Il coach della nazionale spagnola campione del mondo Sergio Scariolo ha partecipato la scorsa settimana come invitato al conosciuto programma di pallacanestro di Movistar Plus “Colgados del Aro”, in occasione del quale si è parlato anche della situazione della pallacanestro italiana.
Interrogato dal giornalista iberico Siro López sui “mali” del basket nostrano nell’ultimo ventennio, il tecnico bresciano ha cercato di dare il suo punti di vista, spiegando il perché, mentre la sua Spagna inanella un trionfo dietro l’altro, per i colori azzurri non è così.
“Credo ci sia stato un accumulo di fattori“; – ha spiegato Sergio Scariolo – “innanzitutto, non credo che siano state prese buone decisioni in generale. Credo ci sia stato un abbassamento di livello della classe dirigente, dopo aver avuto dirigenti di altissimo livello per generazioni, che avevano portato l’Italia ai vertici della pallacanestro europea, e con grande protagonismo anche nelle istituzioni internazionali. In seguito al ritiro simultaneo di quasi tutti questi dirigenti, quelli che sono venuto dopo non hanno saputo mantenere alta la competitività a livello economico, di reclutamento, nella formazione… In tantissime direzioni”.
“I giocatori ci sono;” – ha continuato Scariolo – “non in quantità enorme, ma qualcuno ce n’è. Noi, al mondiale, non abbiamo vinto con facilità con l’Italia: stavamo perdendo di 4 quando mancavano pochi minuti, e abbiamo sofferto molto. Spesso si dice che il tiro che entra o il tiro che non entra nei finali eguagliati dipende dalla fortuna, però spesso e volentieri c’è qualcosa dietro al fatto che questi incontri vengono vinti da qualcuno. Questa coesione, questa chimica, questa forza di squadra che l’Italia aveva dimostrato in epoche anteriori, negli ultimi anni non si sta vedendo. Hanno giocato in maniera corretta, ultimamente quasi sempre discretamente bene, ma mai con questo punto di grinta di squadra, questa fame e competitività che fa la differenza. Quando io arrivai dall’Italia alla Spagna notai questa differenza”.
“La leadership in campo di alcuni giocatori che erano stati capaci di trascinare il resto a esprimersi al massimo è qualcosa che è venuta a mancare nella nazionale italiana. Non sono mancati talento e qualità, capacità fisiche, ma questa classe di giocatori con un carattere marcato come potevano essere ad esempio Meneghin, Sacchetti, Marzorati, o il proprio Caglieris, ricordando ad esempio l’immagine dell’europeo de Nantes nella quale bacia il pallone… Nonostante fosse piccoletto e cicciottello, aveva attributi enormi. Questa classe di giocatori non c’è stata più. Molte volte la differenza tra trionfare o meno dipende dal fatto che ci siano uno o due giocatori che portino la competitività a un livello superiore, che è quello che fa la differenza”.