Classe 76. Alberto Causin si concede in esclusiva su BasketItaly.it svelandoci alcuni particolari dei suoi anni trascorsi alla Reyer, il presente a Marghera, il suo passaggio a Treviso e il caso Ostuni.
LA FINALE PROMOZIONE 2008. Umana-Prefabbricati
Domenica sai che ci sarà Umana Reyer Venezia – Enel Brindisi. Per te ricorda soprattutto la Finale Promozione del 2008 in Legadue. Che ricordi hai di quelle due partite? Era la prima volta che in B1 si disputava una Finale stile Coppa Korac, andata e ritorno e differenza canestri, quindi un po’ “anomala”; noi avevamo molta pressione, perchè sapevamo che gara 1 era
determinante, in quanto giocavamo la prima in casa contro una squadra che era una corazzata e che aveva fatto un super campionato nell’altro girone. Conoscevo tutti gli avversari. Feliciangeli, Li Vecchi, Parente,…
Ha influito in qualche modo l’infortunio di Prelazzi durante il corso della prima partita? Conosco Franco dai tempi di Castelletto; insieme abbiamo vinto il campionato e siamo grandi amici. Sapevo che aveva già dei problemi all’inizio dei Playoff, quindi l’avevo già un po’ metabolizzata come assenza. Loro avevano una panchina lunga con tanti giocatori; sotto quel punto di vista, per quanto era importante Franco in quel contesto, era di contorno, non era il giocatore primario. Era più importante Alejandro Muro o Agostino Li Vecchi o Daniele Parente
Tutte e due venivate da semifinali vinte in 5 gare, voi contro Lumezzane, loro contro Latina grazie a quel tiro di Muro da quasi centrocampo sullo scadere della gara decisiva. Grazie a i miei vecchi compagni di squadra, ero sempre aggiornato. Latina doveva far fallo, invece ha subito quel tiro da tre ha perso al supplementare. Avevamo entrambe, quindi, condizioni fisiche simili. Ma dopo la semifinale vinta contro Lumezzane, ero stra-convinto che come atteggiamento e come voglia, avevamo tutte quelle situazioni psico-fisiche per vincere e che una finale su gara secca non ti dava la possibilità di sbagliare tanto gara 1. La forza del pubblico, la nostra difesa veramente tosta, la capacità di riuscire a fare canestro con me, Manuel Carrizo e Rombaldoni all’inizio, ci ha dato il via libera ad andare sul più 21 e aver messo in cassaforte il risultato.
In gara 2, nel primo quarto, dopo che loro avevano dato il tutto per tutto, noi eravamo sopra di 7; ribaltare un -28 per loro era improponibile.
LA REYER OGGI
So che sei rimasto aggiornato sulla squadra. Secondo te dove possono arrivare? Secondo la tua esperienza, la batosta subita a Sassari si farà sentire a livello psicologico nella partita di domenica? Mi sento con tutti i miei compagni di squadra dell’anno scorso e con i nuovi che ho conosciuto e piacere di vedere. Il Bullo (Massimo Bulleri ndr) e Denis Marconato li conosco dai tempi della nazionale e della Benetton.
In squadra c’è un gruppo di gente esperta e di valore e la panchina è lunga. Per questo non credo che la sconfitta contro Sassari influisca domenica. E’ una squadra molto difficile da giocarci contro, soprattutto in casa loro. Giocano i primi 8 secondi della pallacanestro in assoluto tra migliori in Italia con un ottima transizione, con il playmaker Travis Diener che è devastante in campo aperto. ha una grande possibilità in questa fase della stagione, sono riusciti un po’ ad amalgamarsi.
Comunque, a prescindere dai playoff, la Reyer ha le possibilità di vincere contro tutte e ha le potenzialità di arrivare sino alla fine. Questo dipenderà da tanti fattori, quali la condizione in cui arrivano, e sapendo come lavora lo staff, teoricamente dovrebbero arrivare in condizioni ottimali. L’obiettivo è la semifinale, quindi fare meglio dell’anno prima. Penso che sia questo il traguardo che il presidente abbia loro prefissato. Se ripetono la stagione dell’anno scorso, non credo che sia comunque un fallimento.
