In piena preseason, ormai ad una manciata di giorni dall’inizio della nuova regular season, BasketItaly vi porta in giro per gli States a conoscere i volti nuovi della NBA.
Western Conference
Il nostro viaggio comincia dalla costa occidentale, più precisamente dalla città degli angeli, Los Angeles, dove, complice il deludente mercato di entrambe le franchigie, la novità più attesa si chiama Brandon Ingram.
Scelto con la seconda chiamata assoluta dai derelitti Lakers all’indomani della fine dell’era Bryant, Ingram rappresenta la flebile speranza per il futuro dei gialloviola; ala piccola di 2 metri e 06 dal fisico esile e dalle braccia infinite, l’ex Duke ricorda vagamente il primo Kevin Durant, oltre che fisicamente, per “smoothnes” offensiva e tiro da fuori: lo stesso KD si è esposto in estate definendo Brandon ” la prima persona in cui posso dire di rivedermi guardandomi allo specchio”.
Tuttavia finora, quanto dimostrato dal numero 14 tra training camp e preseason non ha convinto appieno. L’impatto, a tratti dominante, a tratti intangibile in entrambe le metà campo ed i primi commenti negativi hanno spinto il neo coach dei Lakers Luke Walton a schierarsi a protezione della sua stellina: ” Non lo getteremo subito nello starting five e non lo faremo giocare 40 minuti per sera, sarà un processo graduale. […] E’ impressionante in tutto quello che fa, sono sicuro che si guadagnerà rapidamente quei minuti e quella posizione.”
Ingram partità dunque alle spalle di Luol Deng, firmato in estate e alcuni addetti ai lavori vorrebbero per Brandon un ruolo simile a quello di due grandi sesti uomini come Lamar Odom e Andre Iguodala, con cui Walton ha condiviso titoli da giocatore ed allenatore a Los Angeles e Golden State.
Stella dal fututo radioso o altro passo falso del front office gialloviola? Noi propendiamo per la prima, ma quel che ci vuole sarà in primis molta pazienza.
Lasciando la costa e spingendoci verso l’interno e la torrida Arizona facciamo tappa a Phoenix: i Suns si sono accaparrati ben due delle prime dieci scelte dell’ultimo draft.
Con la numero 4 è arrivata l’ala croata ex Maccabi Tel Aviv Dragan Bender, 7 piedi, mobilità sopra la media per un lungo, mani educatissime, e già esperienze di Eurolega e competizioni internazionali sulle spalle nonostante i 18 anni; a dispetto di tutto questo Dragan viene da molti visto negli States come un “mistero”, ma le qualità per emergere ci sono tutte, come già dimostrato nelle esperienze europee e in alcuni sprazzi in preseason. Anche qui tuttavia servirà attendere: Earl Watson, coach dei Suns, ha infatti definito Bender “ala piccola con potenziale da lungo” aggiungendo che questi deve ancora trovare il suo ruolo in campo e decidere se la sua ambizione è quella di giocare sul perimetro o di essere un numero 4 da pick-and-pop.
Per lo spot di numero 4 darà invece battaglia Marquese Chriss, scelto con la numero 8 da Sacramento, squadra della sua città e ceduto successivamente a Phoenix in cambio di Giorgios Papagiannis, giovanissimo ex Panathinaikos, Skal Labissiere, la più grande delusione dell’annata di Kentucky (rispettivamente scelta n. 13 e 28) ed i diritti su Bogdan Bogdanovic.
Chriss è relativamente nuovo al mondo della pallacanestro, al quale si è avvicinato negli ultimi anni dopo aver lasciato il football, ma dispone di un fisico 2.08, di una grande velocità di gambe e di un superbo atletismo: nella offseason si è fatto apprezzare per il tiro da fuori e le doti atletiche, ma soprattutto per la dedizione e la capacità di imparare, perfettamente sintetizzata da Nate Bjorkgren, assistente di Watson: “Tu gli dici una cosa e lui la fa.”
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Insomma chi sembra davvero aver perso nello scambio sono i Kings (i quali hanno poi selezionato alla 22 anche il tiratore ex Syracuse Malachi Richardson, nella speranza di arricchire il proprio pacchetto esterni), che hanno ottenuto due prospetti a lungo termine nello stesso ruolo della loro stella DeMarcus Cousins, il quale non ha mancato di esprimere la sua gioia per l’operazione in questione.
Lord give me the strength 🙏🏿
— DeMarcus Cousins (@boogiecousins) June 24, 2016
Prima di abbandonare l’Arizona vi segnaliamo che i Suns hanno draftato alla numero 34 anche Tyler Ulis, folletto da Kentucky scivolato in basso a causa delle doti fisiche non proprio dalla sua (1 e 75 scarsi per 68 kg), ma dotato di talento naturale e faccia tosta da vendere. Il suo impatto sarà tutt’altro che immediato, vista la concorrenza con Bledsoe e Knight nel ruolo, ma occhio ad una potenziale steal del draft 2016.
