Non lascia spazio a dubbi sullo stato di salute delle protagoniste il derby n°152 tra Cantù e Milano, che ha visto i brianzoli dominare sul piano della personalità prima che a livello tecnico-statistico. Il 15/31 dal perimetro, frutto di un’attenta costruzione e selezione dei tiri da parte canturina, condanna un’Olimpia che vive solo delle individualità, pur straordinarie, di Gentile e Langford, dalle cui mani partono ben 36 dei 62 tiri dal campo presi dalla squadra. Neppure il vantaggio a rimbalzo (40-27 pro Milano) serve a limitare i danni per la squadra di Banchi, che nella ripresa alza le mani nel momento di massima aggressione canturina, consegnando ai rivali il match e la cavalcata trionfale in un Pianella vestito a festa.
10 come il numero di maglia (in edizione speciale per il derby) del capitano Maarty Leunen (12, 7 reb, 5 assist per 21 di valutazione), quanto mai simbolo di una squadra e di una città, perdonate la retorica, che fanno dell’impegno a testa bassa il proprio marchio di fabbrica.
9 come gli uomini a segno per Cantù contro i soli 4 che si spartiscono il fatturato Olimpia. Non servono grandi analisi per capire che la VitaSnella in questo momento ha una dimensione di squadra che Milano si sogna. Se la panchina consolida questo tipo di rendimento (da Jones che tiene il campo per 11′, all’onesto lavoro di Uter che firma uno dei picchi di serata con la devastante schiacciata in faccia a Lawal) la squadra di Sacripanti può puntare davvero in alto.
8 canestri su 17 da due per Alessandro Gentile, con 3/3 dall’arco, 8 rimbalzi 4 assist e 5 falli subiti. Il figlio minore di Nando propone un eloquente sunto del proprio enorme talento, ritoccando a 28 il proprio career high, ma predica nel deserto pressoché totale. Impietosa anche la sua analisi nel post partita quando respinge qualsiasi attenuante alla sconfitta: “Infortuni e poco tempo per allenarci? Scuse. Al primo momento di difficoltà siamo crollati e loro ci hanno mangiati vivi, non c’è altro da dire”. Leader.
7 come i canestri dal campo di Ragland (17, 7/11 e 3 assist) e Cusin (14, 7/9). Il play da Wichita State sa aspettare la partita nel primo tempo, per affondare i colpi nei secondi 20′, dove combina per 13 punti con 3 triple che tagliano le gambe alla difesa meneghina. Il centro friulano, in dubbio per il problema muscolare alla coscia, regala 30′ alla causa dominando a livello tattico (non ingannino i soli 3 rimbalzi) sia in difesa a centro area, che in attacco, dove usa competenti movimenti di pura tecnica contro l’esplosività di Lawal.
6 come i punti nel quarto periodo di Roberto Rullo, frutto di due triple dal parcheggio che stendono definitivamente l’EA7, unite ad una buona difesa su Langford, non proprio l’ultimo arrivato. Ha voluto fortemente questa maglia, accettando il minimo salariale pur di giocare per Sacripanti e per questo ambiente: il suo sorriso a fine partita spiega benissimo il perché.
5 come gli assist di Pietro Aradori, che nella serata meno brillante al tiro (1/9 complessivo), trova comunque modo di tenere sotto scacco la difesa milanese (7 falli subiti) ed ha il merito di trovare il gioco da 4 punti (tripla più fallo) che spegne sul nascere le velleità degli avversari nel secondo periodo.
4 come le palle perse di tutta la VitaSnella, a fronte di ben 18 assist per un astronomico quoziente di 4.50. La vera chiave del match è probabilmente qui, con Milano che di contro spreca 13 palloni e distribuisce solo 10 assist.
3 rimbalzi e 3 assist, per 21 punti con 4/8 da tre. Keith Langford si guadagna la pagnotta con una prova di sostanza in attacco, non replicata nella metà campo difensiva dove subisce l’aggressività di un Jenkins (13 e 3 assist) che fa male all’Armani, sia quando mette palla a terra che quando spara dai 6.75 (3/6 da tre).
2 come le triple, di pura sfrontatezza, con cui Stefano Gentile lascia il proprio marchio sulla partita. E nella seconda, da 8 metri dopo che il fratello Ale ha riportato Milano a –3, c’è tutta la personalità del giocatore, che tiene in mano la squadra con piglio da veterano.
1 come lo spot di point guard, che Milano aspetta ancora di riempire. Tra Jerrells (9, 3/10 dal campo, 4 perse) che buca l’ennesima partita (ma è solo colpa sua?), avulso da un sistema che mette sempre palla in mano a Gentile o Langford ed Haynes di fatto mai entrato nelle rotazioni, Banchi attende l’arrivo di Hackett per provare a dare forma collettiva ad un roster sulla carta mostruoso.
0 come i punti combinati del trio Melli–Wallace–Kangur. Anche in ala grande l’Olimpia lascia più di un dubbio quanto a consistenza ad alto livello, con il meccanismo ad orologeria di Sacripanti che espone la debolezza delle rotazioni difensive dei lunghi milanesi, compreso un Lawal (14 e 10 reb), che però, se non altro, fa il suo nella metà campo offensiva.
Stefano Mocerino
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