IL TRASCORSO ALLA REYER
Cinque campionati alla Reyer da professionista. Per te, che hai anche giocato 10 anni nelle giovanili, cosa rappresenta e cosa ha rappresentato la Reyer, ogni volta che scendevi in campo al Taliercio e l’anno scorso al PalaVerde? Fondamentalmente la sento come la squadra del mio cuore, quella che tifo e che tiferò, e porterò nel cuore fino alla fine dei miei giorni i colori oro-granata.
Giocarci è stata la realizzazione di un mio percorso che mi ha fatto maturare prima da bambino, poi da ragazzo, e nella fase più importante della mia vita, da uomo. Son ritornato qui a 30 anni, nel pieno della mia maturità cestistica e umana, e ho vissuto il momento più bello che potevo apprezzare della mia vita, perché sono riuscito a ottenere quello che ho guadagnato grazie ai miei compagni e grazie alla società. Non c’era pagina migliore per scrivere questa fase come evoluzione di risultati e di vita. In cinque anni fare due salti di categoria differenti è una cosa che mi ha segnato. Ogni giorno andavo in palestra con la voglia, l’energia di vivere un giorno importante. Non con appagazione, ma cercare di riuscire a dare un qualcosa di più in campo, con i miei compagni. Per trasmettere e per dare un segnale importante sia dal punto di vista umano e in campo. E penso di esserci riuscito.
Nei 5 anni da professionista nella Reyer, esclusa la promozione in LegaDue, qual’è stato il momento sportivo che ti ha segnato indelebilmente? Bella domanda che nessuno mi ha fatto… Mi vengono in mente due momenti particolari. Sicuramente, quando mi son reso consapevole il giorno che ci hanno detto della nostra promozione e quindi l’acquisizione del diritto dell’A1, e la prima partita che abbiamo fatto a Siena: ha significato la coronazione di sacrifici, di momenti positivi e negativi, di 5 anni di lavoro andati a realizzare. In quel momento provavo delle emozioni particolarmente forti.
LA FAMIGLIA
Quanto ti ha aiutato nel corso della tua carriera agonistica la tua famiglia? Quanto è importante? La mia famiglia è la mia colonna portante. Senza mia madre e mio padre non sarei la persona che sono, non avrei l’educazione che ho. Ho avuto la fortuna di avere 2 genitori che mi hanno supportato in tutti i momenti della mia vita sportiva, scolastica e personale. Anche quando ci sono scelte difficili da fare come allontanarsi da casa e la scelta di non fare parte di un gruppo importante come quello della Reyer. Mi hanno dato sempre stimoli e felicità di vivere tutte quelle situazioni con onestà e con trasparenza. Mio padre, avendo giocato a calcio, mi ha sempre detto: ricordati che di te un giorno, quando non giocherai più, si ricorderanno della persona che sei, non dai canestri che hai segnato. Onestà e trasparenza sempre con tutti, che alla fine questo ti darà sempre riconoscenza con tutte le persone che ti circondano. Dai compagni del campetto quando vado al Parco Bissuola a giocare, fino all’A1, sempre con lo stesso spirito e con la stessa voglia. Questa è una cosa che mi fa piacere; mi viene sempre riconosciuta dai compagni questa leadership di coinvolgere tutti, cercare di migliorare tutti nella maniera più positiva possibile.
IL PRESENTE A MARGHERA
Ora giochi con i Giants Marghera in C1 da 3 partite. In squadra ci sono Mario Guerrasio, Carlo Alberto e Francesco Voltolina, Andrea Delle Monache, Francesco Marini, il dottor Olmesini e coach Daniele Rubini. Molte persone che hanno fatto parte delle giovanili o 1a squadra Reyer. Questo trovarsi “in famiglia” dopo aver lasciato la Reyer come lo trovi? Tra tutti, quello che ho avuto un legame più vicino è stato ovviamente Francesco, essendo quasi coetanei. Con lui ho fatto gli stessi anni delle giovanili, abbiamo fatto tutto il percorso insieme. E’ stata una bella sensazione quando abbiamo giocato insieme a quasi 20 anni di distanza dalla prima volta.
