compagni. Hanno avuto un ruolo di semplice comparsa, infine, la Virtus Roma e la Reyer Venezia. I capitolini, arrivati in quel di Milano privi del tagliato Jordan Taylor, hanno palesato tutti i loro problemi in cabina di regia, ma anche soprattutto di avere uno spirito molto distante come gruppo rispetto a quello della squadra allenata da Calvani l’anno passato, che si battè come leoni nella semifinale persa contro Varese, ed avrebbe trovato tanta linfa e spinta dall’esperienza milanese per il suo ottimo cammino in regular season, e nei successivi play-off. La Reyer Venezia, come Roma, è arrivata nella città meneghina con problemi in regia viste le non ottime condizioni fisiche di Vitali ed un A.Johnson tutto da inserire nel sistema Markoski, che già in campionato aveva fatto intravedere preoccupanti scricchiolii con le due sconfitte in fila contro Montegranaro e Varese, ed inoltre con un ambiente non del tutto sereno per le polemiche intestine tra il presidente Brugnaro ed alcune frange della tifoseria con l’augurio per il bene della Reyer, patrimonio del basket italiano, che queste polemiche non prevarichino il rispetto personale e quello dei rispettivi ruoli.