All’indomani della vittoria su Cremona che rimesso Avellino in piena corsa per la salvezza e reduce dalla 500esima panchina in A, coach Cesare Pancotto si è concesso ai taccuini de “La Repubblica”. Ecco quanto raccolto da BasketItaly.it.
“Quando sono arrivato Avellino mi dava l’idea di essere un negozio con una vetrina abbagliante, tante luci. Ma, dentro, scaffali vuoti. Privi di merce. Ora l’obiettivo è quello di dare certezze e regole su cui ricostruire fiducia. Affidando ruoli e responsabilità. Distribuendo ai giocatori una sorta di Bignami, perché di solito a febbraio si gioca a memoria e si lavora sui dettagli, mentre noi siamo ancora in piena costruzione dei nostri meccanismi. Avellino è una squadra con problemi, ma anche risorse. Il lavoro è iniziato per esaltare i pregi e non demonizzare i difetti”.
Sulla difesa: “Contro Varese abbiamo subito 74 punti nei regolamentari. Ieri, con Cremona, 26 nel primo quarto, troppi, ma poi 55 negli altri tre. Quindi 18 per ogni quarto. E Cremona veniva da una serie di partite ad 88 punti di media e percentuali di tiro importanti. Insomma, stiamo ripartendo. Una grande mano ce l’ha data la Coppa Italia: due settimane di lavoro era ciò di cui avevamo bisogno. A Montegranaro eravamo in pieno otto volante per le mutazioni del roster, a Milano non ci siamo presentati. Io sono alla quarta partita, Lakovic ne ha giocate tre, Hunter due. Ci manca un vissuto”.
A dare una mano è giunto circa un mese fa un campione come Jaka Lakovic: “Lui voleva giocare. Gli ho spiegato che questo poteva essere un salto di qualità nella sua carriera, pure se non gli offrivamo una finale da giocare. Ma salvare Avellino con un ruolo importante. E che l’obiettivo poteva mettere in secondo piano la sua carta d’identità. E’ una persona intelligente, ed un grande professionista, che cura al meglio il suo fisico”.
Sugli obiettivi di questi ultimi tre mesi: “Una stagione nata male, cambiando tre allenatori e cinque giocatori, non può far pensare altro che alla salvezza. Per ribaltare le dinamiche negative che si erano impossessate di questo ambiente. E poi, visto che il gioco ora si fa duro, serve che i duri vengano fuori. Sono certo che noi lo possiamo essere”.
Sull’infortunio a Johnson, uscito nel primo tempo della partita contro Cremona: “Domani fa la risonanza al ginocchio. Cammina, ma il danno è impossibile da stabilire. Ci è rimasta una sola possibilità di cambio, un unico contratto per restare nella normativa e nessun visto da spendere. Quindi potremmo prendere solo un giocatore già in Italia. Il desiderio è che non accada”.
Infine un punto sul campionato, per la vittoria del quale, secondo il coach, non c’è una vera favorita: “I valori li abbiamo già visti, nel lungo periodo non cambieranno. In finale arrivano due tra Varese, Sassari, Siena e Milano. Pure se Cantù può riprendersi e Roma può rompere qualche ingranaggio. Siena è in ricostruzione e le serviva tempo per metabolizzare il cambiamento di uomini e di sistema. Milano è in grado di vincere se mette assieme la qualità dei singoli. E mi è piaciuta l’idea di Roma, moderna, affidandosi a due leader come Datome e Goss e ad un uomo d’area esplosivo e verticale come Lawal”.