Fondamentalmente poi, io mi sento ancora giovane. Anche perché, per fortuna, grazie a Dio fisicamente mi sento bene, facendo i dovuti scongiuri. Quindi, ho la sensazione di trovare lo stesso clima che c’era quand’ero alle giovanili con Francesco, Mario e con Daniele Rubini. Come mentalità e come voglia, Lele è un ottimo allenatore per la categoria ed è un lusso; ha fatto cose importanti per la Reyer (promozione in B1 nel 2006 ndr) ed è parte importante di questo gruppo.
Qui vengono preparate le partite come in Serie A1, non ci manca niente dal video, alla parte tecnica. Non so quante squadre nella LNP sono preparate quanto da noi su come preparare le partite, anche perché non ho mai avuto prima la possibilità di giocare in questo campionato. Ma, se ci fosse la possibilità di giocare in LegaDue o B1, mi sono già accordato con la società per la possibilità di liberarmi e di andare. Di questo li devo ringraziare
IL TRASFERIMENTO A TREVISO
Dopo i 10 anni nelle giovanili della Reyer, sei passato alla Benetton Treviso. Che sensazioni provavi all’epoca e anche adesso, di giocare in una delle squadre per campanilismo più odiate dai tifosi Reyer? Mi hanno “venduto” nel periodo che la Reyer era sull’orlo del fallimento a livello economico (avvenuto nel 1996 ndr) nel 1994. In quel periodo disputando gli Europei di basket under 19 a Tel Aviv, quando vincemmo il bronzo, e sono venuto a saperlo telefonicamente da mio padre, fortunatamente alla fine della competizione. Anche perchè non so come l’avrei giocata e personalmente l’ho presa non benissimo inizialmente, nel senso che non riuscivo ancora a concepire questo discorso del professionismo.
A distanza di 20 anni ci rido sopra, anche perché dopo una settimana di allenamento ho preso le valigie alla Ghirada, preso il pullmann e tornato a casa. Credetti che mi stavano togliendo un sogno. Parlai con il buonFranco De Respinis e con Frank (Vitucci ndr). Le condizioni economiche della Reyer e le condizioni di prospettiva mi fecero riflettere e compresi il tutto. Mi hanno fatto ragionare, mi hanno spiegato che purtroppo non si poteva annullare. Al tempo son stati bravi anche Mike D’antoni, Maurizio Gherardini, a farmi capire e aiutarmi e inserirmi dentro il gruppo. Come Lele Molin, allora allenatore delle giovanili e i veterani della squadra come Pittis, Henry Williams, Rebraca.. solo per citarne alcuni.
Sono stati due anni importanti che mi han dato molto dal punto di vista professionale.
IL CASO OSTUNI
Leggendo i vari siti, i vari giornali si sapeva che tu fossi passato a Ostuni. Il D.S. Marseglia dell’Assi Basket Ostuni ti aveva praticamente acquistato. Cos’è successo realmente? Sapevi del trasferimento? E’ venuto tutto fuori quando ero in vacanza a Darsa Alam. Quando son arrivato, c’era già il mio nome sui giornali e sui siti che avevo già firmato. Fisicamente impossibile, dato che mi trovavo in Egitto. Sapevo via sms dai miei agenti, Vittorio Gallinari e Andrea Forti, dell’interesse di questa società e allo stesso tempo anche di Napoli Basket.
