E’ da poco approdato all’Auxiulium, ma ha portato con sé un “primato” che gli appartiene ormai da qualche anno: Chris Wright è il solo giocatore professionista con la sclerosi multipla, un aspetto di cui nessuno potrebbe mai accorgersi, «solo i miei compagni, perché una volta al mese salto gli allenamenti per le mie medicine», dice l’atleta. Si è raccontato a La Stampa: «Ho scoperto la malattia cinque fa, in Turchia, come rookie alla prima stagione fuori casa, lontano dalla famiglia. Mi sono ritrovato in un letto di ospedale. Fermo. Non potevo camminare, non potevo sollevare un bicchiere. Pensavo a come tornare a giocare, ero paralizzato ma dovevo tornare a camminare, correre e giocare, – dice – dopo 4 mesi sono tornato su un campo da basket per un camp degli Spurs ed è stato grande, io sono stato grande e loro erano la squadra, anche se alla fine non mi hanno preso». Di «no» ne ha sentiti parecchi: «Ho rimediato una serie di rifiuti davanti ai quali non potevo neppure arrabbiarmi. Le società si spaventavano, non volevano pressioni o i media intorno. Non si erano mai trovati davanti a una storia così. Io ho insistito, ho scovato il medico giusto, la cura giusta e il discorso giusto: “Mettetemi alla prova, non voglio un trattamento diverso”». Poi però non ha più avuto problemi, tanto meno a Torino: «Ho giocato una stagione in Nba, con i Dallas Mavericks, vengo da anni intensi in cui sono sempre stato sul parquet. Non ho bisogno di convincere gli altri, – ha continuato – ho avuto momenti faticosi, ma come li hanno tutti nello sport, a volte non recuperi, è una questione mentale. Devi spingerti oltre. Metterti alla prova». Nel capoluogo piemontese il play americano vuole fare bene e soprattutto mantenere alta, insieme con i compagni, l’aspettativa: «Con la rosa che abbiamo è giusto che il pubblico si aspetti dei successi, ma noi sappiamo che non funziona proprio così. È un processo, ci sono delle fasi. Però qui c’è tutto quel che serve per far bene».