Prima di risalire verso Nord è d’obbligo una fermata a New Orelans,nuova casa di Buddy Hield. L’ex stella di Oklahoma è stato selezionato dai Pelicans, da sempre carenti nel ruolo di guardia tiratrice: ebbene Buddy non ha nessun problema a tirare e, a dispetto di percentuali non entusiasmanti in pre-stagione, a trovar il fondo della retina con continuità, come ha dimostrato nell’ultimo torneo NCAA (29 punti di media).
Se a questo aggiungiamo l’assenza forzata di Jrue Holiday ed i dubbi sulla presenza di Tyreke Evans ai nastri di partenza della nuova RS, ecco che Hield si trasforma in automatico in una risorsa fondamentale per Anthony Davis e compagni, oltre che in uno dei più seri candidati alla palma di rookie dell’anno.
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Nella nostra risalita la prima tappa è Oklahoma City, dove in quella che è passata ad essere a tutti gli effetti la squadra di Russell Westbrook, si sta inserendo un giovane lituano dal cognome pesante: Domantas Sabonis, ala grande, scelto alla numero 11 da Orlando e spedito da coach Billy Donovan nell’affare Ibaka.
Nativo di Portland, ma formatosi cestisticamente in Spagna prima del salto di qualità in NCAA con la maglia degli Zags di Gonzaga, il figlio del grande Arvydas punta ad ottenere un ruolo importante nel frontcourt dei Thunder, tanto ricco di alternative quanto povero di certezze: Sabonis non ha le doti offensive di Kanter o Ilyasova, né il range offensivo di Lauvergne, né tanto meno il fisico e la presenza di Steven Adams, ma possiede seppur in misura inferiore tutte queste qualità.
Alla sua completezza e duttilità Domantas aggiunge una notevole capacità di imparare ed un ottimo uso del corpo, un innato senso per il rimbalzo e per la posizione, oltre ad una pregevolissima tendenza ad alzare il suo livello di gioco nei momenti decisivi: basterà ai Thunder per vincere la scommessa?
Lasciato lo stato dei fulmini eccoci pronti a fare visita al Gallo ed ai suoi Denver Nuggets: qui l’aggiunta di prestigio si chiama Jamal Murray, combo guard mandata da coach Calipari, scelto alla numero 7.
Murray ha nel tiro la sua dote migliore, detiene la piazza d’onore nella classifica NCAA all-time delle triple realizzate nell’anno da freshman con 104 (solo 9 in meno di un discreto tiratore che si è fatto apprezzare anche al piano di sopra, tale Steph Curry…) e può coprire entrambi i ruoli del back-court. Ciò che rischia di limitarne o almeno rimandarne l’affermazione tra i pro è l’affollamento nel reparto guardie di Denver, con Murray che nelle gerarchie parte dietro almeno a Emmanuel Mudiay, Gary Harris, Will Barton e probabilmente anche a Jameer Nelson, sicuramente nella fase calante della sua carriera, ma in grado di garantire esperienza e affidabilità in regia.
Il problema è lo stesso anche per Malik Beasley, slasher da Florida State dotato di un arsenale offensivo di prim’ordine che, a dispetto del sicuro talento, rischia di passare molto tempo a guardare i compagni dalla panchina o addirittura di assaggiare la D-League.
Segnaliamo anche l’approdo oltreoceano di Juan (per gli amici Jancho) Hernangomez, lungo spagnolo ex Estudiantes Madrid, che spera di ripercorrere le orme dei predecessori europei Jokic e Nurkic, entrambi valorizzati nelle precedenti annate a Denver e che raggiunge il fratello Willy, proveniente invece dal Real, che ha firmato con i Knicks dopo essere stato scelto lo scorso anno.
Chiudiamo la nostra campagna ad Ovest con Kris Dunn, nuova point guard dei Minnesota Timberwolves, selezionato dai lupi con la scelta numero 5.
Dunn ha dominato il sondaggio tra i “colleghi” come prossimo vincitore del ROY e si è presentato alla Summer League con 24 punti, 7 rimbalzi, 3 assist e 2 stoppate: si tratta di un giocatore dall’atletismo smisurato, reduce da quattro anni di college e quindi ormai maturo, che ricorda vagamente Westbrook per ferocia offensiva e cattiveria nell’attaccare il canestro.
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Anche qui le possibili perplessità sono dovute alla presenza di altri giocatori nello stesso ruolo. Rubio ha manifestato alla Associated Press il desiderio di convivere sul parquet con lui: “E’ davvero una sfida. Quando arriva un ragazzo con così tanto potenziale offensivo come lui, beh credo davvero che possiamo coesistere. Anche in caso contrario posso comunque aiutarlo molto”, ma Kris sembra destinato a soppiantarlo in un futuro più o meno prossimo. Tutto questo senza contare la presenza di Zach Lavine nel back-court.
Insomma, possibile futura star, ma quando? E a Minneapolis?
Una cosa è sicura, se Dunn dovesse essere davvero incoronato miglior matricola dell’anno i T’Wolves sarebbero la prima franchigia nella storia ad avere il miglior rookie per il terzo anno consecutivo.
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