Io avevo fatto capire che volevo rimanere tra LegaDue e B1 dopo aver lasciato la Reyer, e difatti Ostuni mi voleva, dato che era in LegaDue l’anno precedente. Ma al momento era in B2. Fatto sta che, dopo averci parlato con loro diverse volte, c’era stato un accordo prima sulla parola, ma poi alla fine ci ho ripensato e alla fine non si è fatto niente. Niente di così apocalittico o così complicato come poteva o come l’hanno fatto sembrare: che ero scomparso o che avevo firmato e che non avevo più intenzione di andarci. Mi chiedevano “ma Caus, è vero?” non c’è niente di vero, altrimenti non mi vedreste al Parco Bissuola a giocare, sarei andato a giocare a Ostuni o da qualche altra parte. Come può succedere tante volte, le trattative saltano. E’ stata una cosa trasparente, pulita, come è veramente stata. Mi dispiace per quello che è successo e ho augurato le migliori fortune alla società, ma son semplici matrimoni che non vanno in porto.
Non avrei avuto problemi a giocare al Sud. Ho già giocato a Pozzuoli, a Ragusa e a Caserta. Mi son trovato sempre bene. E’ una parte dell’Italia che mi piace. E sono stato sempre ben accolto. Non ho niente contro Ostuni, città stupenda, e magari avrò l’occasione di andarci in vacanza alla “Città Bianca”.
DOPO IL BASKET
Dopo Treviso hai girato praticamente tutta l’Italia. Quasi 20 anni di basket professionistico. A pochi giorni dal tuo 37.mo compleanno (nato il 3 Marzo 1976 ndr), hai già deciso cosa fare dopo il basket giocato? Tutti gli anni che ho giocato nel professionismo ho sempre cercato di far capire ai ragazzi che è una vita meravigliosa ma ci si deve preparare sempre al dopo quotidianamente, cercando di acquisire quello che ti da la pallacanestro, come sapere la lingua inglese.
Allo stesso tempo non abbandonando lo studio, mi sono preparato abbastanza bene, facendo sia l’Isef (Istituto Superiore di Educazione Fisica), che fisioterapia conseguendo 2 lauree. Allo stato attuale sto collaborando la mattina con il centro S.M.S. (SPORT MEDICINA E SERZIZI) del dottor Stefano Varponi a Venezia e questo penso sia un po’ il mio futuro; il pomeriggio vengo ad allenarmi, se non c’è allenamento vado a far pesi perchè mi sento un giocatore in tutto e per tutto.
Mi piace moltissimo la base di potenziamento e la parte di fisioterapia e un giorno mi vedrei bene da preparatore o da riabilitatore. Poi, Il dottor Varponi mi da un grande aiuto con consigli a livello di esperienza per riuscire a costruire un centro di fisioterapia fatto su misura per me. So che per farlo, senza bruciare le tappe, bisogna aspettare, come essere riusciti ad arrivare in serie A dopo tanti anni di giovanili e gavetta.
Ma se un giorno mi chiamassero alla Reyer e mi proponessero un ruolo importante in società come dirigente, che mi hanno accennato nel tempo, lo considererò e faro tutte le considerazioni del caso.
DOMENICA 24 FEBBRAIO…
Quando si giocherà Reyer-Brindisi al Taliercio, tu alla stessa ora sarai in campo a Padova. Come ti sentirai in quel momento, con le giuste attenzioni rivolte alla partita contro la Virtus?
La Reyer fa parte del mio recente passato da giocatore e sicuramente farà parte del mio futuro da tifoso, quindi una parte della mia testa da tifoso andrà a vedere il risultato finale, quando saranno le 19.30. Ma dalle 18, quando ci sarà la palla a due, comincerò a pensare alla partita che dovrò giocare. L’affronterò come le ho sempre affrontate tutte, dalle giovanili all’A1, e adesso in C1. Con lo stesso spirito, con la stessa preparazione, quindi determinato a vincere a Padova.
GRAZIE CAUS e buona fortuna. Grazie a te e FORZA REYER!
Si ringrazia l’atleta Alberto Causin e la società Giants Marghera per la concessione dell’intervista.
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