Alle parole di Vescovi e ai tifosi che lo accusano di essere un traditore mercenario, il coach Frank Vitucci risponde con un’intervista sulle pagine della Prealpina, cercando di stemperare i toni e di lasciare comunque con un bel ricordo la società di viale Monte Grappa.
Ecco le sue parole: E’ stata un’avventura molto intensa e molto bella ma sicuramente più breve del previsto. E io non mi ritengo un eroe ma neppure un malandrino. Lascio Varese in anticipo a fronte di un campionato sicuramente superiore alle attese e solo un po’ sfortunato alla fine. Speravo e pensavo che questa stagione così esaltante desse la possibilità al club di compiere un ulteriore passo avanti sul piano sportivo; quando però ho capito che non c’erano le garanzie per continuare quel progetto la cosa mi ha dato da pensare. Il motivo principale sembrerebbe la mancanza di una continuità tecnica, dovuta alla mancanza di un aumento degli sponsor, nonostante l’ottima stagione disputata e la partecipazione all’Eurolega.
Sia chiaro che non biasimo nessuno per questo, anzi tengo a ringraziare tutti, dal CdA del consorzio ai collaboratori dello staff a Simone Giofrè per la grande esperienza che ho condiviso con loro. Però non mi va di passare per quello che se n’è andato solo per monetizzare una stagione brillante: io a Varese sono stato benissimo e sarei rimasto volentieri, però da un paio di mesi mi interrogavo sui margini di sviluppo che ci potevano essere. Nel momento in cui si è prospettata la necessità di ricostruire la cosa mi ha un po’ destabilizzato. Per questo mi è sembrato intellettualmente onesto che a portare avanti un nuovo progetto fosse un nuovo allenatore, con motivazioni più forti rispetto a quello che avrei potuto avere dopo una stagione del genere.
L’alternativa è uscita appena si è concluso il campionato. Si tratta di una piazza che conosco bene e dopo una stagione non brillante ha un progetto ambizioso; l’aspetto economico che riguarda me è solo una parte, il fattore decisivo è stato quello sportivo. Anche perché se contasse soltanto l’aspetto economico, lo scorso anno sarei rimasto ad Avellino, invece ho avuto ragione a scegliere Varese che si è dimostrato il posto giusto per sviluppare non solo la mia carriera ma anche un progetto e un’idea condivisa con la dirigenza.
La società conosceva la mia inquietudine per l’aspetto sportivo, e quella proposta triennale alla guida di un progetto nuovo che mi è stato proposto a metà giugno poteva forse arrivare due mesi prima. L’ideale sarebbe stato riuscire a mantenere il 70 per cento della squadra ed effettuare solo alcuni ritocchi, ma a fronte della necessità di ricostruire l’ossatura della squadra con risorse probabilmente inferiori ed alla luce dell’alternativa, ho deciso in favore di Avellino.
Non è stata una scelta facile ma non credo di aver mancato di rispetto a nessuno: una stagione esaltante come quella che abbiamo vissuto non si dimentica e non si butta in un cestino. Il club, soprattutto nella persona di Cecco Vescovi, ha capito benissimo sia la mia inquietudine che la mia decisione. Spero che quello odierno sia un arrivederci e non un addio: così come non pensavo di tornare ad Avellino dopo un anno non si può mai sanere cosa riserva il futuro. Tengo a ringraziare i tifosi che ci hanno seguito in un anno fantastico: paradossalmente proprio per rispetto nei loro confronti ho deciso di lasciare, dunque non si devono sentire traditi né pensare che sono scappato col bottino…