Un inizio campionato non certo facile per la OriOra Pistoia che, dopo la retrocessione sul campo della scorsa stagione, dopo sei giornate si trova a dividere l’ultimo posto della classifica con Pesaro. In attesa dell’importantissima gara di domenica al PalaCarrara contro Trieste, abbiamo fatto due chiacchiere con uno dei leader della squadra, l’esperto play statunitense Zabian Dowdell, classe 1984.
Come ti sei avvicinato al basket?
“I miei fratelli giocavano a basket e ad otto anni ho cominciato ad emularli, quindi un po’ per caso. Avevo anche fatto baseball e football americano, ma alla fine ho scelto il basket”.
Nel 2003 sei stato miglior giocatore del college. Che cosa significa, a 19 anni, essere apprezzato e conosciuto da tutti nel mondo scolastico?
“Sono molto fiero di quel premio e lo ricordo con piacere. E’ bello quando il duro lavoro porta risultati e mi ha aperto la strada al basket professionistico. Mi porto dietro molto da quei giorni, le persone mi hanno sempre trattato benissimo ed era bello essere riconosciuto da tutti. Anche in Università ho avuto grandi riconoscimenti e credo di aver lasciato una impronta positiva ed un bel ricordo di me”.
Spagna, Italia, Francia, Russia, Lituania… Il paese dove ti sei trovato meglio?
“Sicuramente l’Italia, una nazione che mi ha dato molto e nel quale ho molti amici; è un paese bellissimo, anche per cibo, la cultura e le persone. Subito dopo direi Spagna e poi a ruota la Francia”.
Esiste una scelta lavorativa che non rifaresti?
“Sono una persona che cerca di non avere rimorsi e credo fermamente che tutto abbia un motivo e le cose che succedono devono succedere. Voglio trarre insegnamenti dalla vita e da tutto quello che mi accade”.
Le tue passioni fuori dal campo?
“Sono una persona semplice, mi piace rilassarmi, ma anche giocare a ping pong o praticare sport occasionali. Ho avuto anche una piccola esperienza nella moda, indossando vestiti con amici, ed è stato interessante”.
Avversario più forte mai incontrato?
“Sicuramente Chris Paul, sia in college che in NBA. E’ un giocatore competitivo, che da sempre il massimo qualunque sia la partita, oltre ad avere grande talento, quindi è difficilissimo da affrontare”.
A cosa non rinunceresti mai?
“All’emozione del competere e l’energia della partita. Adesso è scontata, ma sono sicuro che sarà la cosa che mi mancherà di più”.
Hai pensato a cosa farai quando non giocherai più a basket?
“L’idea è di tornare negli Stati Uniti e mi piacerebbe aiutare i giovani a migliorare le loro capacità nel basket. Non parlo di allenare, ma lavorare con i giovani per trasmettere loro valori ed esperienza; già lo faccio in estate nei campus”