Proprio nella partita che è stata spesso lo spartiacque in positivo dei nostri Europei, quella con la Germani, l’Italia mette a nudo per la prima volta tutti i suoi limiti. Così all’improvviso da lasciare l’amaro in bocca, un brutto senso d’incredulità come quello del bambino che scopre l’inesistenza di Babbo Natale. Non che ci si fosse illusi che gli azzurri fossero fioriti tutti d’un colpo e si candidassero a un posto sul podio finale, ma ci si era fatti una certa idea della squadra, tradita in questo terribile pomeriggio israeliano. L’anemia in attacco, la monodimensionalità sapientemente occultata per tre partite, escono crudelmente allo scoperto nella gara che ci poteva consegnare l’approdo certo alla fase ad eliminazione diretta. La Germania inguaia i prim’attori italiani, costringendoli ad errori plurimi fin dai primi minuti, a parte una fiammata iniziale di Belinelli, autore dei nostri primi sei punti. Raddoppiati, messi spesso in condizione di inventarsi i tiri dal nulla, a Belinelli e Datome non riescono le magie delle partite precedenti, e attorno si rivela per quello che è – misero – tutto il potenziale offensivo degli altri, ad eccezione di un coraggioso Filloy. Ultimo a mollare, l’unico con percentuali decorose dal campo (67%, l’intera squadra ha viaggiato al 31%) l’italoargentino ha limitato coi suoi 15 punti un passivo che nel finale stava salendo oltre la doppia cifra. Pessima la regia di Hackett, inconcludente quando chiamato a tirare, completamente sfiduciato e desideroso solo di nascondersi in attacco: 0 punti e un’assenza di leadership che hanno costretto Messina addirittura a chiamare in causa Cinciarini a inizio quarto periodo, nel tentativo di dare una sveglia a tutti. Non parliamo dei lunghi, dove il principale indiziato per l’incapacità di sovrastare gli avversari in area piccola, viste le poche risorse di Biligha e Cusin, è Melli, autore di errori imbarazzanti in attacco e solo sufficiente anche nella difesa del suo, di canestro: quattro sole conclusioni tentate da 2, unite a tiri pessimi da fuori, la dicono lunga sulla sua pericolosità offensiva. La Germania stritola L’Italia come un anaconda, per due quarti stiamo in partita annullando a nostra volta le loro armi migliori, con Schroder a soli 9 punti e isolate virtuosità degli altri, tipo le due triple di Tadda e un gioco da quattro punti di Theis. Dal terzo quarto, i tedeschi, pur senza sfavillare, mettono assieme pazientemente quelle piccole giocate di rilievo che incrinano l’equilibrio e mettono prima ansia, poi caos e desolazione, nel modo di interpretare la partita degli azzurri. Il primo a dare brutte botte al nostro fragile giocattolo è Voigtmann (12, 7 rimbalzi, 5 assist), seguito da un altrettanto doloroso Barthel (9+6 rimbalzi). Nel quarto periodo, il raggiungimento prematuro del bonus risulta fatale per provare una strenua resistenza, visto che in attacco si sparacchia a salve, ad ogni minuto con crescente, rabbiosa, rassegnazione. Stavolta Belinelli (4/18 dal campo, il simbolo dell’impotenza) e Datome (un negativo 3/10) non fungono da salvatori della patria. Schroder, all’inizio poco appariscente, si prende invece tutta la scena, tenendo i fuochi d’artificio per gli ultimi minuti, quando infilza con le ultime banderillas, sorridendo, nell’esangue toro italiano: chiude con 17 punti e 4 assist, che mitigano ampiamente le 6 perse. Per l’Italia, domani, gara da tutto o nulla contro la Georgia, sperando eventualmente in una mano tesa da altri nel caso arrivasse la terza sconfitta consecutiva. Non era questo lo scenario che ci eravamo immaginati dopo la bella dimostrazione di orgoglio contro la Lituania.